sabato 18 maggio 2024
La Regione ha votato a fine aprile la moratoria su nuovi parchi eolici e fotovoltaici. L'obiettivo è la tutela del territorio. La presidente Todde: «Speculazione senza precedenti»
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Con la moratoria di diciotto mesi all’installazione di nuove pale eoliche o parchi fotovoltaici, approvata a fine aprile, la Sardegna è diventata una terra simbolo del conflitto che può verificarsi tra tutela del territorio e transizione ecologica. L’Isola è la Regione italiana col maggiore livello di emissioni di CO2 pro capite, quasi il doppio rispetto alla media nazionale: 12,5 tonnellate a persona contro 7. Un triste primato che è conseguenza della configurazione del suo sistema energetico industriale, con oltre il 74% dell’energia prodotta da centrali termoelettriche alimentate a gas o olio combustibile. Davanti alla necessità di ridurre le emissioni e rendere il sistema energetico regionale più competitivo l’opposizione alle rinnovabili può suonare stonata.

Alessandra Todde, da marzo presidente della Regione, non ci sta a passare per una nemica delle rinnovabili. «Il cambiamento climatico ha già un effetto devastante sulla Sardegna, quello della siccità. Quindi abbattere le emissioni è un impegno che non può più essere rimandato e le fonti rinnovabili rappresentano la strada per abbandonare i combustibili fossili – ci spiega –. Quando ero al governo ho seguito personalmente il dossier relativo al phase out dal carbone, ho collaborato alla stesura del Pniec, mi sono sempre battuta in prima linea per la salvaguardia ambientale e del paesaggio. Qui in Sardegna ciò che sta accadendo va oltre questa discussione. Due anni e mezzo senza regole hanno aperto ad una speculazione senza precedenti. Non si possono chiudere gli occhi mentre suolo, territorio e paesaggio vengono calpestati e usati come merce di scambio».

«In Sardegna – spiega il professor Alfonso Damiano, responsabile scientifico del piano energetico regionale, professore ordinario di energetica elettrica all'Università di Cagliari – il sistema energetico negli anni si è evoluto, passando da pochi consumatori concentrati nell’industria a molti distribuiti nel territorio. Nel frattempo, si è avuto un forte sviluppo delle rinnovabili, tuttavia questo sviluppo è risultato squilibrato, in quanto non è pensato per l’autoconsumo, bensì per la vendita». Con il risultato che oggi in Sardegna si parla di “assalto eolico”. Una percezione diffusa nell’opinione pubblica che troverebbe riscontro nei numeri: secondo i dati di Terna, all’inizio del 2023 risultano installati in Sardegna impianti eolici e fotovoltaici per una capacità complessiva lorda pari a 2,24 GW – di cui 1,1 eolico e 1,14 solare fotovoltaico – il 6,1% della capacità complessiva installata in Italia. Nell’ultimo biennio sono state presentate 809 pratiche per 57 gigawatt di potenza complessiva in Sardegna, tra eolico a terra, eolico offshore e fotovoltaico.

«Sono numeri ingestibili dal punto di vista infrastrutturale – sottolinea Damiano –. L’eccesso di energia non potrebbe essere consumato sull’isola, che già oggi produce il 38% di energia in più rispetto al proprio fabbisogno e trasportato verso la Penisola, in quanto la Sardegna dispone di soli due cavi, dal momento che il Thyrrenian link non è ancora in funzione, né tantomeno conservato, considerata la modesta capacità degli impianti di accumulo». Da qui la scelta di fermare tutto per 18 mesi.

«Noi, in questo lasso di tempo, lavoreremo all’individuazione di tutti gli strumenti legislativi opportuni per impedire lo scempio che si sta prospettando nella nostra Isola – spiega Todde –. La Sardegna deve progettare il suo territorio ed il suo consumo energetico. Non si può scegliere sulla pelle dei sardi, non si può fare profitto indistinto su un bene come la nostra terra».

Non è detto che funzioni. Spiega Marco Betzu, professore ordinario di diritto costituzionale all’Università degli Studi di Cagliari: «Sospendere o bloccare i procedimenti non è la soluzione perché quel disegno di legge se approvato verrebbe impugnato dal governo e dichiarato illegittimo dalla Corte costituzionale, i progetti quindi andrebbero avanti. La Sardegna, piuttosto dovrebbe sollevare un conflitto di attribuzione contro lo Stato ricorrendo alla Corte Costituzionale, in quanto mancano ancora i decreti attuativi del decreto legislativo 191/2021, senza i quali la Regione non può legiferare sull’individuazione delle aree idonee».

Todde conta di arrivare a una soluzione attraverso il dialogo con il governo: «La Sardegna ha bisogno di sviluppare un piano energetico efficace e al passo con i tempi e che, ad esempio, ci permetta di risparmiare sulle bollette. Con Roma il dialogo è necessario, per questo il 21 maggio incontrerò il Gilberto Pichetto Fratin, ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica. La mappa delle aree idonee è un passo indispensabile, come è importante discutere con il governo tutto ciò che riguarda la Sardegna e impatta sulla vita dei sardi».

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