Contratti, c’è l’accordo. Dopo una trattativa serrata durata sei ore ieri sera Confindustria Cgil, Cisl e Uil hanno firmato l’intesa che regola la rappresentanza sindacale e l’efficacia della contrattazione. L’intesa unitaria segna un punto di svolta per le relazioni sindacali, negli ultimi anni caratterizzate da un alto tasso di scontro e da ripetute intese «separate». Al centro della discussione una bozza d’intesa in nove punti sui quali i big delle confederazioni e dell’industria hanno lavorato di cesello, limando ogni virgola, e trovando alla fine il compromesso. «Si chiude una lunga stagione di divisioni», ha commentato a caldo Emma Marcegaglia, leader di Confidustria, dicendosi «molto soddisfatta». Per il segretario della Cgil Susanna Camusso – che lunedì aveva chiesto al direttivo il mandato a chiudere l’intesa scontrandosi con la Fiom – con la firma c’è «un superamento della stagione di divisioni» sindacali e di una «lunga stagione di incertezza». Mentre Raffaele Bonanni, leader Cisl parla di accordo di «grande valore», il «miglior contributo per «ridare fiducia al Paese». Per Luigi Angeletti della Uil «sono state superate le lacerazioni degli ultimi tempi». Ancor prima che le agenzie battessero la notizia dell’intesa una dichiarazione di Giulio Tremonti ha prefigurato l’esito positivo: «Ringrazio» i leader sindacali e industriali, ha detto il ministro dell’Economia «per quanto hanno fatto oggi nell’interesse del Paese». Dichiarazione, quest’ultima, che non è passata inosservata agli occhi della Camusso, secondo cui con quella frase «forse il ministro cercava di attribuirsi il merito» dell’intesa. Di «essenziale accordo sulle regole comuni» ha parlato invece Maurizio Sacconi. Che ha aggiunto: «Pomigliano e Mirafiori hanno aperto la strada a nuove relazioni industriali».Al centro del vertice c’è stata la definizione di nuove regole sulla rappresentanza sindacale e sull’efficacia dei contratti, dopo la stagione degli accordi separati: a livello nazionale (l’intesa del 2009 sulla contrattazione) e soprattutto aziendale, alla Fiat di Pomigliano, Mirafiori e Grugliasco. Intese queste ultime di primo livello, cioè alternative al contratto nazionale, che la Fiom-Cgil non ha firmato e ha «denunciato» alla magistratura come illegittime. Ieri Cgil, Cisl, Uil e Confindustria hanno definito chi può firmare i contratti e come possano essere resi esigibili
erga omnes quelli siglati a maggioranza. Fissati inoltre i confini delle modifiche in sede aziendale alle regole nazionali. L’intesa non prevede l’alternatività tra contratti nazionali e di gruppo, mantenendo il doppio livello. Ma benchè non si parli espressamente di deroghe (la Cgil le ha sempre contrastate) si ipotizza qualcosa di simile, cioé «intese modificative», relative soprattutto all’organizzazione del lavoro in azienda. Sulla validità dei contratti si è trovato l’accordo attorno alla centralità delle Rsu, le rappresentanze sindacali elette con un criterio che tiene conto del voto dei lavoratori e del peso dei maggiori sindacati: in questo caso basterà la maggioranza assoluta dei componenti per firmare intese valide per tutti. Più delicato il punto relativo alle aziende dove ci sono le Rsa, rappresentanze che sono nominate dai sindacati e non elette: qui l’ipotesi della vigilia era di effettuare un referendum tra i lavoratori per validare i contratti.Sul tavolo del confronto aleggiava il caso Fiat e la sentenza del tribunale di Torino (arriverà forse il 16 luglio prossimo) che, se negativa per il Lingotto, manderebbe a gambe all’aria l’architettura contrattuale voluta da Marchionne. È un rischio che Confidustria vorrebbe evitare tanto più che la Fiat ha già un piede fuori da Confindustria. Intanto dentro la Cgil è già resa dei conti: la minoranza di Giorgio Cremaschi parla di «cedimento gravissimo».