Maurizio Gardini, presidente di Confcooperative - Ansa
Lavoro e inclusione sociale sono il filo conduttore dell’azione delle cooperative che non delocalizzano, creano lavoro e pagano le tasse in Italia. I lavori della 41esima assemblea di Confcooperative dal titolo Abbiamo cura del Paese si aprono con l’intervento di Raffaele Fitto, ministro per gli Affari Europei, le Politiche di coesione e il Pnrr. Il ministro ha un nuovo incontro con i tecnici della Ue e prima di lasciare il Parco della musica riceve un vaso di ceramica proveniente dalle zone alluvionate dell'Emilia Romagna, consegnatogli dal presidente di Confcooperative Maurizio Gardini. Subito dopo l’Inno nazionale seguito da La cura di Franco Battiato e da Bella ciao interpretati da Tosca. « La scelta di una canzone non è mai casuale, è un messaggio che viene affidato a parole e musica e arriva dritto al cuore e all’intelligenza emotiva delle persone e ci aiuta a mettere a fuoco in maniera semplice quelle che sono situazioni complesse », spiega Gardini, parlando in particolare de La cura come scelta meditata per riassumere «il compito che le cooperative ogni giorno si pongono, il tema di costruire e dare vita a un’economia sociale». Uno dei problemi principali è la mancanza di personale qualificato. « Il mismatch – sottolinea il presidente di Confcooperative – mina la competitività delle imprese, costa 1,2% di Pil e 21 miliardi di euro. Riguarda le imprese grandi, piccole e micro: una nostra cooperativa su due non trova le figure di cui necessita. Le nostre imprese occupano 540mila persone, ne potrebbero assumere altre 30mila, ma non trovano professionalità, dal socio sanitario all’area tecnico scientifica, dall’agroalimentare al trasporto e ai servizi turisti e culturali». Nonostante il Paese cresca e il Pil anche, aumentano le diseguaglianze. Insieme al disagio economico di lavoratori e famiglie, crescono infatti la povertà sanitaria, educativa e abitativa. «Abbiamo 3,8 milioni di lavoratori poveri che ricevono una retribuzione annuale uguale o inferiore ai 6mila euro e oltre tre milioni di lavoratori irregolari o in nero – continua Gardini –. Investiamo sulle imprese virtuose che generano lavoro dignitoso, riducendo, ulteriormente, il cuneo fiscale che pesa circa il 10% in più della media Ocse. Libererebbe nuove risorse per le imprese e lascerebbe più soldi in tasca ai lavoratori con un effetto positivo sui consumi interni depressi dall’inflazione». Il presidente di Confcooperative ricorda che «le famiglie in povertà assoluta sono 1,9 milioni, erano 800mila nel 2005: parliamo di 5,6 milioni di persone. La povertà relativa riguarda invece 2,9 milioni di famiglie e 8,8 milioni di persone». Preoccupa anche la povertà educativa: «500mila giovani, più di 11 giovani su 100, nella fascia 18-24 anni, abbandonano i percorsi di formazione senza aver conseguito un titolo di studio». Mentre è «drammatica la situazione del 12% di italiani che nel 2022 hanno scelto di non curarsi per mancanza di disponibilità economica pur avendone bisogno per risorse economiche scarse». Inoltre «circa 3 milioni di famiglie vivono nel sovraffollamento e lo indicano come il principale fattore di tensione e di criticità per la propria condizione personale. Il fenomeno riguarda 1,8 milioni di famiglie che vivono in affitto, il 35,6% del totale e 1 milione di famiglie proprietarie, circa il 15,2% del totale». Insomma, pur nelle difficoltà, le cooperative rispondono ai bisogni delle comunità. Realizzano il 25% dell’agroalimentare, rappresentano il 30% della distribuzione al consumo e al dettaglio, il 19,6% degli sportelli bancari e portano servizi di welfare a sette milioni di italiani.