Il calcolo contributivo delle pensioni è il piatto forte della riforma previdenziale che sarà varata dal governo lunedì prossimo. Si annunciano profondi cambiamenti rispetto alle attuali regole pensionistiche. Sullo scenario della futura previdenza si intravedono gli effetti che ricadranno sui lavoratori che andranno in pensione con decorrenza successiva al mese di gennaio 2012.
COME FUNZIONA IL «CONTRIBUTIVO»Il sistema contributivo prevede il calcolo della pensione sull’insieme dei contributi versati durante l’intera vita assicurativa. Al termine della vita lavorativa i contributi versati vengono sommati per determinare un totale detto "montante individuale" sul quale si calcola la pensione. I contributi versati vengono rivalutati ogni anno in base al Pil (media degli ultimi cinque anni) per consentire al lavoratore di recuperare in parte la diminuzione del potere di acquisto della moneta. Il "montante" viene moltiplicato per un coefficiente di trasformazione, stabilito dalla legge in base all’età del lavoratore, ottenendo così la misura della pensione lorda annua. Il calcolo contributivo verrà ora applicato sui versamenti dei lavoratori effettuati da gennaio 2012 in poi, in forma "pro quota", salvaguardando i diritti maturati fino al 31 dicembre 2011.
I COEFFICIENTI DI TRASFORMAZIONEI cosiddetti coefficienti di trasformazione sono stati calcolati in modo da adeguare l’importo della pensione maturata al periodo presumibile di pagamento negli anni successivi. Secondo questo criterio, la pensione costa al sistema pensionistico lo stesso impegno finanziario per ciascun lavoratore a parità di contributi versati. Nel calcolo dei coefficienti è quindi già considerata la "speranza di vita" del cittadino, sebbene gli indici siano riferiti all’anno 1995. Si prevede ora di rivalutare i coefficienti in base alle mutate condizioni sociali.
OLTRE I 40 ANNITra le ipotesi di riforma vi sono sia la pensione di anzianità elevata a quota «100» (somma di età più contributi), sia l’allungamento dei 40 anni di contributi, fino a 41-43 anni. In questo caso la riforma dovrebbe risolvere anche la questione su come calcolare gli anni oltre i 40. Oggi vi sono differenze di rilievo. L’Inpdap (dipendenti pubblici) procede con due calcoli: a) la pensione teorica sui 40 anni più lontani nel tempo, b) la pensione teorica sui 40 anni più vicini. Paga al pensionato l’importo più favorevole. Invece l’Inps (dipendenti privati) somma due quote, indipendentemente dai versamenti: a) un quota rivalutata per gli anni 1987-1992, b) una quota rivalutata per gli anni 2001-2011.
CHI PERDEA essere penalizzati dalla riforma sono i lavoratori che avevano almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995. Questi hanno la pensione calcolata col vecchio sistema retributivo solo fino al 31 dicembre 2011. Dall’anno prossimo, sugli anni di lavoro che restano, il calcolo sarà contributivo. In media, queste persone possiedono oggi 33-35 anni di versamenti, e a causa del nuovo sistema contributivo potrebbero subire una perdita sulla futura pensione del 2-3%.
CHI NON PERDESono i lavoratori assunti dopo l’anno 1995 e che non hanno contributi lavorativi anteriori. Questa fascia di lavoratori è stata già pienamente inserita nel sistema contributivo dalle riforme precedenti. Il trattamento pensionistico, in corso di maturazione, non subisce modifiche per effetto della nuova riforma.
CHI GUADAGNAA sorpresa, c’è un modesto numero di lavoratori che ottiene un guadagno sulla pensione. Secondo simulazioni effettuate dall’Inps se ne dovrebbero avvantaggiare i lavoratori che hanno già superato i 40 anni di contributi (mediamente sui 42) e che lavorando ancora percepiscono redditi a partire da livelli medi. Il vantaggio, tuttavia, si attesta su incrementi non superiori ai 50-60 euro mensili.