domenica 29 dicembre 2024
Il segretario annuncia: a gennaio termina il mio mandato. L'unità tra i sindacati è una risorsa se è basata sulle proposte e non sulla mera protesta
Sbarra (Cisl): «Vicini a una svolta storica sui Cda aperti ai dipendenti»

ANSA

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Un giudizio positivo sulla manovra, ribadito e argomentato. Assieme a un “no” convinto al referendum sull’autonomia differenziata. Come al salario minimo legale, al quale va sempre preferito il rafforzamento della contrattazione. Luigi Sbarra traccia così il ritratto di una Cisl contrattualista e autonoma dai partiti, “impopulista” e pragmatica, senza però perdere i suoi valori di riferimento. Un sindacato che si appresta a veder concretizzato un obiettivo storico: quello della partecipazione dei lavoratori alla gestione delle imprese. È assieme una rivendicazione e una sorta di “testamento”, questa intervista, nella quale Sbarra annuncia che lascerà a breve la carica di segretario generale, indica la sua preferenza per la successione, ma soprattutto sottolinea l’identità profondamente sindacale della confederazione.

Segretario Sbarra, la manovra è diventata legge. È sempre convinto che non valesse uno sciopero generale?

Non lo era in entrata del Parlamento, non lo è a maggior ragione ora che è diventata legge. Siamo riusciti a difendere le conquiste ottenute in questi mesi e abbiamo fatto ulteriori passi in avanti. Complessivamente più di due terzi delle risorse vanno a lavoratori e pensionati, in un contesto in cui le pressioni lobbistiche erano davvero forti a causa della limitatezza delle dotazioni imposte dal Patto di stabilità europeo. È un risultato che nasce dal confronto, da una trattativa impegnativa, a tratti dura, con Governo e Parlamento. C’è qualcuno che gioca a confondere dialogo e accondiscendenza. Ma il nostro lavoro è negoziare e assumerci la responsabilità sui tavoli. Se il conflitto, e in particolare lo sciopero, diventa l’unico modo in cui ci si esprime, disintermediando la rappresentanza, prima o poi la gente non ci seguirà più. Come purtroppo si vede nei numeri delle adesioni all’ultima mobilitazione generale. Il sindacato, per come lo intendiamo noi, è altro dall’opposizione a un governo sgradito.


Bisogna favorire e garantire
il rinnovamento, a tutti i livelli,
valorizzando le competenze,
la professionalità, l’entusiasmo 
e la passione di tanti sindacalisti




Ma che cosa apprezzate davvero di questa manovra?

Molti punti della legge di Bilancio hanno recepito nostre precise rivendicazioni: penso al taglio strutturale e rafforzato del cuneo e all’accorpamento delle prime due aliquote Irpef per sostenere i redditi bassi e medi fino alla soglia di 40 mila euro, alla proroga triennale della detassazione su salari di produttività, welfare contrattuale e al potenziamento della defiscalizzazione sui fringe benefit, ai 5,5 miliardi stanziati per il rinnovo dei contratti pubblici 2025-27 e dell’accantonamento anche per il ciclo successivo 2028-2030. E penso ancora al sostegno alla famiglia e alla conciliazione vita-lavoro, all’adeguamento pieno delle pensioni rispetto all’inflazione, agli 1,3 miliardi sulla sanità che diventano 2,3 a legislazione corrente. Si aggiungono gli sgravi alle assunzioni di giovani e donne al Sud, il rifinanziamento della Legge Sabatini e la Zes unica con 2,2 miliardi di euro. Sono misure e provvedimenti che non vogliamo lasciar intestare alla politica perché frutto delle proposte e rivendicazioni della Cisl. Ora bisogna andare avanti e costruire soluzioni condivise tra istituzioni e parti sociali, verso un Patto che favorisca coesione e innovazione, come indica anche il Presidente Mattarella.

Non avete avuto risposta però su alcuni punti deboli che avevate evidenziato.

In realtà abbiamo ottenuto significativi cambiamenti. È stato cancellato il blocco parziale del turnover nei pubblici uffici e nella ricerca, recuperato in parte il taglio agli organici della scuola, è stata ripristinata una parte importante del fondo automotive. Ci sono poi nuove risorse per la mini-decontribuzione al Sud, per le famiglie più povere e per le imprese che investono in nuova occupazione e innovazione. Ora c’è da guardare in avanti, oltre il perimetro della legge di Bilancio, e strutturare il dialogo con il Governo guardando allo sviluppo e alla qualità del lavoro, accelerando con una governance partecipata la messa a terra delle risorse del Pnrr, sostenendo insieme il cammino delle riforme, con una nuova visione di politica industriale ed energetica, coniugando investimenti e produttività. L’obiettivo deve essere un nuovo “Contratto sociale” tra Governo, sindacato e sistema delle imprese che metta insieme crescita, salari più alti, buona occupazione, produttività, sicurezza nei luoghi di lavoro.


«Penso che l’attuale segretaria generale aggiunta,
Daniela Fumarola, abbia il profilo
giusto per guidare la Cisl nei prossimi anni,
ma sarà il Consiglio generale a esprimersi»

Come giudicate questa novità, che sembra essere piuttosto marginale, della pensione anticipata a 64 anni, sommando contribuzione obbligatoria e integrativa?

È un passo importante nel metodo più che nel merito. Mi spiego: è davvero fondamentale aver sdoganato finalmente un principio di sinergia tra la colonna istituzionale e quella sussidiaria della contribuzione previdenziale. Detto questo, bisogna estendere questo principio ben oltre le fattispecie previste, che sono molto limitate e coinvolgeranno poche persone. Inoltre, e soprattutto, bisogna incardinare una vera riforma della previdenza che affronti il tema delle carriere discontinue dei giovani e delle donne, le penalizzazioni del sistema contributivo, la necessità di una flessibilità in uscita soprattutto per chi fa lavori usuranti e pericolosi, separare assistenza da previdenza. Sono temi che bisognerà affrontare nei prossimi mesi con il governo.

Tra poco comincerà anche la campagna referendaria sull’autonomia differenziata, che posizione assumerà la Cisl?

Una premessa: il pronunciamento della Corte Costituzionale interviene proprio sui punti che abbiamo messo in evidenza nella nostra mobilitazione. E implicitamente afferma che, nella correzione di queste storture, la riforma è legittima. Continuiamo per questo a sollecitare modifiche in ordine a finanziamento dei Lep, coesione e perequazione verticale, intangibilità di alcune materie contrattuali e non, necessità di far precedere i conferimenti da accordi sociali. Insomma, la Legge Calderoli va cambiata, lo diciamo da sempre. Ma può farlo il Parlamento, senza i furori giacobini di chi tenta di nascondere un fatto inoppugnabile: ovvero che, come ha sottolineato Sabino Cassese, l’autonomia è parte integrante della Costituzione italiana, un principio rafforzato nel 2001 e che da oltre 20 anni richiede una adeguata legge attuativa.

Il Pd e la Cgil insistono ancora anche sul progetto di legge sul salario minimo, voi restate contrari a questo intervento per legge?

Restiamo convinti che lo strumento per affrontare il tema dei bassi salari sia l’estensione dei contratti maggiormente e comparativamente più rappresentativi e non una legge calata dall’alto che fissa una cifra arbitraria, dando la stura a molte aziende di uscire dal sistema dei contratti. Una dinamica che non solo non risolverebbe il problema, ma rischierebbe di abbassare le retribuzioni nella fascia media sfregiando il sistema contrattuale e di relazioni industriali che la stessa Europa indica come modello.

È in discussione alla Camera, invece, la vostra proposta di legge di iniziativa popolare sulla partecipazione, su cui la maggioranza sembra intenzionata ad arrivare fino in fondo. Auspicate che sia sostenuta anche dai partiti di opposizione di sinistra? La stessa Cgil non appare molto convinta.

Siamo ormai molto vicini ad una svolta storica. L’emendamento alla legge di Bilancio che istituisce un Fondo di 72 milioni di euro per incentivare la partecipazione dei lavoratori al capitale, alla gestione e ai risultati delle imprese, è un fatto importante in coerenza con il progetto di legge della Cisl. Il nostro auspicio è che l’approvazione della nostra proposta avvenga in tempi rapidi e con un ampio consenso bipartisan. Abbiamo l’opportunità di compiere un primo importante passo concreto verso un cambiamento culturale e strutturale nel sistema delle relazioni industriali del Paese. La partecipazione non è solo un’innovazione economica, ma una vera e propria “riforma istituzionale” che unisce gli interessi dei lavoratori e delle imprese per affrontare le sfide delle enormi transizioni in atto.

Dopo le divisioni e le critiche reciproche con la Cgil, il rapporto si può ricucire?

Noi siamo sempre pronti a confrontarci senza pregiudizi. E l’unità è una grande risorsa, quando si basa non sulla mera protesta, ma sulla proposta e i contenuti. Braccia aperte se si saprà partire da alcuni punti valoriali e progettuali, a cominciare da una impostazione partecipativa e contrattualista, che ovviamente non rinuncia al conflitto, ma sgombra il campo dall’antagonismo. Non esistono egemonie e l’autonomia dai partiti è sacra; bisogna modernizzare le relazioni sindacali per rispondere alle nuove esigenze del mondo del lavoro.

Qual è lo stato di salute della Cisl? Il sindacato non sembra più molto attrattivo…

In realtà la Cisl chiude il quadriennio con oltre 150 mila iscritti in più nelle categorie attive, aumentando sensibilmente i volumi di attività del nostro sistema servizi e primeggiando, nel pubblico e nel privato, con voti e consensi ad ogni appuntamento elettorale per il rinnovo delle rappresentanze sindacali unitarie. Mi sembra una risposta esaustiva. Il fatto è che, come diceva Tarantelli, le persone capiscono sempre. E chiedono assunzione di responsabilità per la delega e le risorse che ogni giorno ci concedono. Responsabilità che rivolgiamo anche verso noi stessi, e che porta a innovarci anche nelle forme di rappresentanza, nell’organizzazione, nel rinnovamento dei linguaggi e delle modalità in cui vogliamo essere vicini alle persone che rappresentiamo. Il sindacato che ci piace è questo: una comunità in costante evoluzione, che resta fermo però nei principi di prossimità, solidarietà, inclusione.

A luglio del 2025 ci sarà il vostro Congresso. Secondo lo Statuto che la Cisl si è data “Il raggiungimento del 65° anno di età rappresenta causa di cessazione della carica di componente di segreteria a qualsiasi livello di Federazione e di Confederazione”. Lei è di febbraio del 1960, è intenzionato a chiedere una proroga o un altro diverso mandato?

Non chiederò nessuna modifica alle norme statutarie e regolamentari dell’organizzazione. Rispetterò lo Statuto onorando le regole, come è giusto che sia. A gennaio avvieremo le procedure di consultazione per garantire un ricambio della segreteria generale nel segno di quel consenso e quella democrazia interna di cui parlavo prima, ricercando la massima unità interna. Bisogna favorire e garantire il rinnovamento, a tutti i livelli, valorizzando le competenze, la professionalità, l’entusiasmo e la passione di tanti sindacalisti Cisl. Si può militare in una grande organizzazione come la Cisl anche in altri ruoli, al servizio dei nostri iscritti, continuando a condividere il patrimonio ideale, i valori, la grande ricchezza umana, sociale e culturale dell’organizzazione.

Ma per la sua successione ci sono già delle indicazioni?

Penso che l’attuale segretaria generale aggiunta, Daniela Fumarola, eletta un anno fa a questo ruolo, abbia il profilo giusto per guidare la Cisl per i prossimi anni con responsabilità, autorevolezza, pragmatismo, autonomia dalla politica, concretezza. Daniela è bravissima, una donna e una sindacalista straordinaria, ha esperienza, competenza, qualità morali e sindacali di assoluto valore e il mio auspicio va in questa direzione. Ma naturalmente sarà il Consiglio generale a doversi esprimere.

In conclusione, quale pensa sia la sua “eredità”? Che Cisl lascerà Luigi Sbarra?

Una Cisl fortemente unita e coesa, rispettata da tutti gli interlocutori istituzionali e dalle altre associazioni, in grande crescita nei luoghi di lavoro, privati e pubblici, capace di far scelte “impopuliste” e coraggiose, come abbiamo fatto in questi anni. Sempre in coerenza con la nostra storia di sindacato nuovo, libero, contrattualista, autonomo da ogni interferenza partitica, ancorato ai valori del progressismo riformista, della partecipazione, della democrazia economica, dell’europeismo.

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