venerdì 10 gennaio 2025
Al via da stasera la serie evento “M. Il figlio del Secolo” tratta dal bestseller di Scurati che racconta l’ascesa del fascismo dopo la Grande Guerra con Luca Marinelli potente protagonista
Luca Marinelli in “M. IL figlio del Secolo” di Sky

Luca Marinelli in “M. IL figlio del Secolo” di Sky - Ansa

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Dopo il trionfo della critica all’81ª edizione della Mostra del Cinema di Venezia dove era stata presentata in anteprima, arriva da oggi per otto puntate il venerdì in prima serata su Sky e in streaming su Now l’attesa serie evento M. Il figlio del Secolo, che il regista inglese Joe Wright ( L’ora più buia) tratta dal primo romanzo della pentalogia dedicata a Mussolini da Antonio Scurati che nel 2019 gli fece vincere il premio Strega. Rendere “pop” la storia non è semplice, ma i record di vendite del romanzo storico di Scurati avevano già dimostrato come la figura di Mussolini sia una sorta di “garanzia” per attrarre gli interessi del pubblico, e altrettanto spesso le polemiche. E per stile letterario e documentazione storica, un bestseller come M sembrava già destinato a diventare un prodotto audiovisivo, anche se la sfida era ardua. Sfida già brillantemente riuscita a teatro a Massimo Popolizio che da regista era riuscito a portare in scena le 850 pagine del romanzo in 30 quadri con 18 attori mostrando l’oscura epopea dell’ascesa di Mussolini dalla fondazione dei Fasci di combattimento, passando per la Marcia su Roma, fino al discorso in Parlamento del 3 gennaio 1925 e al dilagare dello squadrismo. Lì, il futuro Duce aveva due volti: quello dell’aspirante politico pieno di incertezze Tommaso Ragno e quello dell’istrione seduttore di folle Massimo Popolizio.

«Se il fascismo è stato un’associazione a delinquere, io sono il capo di questa associazione a delinquere». Con le agghiaccianti parole dell’allora capo del Governo Mussolini dopo il delitto Matteotti si apriva la pièce teatrale, con le stesse parole invece si chiude la serie M. Il figlio del Secolo nell’assordante silenzio del Parlamento. Un silenzio che piomba sulle nostre coscienze dopo avere attraversato l’oscurità, anche visiva (tutto è avvolto come nel perenne buio del male) di ben otto puntate che sono rutilanti di manganelli e violenza (soprattutto durante l’ascesa dei Fasci di combattimento), di azzardi politici che sembrano un thriller, per poi trasferirsi fra gli scranni del Parlamento tra istituzioni indebolite e tentativi di normalizzazione della dittatura. Al centro i sei anni che seguono la Grande guerra, con l’impresa di Fiume (magnifico il D’Annunzio di Paolo Pierobon), il basculare del paese verso la rivoluzione socialista, la reazione e il dilagare dello squadrismo (al centro il feroce Italo Balbo di Lorenzo Zurzolo), la picaresca Marcia su Roma e l’inesorabile efficacia di una dottrina politica che si sottrae alle categorie di giudizio con l’azione violenta. E poi c’è il Benito privato, fra dubbi e incertezze con appassionate e contrastate relazioni personali, tra cui quelle con la moglie Rachele (Benedetta Cimatti) e con l’amante e consigliera Margherita Sarfatti (Barbara Chichiarelli), vera creatrice del fenomeno “M”. In mezzo passano i protagonisti dell’epoca, il fido consigliere Cesare Rossi (Francesco Russo), il tentennante Vittorio Emanuele III (Vincenzo Nemolato), il coraggioso Giacomo Matteotti (Gaetano Bruno). Appare brevemente anche la cristallina figura di don Sturzo che non cede alle minacce di Mussolini, mentre invece i futuri Patti lateranensi sono buttati là come un mero scambio di favori reciproco, senza approfondire la soluzione dell’annosa questione dei rapporti Stato-Chiesa dopo l’Unità d’Italia.

Una serie, comunque, che lascia davvero senza parole per lo stile cinematografico tagliente e spiazzante, dove il paradosso e l’humour nero non mancano, in cui immagini d’epoca si uniscono a riprese stile Sin City e dove la colonna sonora aspra ed elettronica di Tom Rowlands dei Chemical Brothers ci tiene sempre sospesi sul filo dell’inquietudine o ci terrorizza, vedi i raduni delle camice nere che sono un mix fra i rave party e le curve degli ultrà. Ma, oltre al cast eccezionale, svetta un Luca Marinelli dal mimetismo e dalla potenza impressionante. «La cinematografia è l’arma più forte» diceva il Duce e lo sa bene anche Joe Wright che contrattacca sfondando la quarta parete, ovvero facendo parlare direttamente a noi Mussolini che ci rivela i suoi veri pensieri dietro le sue azioni, astuto e cialtronesco stratega capace di annusare il cambiamento e sedurre. «C’è sempre un tempo in cui i popoli smarriti vanno verso le idee semplici» sostiene. E noi, da che parte stiamo?

Nella serie - scritta da Stefano Bises e Davide Serino, anche autori del soggetto di serie e di puntata insieme a Scurati, spiega l’attore Marinelli: «Abbiamo pensato di togliere definizioni come “cattivo”, “mostro”, “diavolo” perché non fanno altro che allontanare questa figura mettendola quasi su un altro pianeta. Invece è stato un essere umano, che ha scelto coscientemente quello che ha fatto imboccando questa via criminale, che ha portato se stesso e il Paese alla distruzione totale». E nella serie la direzione è stata quella di non rappresentare Mussolini come un pagliaccio: «Lo abbiamo preso sul serio, senza mai perdere di vista quello che è stato come uomo e quello che ha commesso - racconta il regista Joe Wright -. Questa serie è l'invito a cercare Mussolini in ciascuno di noi. Qui Mussolini è la metafora del male che alberga in ognuno di noi. Per questo, c’è la necessità di esaminare la potenzialità che abbiamo di elevarci e di dare il meglio di noi stessi per non cedere a questi istinti più bassi».

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