Partito con una delle peggiori prime settimane dell’anno che le Borse ricordassero, questo 2016 della finanza sta proseguendo anche peggio. La seconda settimana di gennaio si è chiusa con altre pesantissime perdite, con i mercati europei che hanno bruciato altri 260 miliardi di euro di capitalizzazione e Wall Street che ha portato a 1.500 miliardi di dollari il conto della capitalizzazione evaporata in queste due settimane. Mettendo assieme i ribassi dei principali indici globali (compresa Mosa, precipitata del 6,2%) si arriva alla stratosferisca somma di 830 miliardi spariti in un giorno solo. Il panico è iniziato, ancora una volta, dalla Cina. I due indici della Borsa di Shanghai sono scesi di un altro 3%, ai livelli più bassi da più di un anno e in calo del 9% da inizio settimana, spinti da un lato da aspettative di nuovi ribassi dello yuan e dall’altro da un misto di cattivi dati (l’ammontare totale dei prestiti bancari a dicembre è sceso bruscamente da 709 a 600 miliardi di yuan) e di notizie non si sa quanto fondate (sembra che le principale banche del paese abbiano smetto di accettare come garanzia azioni di aziende che non siano quotate nell’idice principale, il Csi300). Più dei singoli dati di giornata pesa il timore che lo stato di salute dell’economia cinese sia anche peggiore di quanto il regime voglia laciare vedere e che Pechino non sia capace di contrastare questa crisi di entità imprevista. Il compito di spingere il Pil globale è passato dai paesi emergenti alle economie consolidate, aveva detto Standard & Poor’s lunedì presentando lo scenario per il 2016. Se è così, però, le cose si stanno mettendo male: ieri la più grande economia del mondo, gli Stati Uniti, ha stupito tutti, in negativo, mostrando un ribasso dell’indice manifatturiero Empire State di New York, che a gennaio si è attestato a -19 punti, molto sotto i -4 previsti. In calo anche le vendite al consumo. Rallenta la Cina, rischiano di rallenta anche gli Stati Uniti e quindi è inevitabile che il petrolio, principale carburante della crescita globale, precipiti ancora più in basso. L’imminente ritorno sul mercato del petrolio iraniano, con la fine delle sanzioni, ha fatto il resto. I prezzi del barile del Wti americano e del Brent europeo sono scivolati del 5% tornando sotto i 30 dollari. In forte calo anche le altre materie prime. Le Borse europee sono andate malissimo. Madrid, la peggiore, ha perso il 3,2%, Milano, poco meglio, il 3,1%, pesantissime anche Francoforte (2,5%), Parigi (-2,4%) e Londra (-1,9%). Wall Street è precipitata ai livelli più bassi dall’estate scorsa. «Quando l’anno è iniziato eravamo al bivio tra l’ottimismo e la preoccupazione ma evidentemente abbiamo imboccato la via della preoccupazione abbastanza velocemente» spiegava un analista alla
Reuters. In questa situazione, prevedono gli esperti, difficilmente a marzo la Federal Reserve potrà proseguire la sua stretta monetaria. L’ipotesi di un secondo rialzo dei tassi a marzo ora sembra molto improbabile.