L'amianto è un noto cancerogeno e non esiste un livello sicuro di esposizione. Dal XIX secolo, l'amianto è stato ampiamente utilizzato nella costruzione, nella costruzione navale e nell'industria automobilistica.
Senza un divieto, l'amianto rimane legale e letale. Quasi 200mila persone muoiono ogni anno a causa di malattie prevenibili provocate dall'amianto. Per questo, l'Adao (organizzazione non profit indipendente dedicata alla prevenzione dell'esposizione all'amianto, per l'aumento della consapevolezza sulle malattie causate dell'amianto) ha annunciato il lancio della XV edizione della Settimana mondiale della sensibilizzazione sull'amianto (Global Awarness Awareness Week), in programma dal 1 al 7 aprile.
L'Italia - tra l'altro - è uno dei Paesi al mondo maggiormente colpiti dall'epidemia di malattie amianto correlate, e in particolare di mesotelioma. L'incidenza complessiva negli ultimi anni di mesotelioma in Italia è di circa 1.500-1.600 nuovi casi l'anno. Le regioni di massima incidenza sono Lombardia (21% del totale), Piemonte (17%), Liguria (11%), Emilia Romagna e Veneto; fra le regioni del Centro-Sud quelle più interessate sono Puglia, Sicilia, Lazio e Campania. Il picco di incidenza è previsto, secondo gli studi più accreditati, nel 2020, con una lenta decrescita negli anni successivi . L'età media alla diagnosi è di 70 anni, senza differenze apprezzabili per genere. Il 36% dei soggetti ammalati ha un'età compresa tra 65 e 74 anni, il 72% dei casi è di sesso maschile. La percentuale di casi di mesotelioma, quindi, per i quali l'analisi anamnestica ha rilevato un'esposizione ad amianto lavorativa, ambientale, familiare, è pari circa all'80%. La mediana della latenza fra inizio dell'esposizione all'amianto e la diagnosi di mesotelioma è di 48 anni. Questo valore tende con regolarità ad aumentare negli anni, passando da 42 anni nel 1993 a 52 nel 2015. l settori di attività professionale maggiormente coinvolti sono l'edilizia, l'industria pesante, e in particolare la metalmeccanica, la metallurgia e le attività di fabbricazione di prodotti in metallo; i cantieri navali, l'industria del cemento-amianto, l'industria tessile, dei rotabili ferroviari e il settore della difesa militare. L'insieme di questi settori è responsabile di quasi il 60% circa dei casi registrati negli archivi del Renam (Registro Nazionale Mesoteliomi). Di particolare interesse sono i casi di soggetti ammalati per un'esposizione avvenuta inconsapevolmente per la presenza non nota del materiale in luoghi di lavoro spesso aperti al pubblico, quali Pubblica Amministrazione, Sanità, banche, poste e assicurazioni, scuole, alberghi, bar e ristoranti. La distribuzione nel tempo del quadro delle esposizioni ad amianto responsabili dell'insorgenza del mesotelioma non è costante, ma sta subendo evoluzioni. Il peso dei settori tradizionali (quali l'industria del cemento-amianto e la cantieristica navale) è diminuito significativamente. È invece in crescita la quota di soggetti con esposizione nell'edilizia, che produce oggi il maggior numero di casi, e che desta preoccupazioni anche per la possibilità di esposizioni attuali.
Intanto saranno risarciti complessivamente per 800mila euro la moglie e i due figli di un ex dipendente dell'ex Usl 10/D, fiorentino, morto nel giugno 2012, a 73 anni, a causa di un mesotelioma pleurico. Per il giudice del tribunale del lavoro di Firenze Carlotta Consani aveva contratto la malattia nei luoghi dove aveva lavorato. A pagare saranno la gestione liquidatoria dell'ex Usl e la Regione Toscana, colpevoli, spiega il giudice, di non aver «tutelato i lavoratori» contro i rischi connessi all'esposizione all'amianto. In particolare l'uomo, che aveva lavorato nella lavanderia e nelle centrali termiche degli ospedali fiorentini di Santa Maria Nuova e Careggi, era a contatto diretto («mangendolo a mani nude») con l'amianto usato come isolante sia nelle centrali termiche sia per le tubazioni e le guarnizioni nelle lavanderie. Un particolare testimoniato dai colleghi dell'uomo durante l'istruttoria (il giudice ha fatto svolgere anche due consulenze tecniche): le operazioni di rimozioni dell'amianto sarebbero iniziate solo nel 1990 e, secondo quanto riportato dall'avvocato Pietro Frisani che insieme con Emanuela Rosanò rappresentava la famiglia, si conclusero definitivamente solo tra il 2011 e il 2012. Per il giudice è stato dimostrato il nesso di casualità tra la malattia contratta dal lavoratore e l'esposizione all'amianto e anche la responsabilità del datore di lavoro che,
solo su richiesta dei dipendenti "del tutto disinformati", negli ultimi anni forniva le mascherine antipolvere.
Il tribunale ha disposto il risarcimento di 200mila euro ciascuno alla moglie e ai due figli dell'uomo, e 200mila euro complessive per il danno terminale.