giovedì 29 dicembre 2016
Fonti pulite e accesso universale all'energia al centro del settimo obiettivo di sviluppo sostenibile dell'Onu. Nei paesi più poveri ci si riesce senza grandi infrastrutture.
Un pannello che alimenta una capanna in Mozambico (Esmap World Bank via Flickr, https://flic.kr/p/mCjRik)

Un pannello che alimenta una capanna in Mozambico (Esmap World Bank via Flickr, https://flic.kr/p/mCjRik)

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Quasi ogni progresso umano ha bisogno di energia per essere realizzato. Il settimo obiettivo di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite – Assicurare a tutti l’accesso a sistemi di energia economici, affidabili, sostenibili e moderni – è così una sorta di materia prima della strategia dell’Onu, un elemento fondamentale per raggiungere gli altri obiettivi, che si tratti di combattere la povertà e la fame, aumentare la sicurezza delle persone, contrastare il cambiamento climatico o ridurre le diseguaglianze. Il primo problema è la scarsa disponibilità dell’energia. Ancora oggi nel mondo una persona su cinque non ha accesso a un sistema di elettricità moderno (un problema particolarmente forte in una dozzina di Paesi tra l’Africa e l’Asia), mentre tre miliardi di persone bruciano legna, carbone o rifiuti animali per scaldarsi e cuocere il cibo, con pessimi effetti sulla loro salute: secondo le stime questi metodi sono responsabili ogni anno di oltre quattro milioni di morti premature legate all’inquinamento dell’aria in spazi chiusi. La seconda questione è la sostenibilità. L’energia produce il 60% delle emissioni globali di gas serra ed è per questo considerata uno dei principali responsabili del cambiamento climatico. L’uso di fonti energetiche ormai considerate superate, come il carbone, comporta anche significativi rischi per la salute delle persone. L’Onu si è quindi data per il 2030 l’obiettivo di offrire all’intera popolazione mondiale l’accesso a sistemi di e- moderni e affidabili, incrementare in maniera significativa il ruolo delle fonti rinnovabili nel mix energetico, raddoppiare il tasso di miglioramento mondiale dell’efficienza energetica. Secondo le stime delle Nazioni Unite per raggiungere questi obiettivi occorre triplicare gli investimenti globali in energia pulita, portandoli dagli attuali 400 a 1.250 miliardi di dollari all’anno. Con particolare attenzione per l’Africa subsahariana e il Sudest asiatico, che hanno bisogno dell’aiuto dei paesi più ricchi per colmare i loro deficit energetici.

«Sarà il più importante impianto ad energia solare dell’Africa occidentale», affermano gli esperti. Nel nord-est del Senegal, infatti, inizieranno a breve i lavori per un’enorme centrale fotovoltaica dotata di una capacità di 30MW e finanziata con circa 44 milioni di dollari grazie a diverse società francesi come la Proparco e la Meridiam. Il progetto è chiamato "Ten Merina", situato a Merina Dakhar, nella regione di Thies.

A pochi chilometri di distanza si trova invece un’altra centrale solare, la "Senergy" che sarà operativa entro la prima metà del 2017. Allo stesso tempo sono sempre più numerose sul continente nero le installazioni ridotte di pannelli solari in grado di produrre elettricità anche in aree molto remote, irraggiungibili dalla rete elettrica pubblica. L’attenzione per i progetti di energia rinnovabile sta aumentando anno dopo anno nel continente nero. «L’Africa è al centro di investimenti ed esperimenti innovativi legati alla cosiddetta "politica verde" – afferma un recente articolo della rivista britannica Economist –. Nello stesso modo in cui il continente è saltato all’uso dei cellulari senza passar dal telefono fisso, così sarà per il settore dell’energia».

Il Senegal, come altri Paesi africani, sta cercando di rispettare le promesse fatte durante le recenti conferenze dell’Onu sul cambiamento climatico tenutesi a Parigi e Marrakech. «I progetti Ten Marine e Senergy rimpiazzeranno in modo diretto gli impianti a petrolio con quelli a energia solare – spiega il sito d’informazione sull’economia africana, Agence Ecofin –. Saranno in grado di fornire elettricità a basso costo a oltre 220mila persone ogni anno riducendo le emissioni di gas annuali di oltre 33,290 tonnellate di CO2». Ci si riferisce spesso all’Africa come il "continente del sole".


Secondo gli analisti sono infatti «più di 600mila le famiglie che usano i pannelli solari per produrre energia». Nel 2017, invece, tale cifra aumenterà tra il 60 e 100%. La compagnia keniota M-Kopa è un leader indiscusso nel settore dell’energia solare in Africa orientale. Di base a Nairobi, ma con altre operazioni in Uganda e Tanzania, dal 2011 ha installato nel Paese oltre 400mila impianti, grandi e piccoli, con un interesse particolare per gli abitanti che abitano nei villaggi più isolati. L’anno prossimo il numero di installazioni dovrebbe raggiungere le 200mila unità. «La nostra società ha fatto un profitto di circa 15milioni di dollari nel 2014 – ha detto all’agenzia americana, Bloomberg, Nick Hughes, fondatore di M-Kopa ed ex impiegato della Vodafone –. Ci stiamo espandendo in maniera molto rapida e contiamo di avere un profitto di almeno 60milioni di dollari quest’anno». Sono circa 600 i nuovi clienti che ogni giorno comprano i pannelli solari di M-Kopa per ricaricare la batteria dei telefonini o illuminare la casa e il proprio negozio. Presto si aggiungerà la possibilità di far funzionare il televisore.

Altre compagnie stanno però investendo nello stesso settore: Off Grid Electric, Bboxx e Azuri Technologies, tutte fiduciose di raddoppiare il numero dei propri clienti nell’arco di un anno. Nonostante le varie iniziative legate all’uso di energie rinnovabili, c’è chi pensa che il Kenya debba comunque affrettarsi nell’utilizzare al massimo la sua energia solare. Vaste parti del Paese come le regioni di Kilifi, Tana River, Garissa, Narok, Meru, sono «vittime di una sistematica e allarmante deforestazione e desertificazione a causa del cambiamento climatico e delle abitudini dell’essere umano», spiega Daniel Kapsoot nelle pagine del quotidiano kenyano, The Standard. Come ricorda il Segretario generale uscente delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon: «In Africa si trovano 36 dei 50 paesi più affetti dal cambiamento climatico».

In Nigeria è stata infatti lanciata il mese scorso l’Associazione nigeriana per l’energia rinnovabile (Rean). All’evento, avvenuto durante l’annuale Conferenza dell’industria energetica africana, i partecipanti si sono dati l’obiettivo di «contribuire con il 40% del settore energetico nazionale investendo soprattutto nell’energia solare, idroelettrica, eolica e della biomassa». Sempre più Paesi africani stanno inoltre investendo negli escrementi umani per creare energia. «Stiamo usando i liquami delle fogne per produrre fertilizzanti, biocarburanti e biodiesel – assicura alla stampa Fredrik Sunesson della società Slamson Ghana Ltd., di base nella capitale commerciale ghanese, Accra –. In Ghana si stanno infatti costruendo metodi all’avanguardia, molto migliori di quelli occidentali, per sfruttare nel miglior modo gli escrementi dei propri abitanti e, nello stesso tempo, fornirgli energia».

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