La posta in palio è quanto mai concreta, per l’Italia un bel po’ di soldi: Monti ricorda che i conti della Ue ci sono costati 5,9 miliardi di euro nel 2011 (di maggiori contributi in rapporto ai fondi che riceviamo), per via di una «tendenza» che «si è aggravata» negli anni e che ci ha portati a essere il 3° contributore in valori assoluti dell’Unione e il 1° in termini relativi (rispetto al Pil). A giustificare la parte di «non soddisfazione » di Monti è l’impianto generale che si vuole dare al bilancio: l’austerità cara alla Gran Bretagna e in generale al fronte del Nord va bene, ma non deve tradursi in una «tendenza a favorire un accordo al ribasso, tendenza che abbiamo contrastato », spiega in conferenza stampa, perché per Palazzo Chigi il bilancio Ue, pur senza sprechi, dovrebbe aumentare, non diminuire.
È una linea argomentata: «La nostra visione è che ci sono beni pubblici che è conveniente produrre a livello comunitario », dato che su scala nazionale costano anche di più. Inoltre «è contraddittorio » e «un po’ demagogico» insistere sull’esigenza di rafforzare la crescita economica se poi non si mettono a disposizione risorse, tanto più – annota Monti – che «sono gli stessi stati membri a caricare la Ue di nuove funzioni». Il punto di contrasto forte resta però su dove allocare le risorse. Nella seconda bozza di Van Rompuy, ritenuta più vicina alla per noi migliore proposta iniziale della Commissione Ue, l’Italia recuperava 1,2 miliardi sui fondi di coesione, saliti in percentuale dall’8,3 al 9% (qui la nostra soddisfazione era maggiore, annotano fonti della delegazione italiana), e 1,5 sulla Pac, la politica agricola. Inoltre c’era un miliardo l’anno extra per le Regioni più povere (con un reddito procapite pari al 75% di quello medio Ue), un aumento da 800 a 1.300 euro del contributo per ogni disoccupato (rientrano nei fondi di coesione) e la precisazione che tutti i 27 Stati – Londra inclusa, che vuol mantenere tutti i suoi privilegi – devono partecipare al finanziamento degli sconti che sono ancora riconosciuti ad alcuni Paesi (oltre al Regno Unito, anche Germania, Olanda e Svezia), ma non all’Italia.
Per Monti quella dei rebates è una pratica «distorsiva e iniqua », per questo l’Italia vi è contraria e non intende usufruirne. Ma dell’ultima bozza facevano le spese quelle voci relative alle grandi reti transnazionali (trasporti, energia, ecc.) che di un potenziale sviluppo potrebbero essere uno dei motori, per ora sacrificate proprio per tutelare le voci più care all’Italia (e alla Francia). Sembra una contraddizione e Monti se ne rende conto, tanto da precisare – con al fianco il ministro Fabrizio Barca (oltre a Enzo Moavero e Mario Catania) – che i fondi di coesione sono ugualmente importanti pur non essendo Lisbon sounding , cioè non orientati in apparenza alla crescita. Ovviamente, però, a questo punto sono tutte voci da confermare nei prossimi mesi, «finché tutto non è deciso, nulla è deciso». Non aver raggiunto un’intesa, chiude tuttavia il Professore, «non pregiudica nulla, non è la prima volta e non sarà l’ultima » che il vertice sul bilancio si chiude così.