L'assegno di inclusione sostituirà il reddito di cittadinanza - Archivio
Dal 1° gennaio 2024 scomparirà il reddito di cittadinanza e sarà sostituito dall’assegno di inclusione. I requisiti per aver accesso all’assegno di inclusione sono diversi, ma i due principali sono: essere residenti in Italia da almeno cinque anni (vale per cittadini italiani, europei o con permesso di soggiorno) e avere un Isee del nucleo famigliare inferiore a 9.360 euro. Altri requisiti per avere accesso alla misura sono:
• Non essere sottoposti a misura cautelare o essere coinvolto in sentenze definitive di condanna nei dieci anni precedenti;
• il reddito familiare deve essere inferiore a 6mila euro annui, moltiplicati per un numero derivato dalla nuova scala di equivalenza. Questo limite arriva a 7.560 euro se il nucleo familiare è formato da persone che hanno più di 67 anni, oppure se sono presenti anche familiari disabili;
• il patrimonio immobiliare deve avere un valore inferiore a 150mila euro per la prima casa del nucleo familiare e un patrimonio inferiore a 30mila euro se si esclude la prima casa;
• il patrimonio mobiliare non deve superare i 6mila euro per persone singole, mentre viene aumentato per 2mila euro per ogni persona successiva al primo componente del nucleo, con un massimo di 10mila euro. Nel calcolo si inseriscono anche 1.000 euro aggiuntivi per ogni figlio minorenne dopo il secondo, 5mila euro per persone con disabilità, 7.500 euro in caso di disabilità grave;
• per quanto riguarda gli autoveicoli: nessun componente della famiglia deve essere proprietario di un motoveicolo di cilindrata superiore ai 250 cavalli e un autoveicolo con cilindrata superiore ai 1.600 cavalli, immatricolato nei 36 mesi precedenti, oppure navi o imbarcazioni.
Con l’arrivo dell’assegno di inclusione cambierà poi l’attività e l’impegno delle Apl-Agenzie per il lavoro, come spiega Enrico Valocchia, fondatore e amministratore delegato di Hume Capital: «Con il nuovo decreto, le Apl svolgeranno un ruolo di primaria importanza nell’ambito delle politiche attive. In particolare, sarà importante l’integrazione con il Siisl (Sistema informativo per l’inclusione sociale e lavorativa) in quanto metterà in collegamento i database di Comuni, Regioni e Apl con il fine di occupare i beneficiari dell’assegno di inclusione e tutte le persone in cerca di lavoro. In generale, l’intento dell’assegno di inclusione è quello di stringere un forte legame tra un sostegno economico per i soggetti in difficoltà e l’inserimento lavorativo: le Apl sono il soggetto più accreditato a occuparsi di questo». Resta allora da chiedersi se le Apl si stiano preparando a questo cambiamento e da quali soggetti potrebbero essere aiutate in questa fase di passaggio. «Le Apl stanno lavorando al fine di approcciarsi a questo cambiamento - dichiara Valocchia - infatti, coloro che riceveranno l’assegno di inclusione avranno a disposizione una piattaforma interamente dedicata con numerose offerte lavorative e le Apl fanno parte dei soggetti accreditati che opereranno all’interno del sistema. In questo momento particolare, è di fondamentale importanza entrare nel settore delle Apl in modo efficiente e con tutti gli strumenti necessari per intercettare le nuove misure presentate nel decreto». Intanto la Caritas propone di rimodulare il decreto eliminando dall’assegno di inclusione il vincolo che esclude le famiglie senza carichi familiari, così da renderla una misura universale, e riparametrare per area geografica la soglia di reddito rispetto alla spesa per abitazione e utenze. In tal modo sarebbero 1,2 milioni i nuclei coinvolti, corrispondenti a 2,6 milioni di individui per una spesa annuale di 7,1 miliardi di euro. Quindi adottare per l’accesso al supporto per la formazione e il lavoro, anziché il requisito demografico dell’età (18-59 anni), un criterio di occupabilità basato sulla maggiore probabilità delle persone di trovare un lavoro (disoccupati che hanno esaurito la Naspi e disoccupati da non oltre un anno). Con un importo di 300 euro al mese per nove mesi la Caritas calcola una platea di 200mila nuclei per un totale di 500mila individui e un costo annuale di mezzo miliardo di euro. Una volta terminato il supporto, se gli occupabili si trovassero ancora sotto la soglia di povertà, rientrerebbero nell’assegno di inclusione e il totale sarebbe una spesa di 7,6 miliardi annui. Il reddito di cittadinanza ne costava 7,9 per 2,8 milioni di beneficiari. Adottando le proposte Caritas i beneficiari diventerebbero due milioni contro i 2,1 che sarebbero aiutati dal decreto senza le modifiche proposte.