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L’asilo di Brancaccio si farà e non è mai stato in dubbio. Il sogno del beato Pino Puglisi diventerà realtà, nei tempi previsti. Il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla, lo ribadisce in questa intervista: «Staremo nei termini che prevedono di finire e consegnare tutto entro il 31 dicembre 2026».
L’asilo “I piccoli di Padre Pino Puglisi” è stato progettato dal Centro di Accoglienza “Padre Nostro”, con la collaborazione di Reggio Children e con il contributo economico della Fondazione Giovanni Paolo II di Firenze e l’impegno di Avvenire e dei suoi lettori. Papa Francesco, nel corso della sua visita a Palermo, nel settembre del 2018, aveva benedetto l’iniziativa. L’opera, lo scorso marzo, era stata inserita, grazie al voto del consiglio comunale, nel programma triennale delle opere pubbliche. Poi, il progetto esecutivo della giunta e un “non voto” successivo, in Consiglio, sull’anticipazione già al 2024. Un fatto che ha provocato la reazione indignata del presidente del Centro “Padre Nostro”, Maurizio Artale, e dei familiari di don Pino, autori di una veemente lettera aperta. Il sindaco, contestualmente, ha annunciato l’avvio della “macchina” che porterà all’edificazione della struttura.
Sindaco, non ha mai avuti dubbi sul percorso?
No. Quello che è successo resta legato alla dinamica dei lavori del consiglio comunale. Semplicemente, per l’asilo non c’erano scadenze immediate o termini che reclamassero l’urgenza. Siamo determinati ad andare avanti.
Come avete superato l’impasse?
Con una norma del nuovo codice degli Appalti che non imponeva il caricamento nel 2024 di un’opera già inserita nel piano triennale. Credo che, verosimilmente, i cantieri, dopo l’espletamento di tutte le procedure, potranno essere avviati tra i prossimi maggio e giugno. Ribadisco: l’asilo si farà nei tempi previsti.
Con quale scopo nasce l'asilo?
Sono convinto della necessità assoluta di quest’opera. Nei quartieri più difficili, salvaguardare la scolarizzazione dei bambini significa fidelizzarli a modelli educativi buoni, arricchendo il profilo formativo e riducendo il potenziale della mafia, in prospettiva. Chi è libero, grazie alla cultura, correrà di meno il rischio di aggregarsi alla manovalanza mafiosa. Cosa nostra prospera dove c’è la compressione delle libertà. Il sapere è un antidoto al male.
È una Palermo che sembra avvertire il peso della responsabilità di grandi “testimoni”...
Palermo ha grande attenzione per la memoria di don Pino, come per quella del missionario laico Biagio Conte. Sono testimoni della giustizia e della verità. Purtroppo, non possiamo dire che un vivido affetto coincida sempre con comportamenti concreti virtuosi.
Ha ricordi personali del beato Puglisi?
Non l’ho mai conosciuto personalmente. Quando si adoperava a Brancaccio, io non pensavo all’impegno pubblico, ero immerso nel mondo dell’università e della ricerca. Ma è impossibile non sentire il fascino spirituale della sua figura che ha tracciato la strada di un profondo rinnovamento. Per chi vuole fare la buona politica, padre Puglisi è un traguardo irrinunciabile.
Brancaccio, come altre zone di Palermo, è un mondo in cammino verso una speranza. Quanta strada c’è ancora da compiere?
Non sono un investigatore, né un analista delle dinamiche del territorio riguardo alla mafia. Di certo posso dire, in generale, che non possiamo ancora parlare di una vittoria finale. Bisogna insistere per ricordare a tutti i cittadini che le istituzioni esistono e che possono realizzare impegni che le rendano più credibili. Sono contento di avere, da sindaco, la possibilità di gestire numerosi progetti proprio per tutta quell’area sud della città che le daranno un nuovo volto.
Brancaccio ha perso di recente padre Maurizio Francoforte, l’ultimo parroco di San Gaetano. Come lo ricorda?
Anche lui è stato un attore umile, profondo e silenzioso del vero cambiamento. Ci mancherà molto.