ROMA È arrivato ieri sera il via libera della Camera al decreto che riforma le banche di credito cooperativo e istituisce una garanzia pubblica sulla cartolarizzazione delle sofferenze. Il provvedimento è passato con 274 voti a favore (114 i contrari) e andrà ora in Senato, dove dovrebbe essere convertito in legge al più tardi il 7 aprile. Dopo il voto sulla fiducia (la numero 52) incassato dal governo Renzi in tarda mattinata, i lavori dell’aula di Montecitorio sono proseguiti a rilento per l’ostruzionismo del Movimento 5 stelle che ha presentato oltre 80 ordini del giorno per rallentare l’iter di conversione del decreto. Poi la situazione si è sbloccata grazie ad un accordo con la maggioranza, che si è impegnata ad assicurare l’esame in aula la prossima settimana della mozione sull’Isee, promossa proprio dal M5S con l’obiettivo di impegnare il governo a escludere dal calcolo dell’indicatore reddituale le indennità ai disabili. Nel passaggio alla Camera sono stati rivisti alcuni punti qualificanti del provvedimento governativo. La riforma del credito cooperativo prevede l’aggregazione delle Bcc in uno o più grandi gruppi bancari cooperativi con la possibilità però per le banche che abbiano un patrimonio superiore a 200 milioni di euro (sono 14 su circa 300) di proseguire da sole, costituendosi in Spa controllata dalla stessa cooperativa e dietro il pagamento di un’imposta straordinaria del 20% del patrimonio. Sciolto in questo modo anche il nodo delle risorse indivisibili, che resteranno tali, in capo alla coop, che cambierà la sua mission sociale. Gli istituti avranno 60 giorni di tempo per esercitare l’opzione di uscita. La decorrenza scatta dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge, quindi il termine ultimo per decidere cadrà attorno a metà giugno. La cosiddetta way out è stesa anche alle banche più piccole, se disposte a conferire la propria attività bancaria nella Spa. La società capogruppo del nuovo credito cooperativo dovrà avere almeno un miliardo di patrimonio. Il ministero dell’Economia potrà ridurre per decreto a meno del 51% la quota di controllo delle Bcc, qualora vi fosse la necessità di reperire capitali freschi sul mercato. Federcasse, l’associazione della Bcc e delle banche rurali, ha espresso soddisfazione ieri per il primo ok alla riforma e, in particolare, per «il recepimento delle richieste di modifica proposte». Per quanto riguarda le cartolarizzazioni delle sofferenze, il provvedimento estende la garanzia statale dalle banche anche ad altri intermediari finanziari, ponendo le basi per ampliare il numero di soggetti interessati ad acquistare i crediti deteriorati (non performing loans). C’è infine un nuovo stop all’anatocismo bancario, cioè alla pratica di pagare interessi sugli interessi, esteso alle carte
revolving. Un meccanismo che viene invece contestato da Adusbef e Federconsumatori, secondo i quali la normativa «ripristina l’odiosa pratica dell’anatocismo annuale, sconfitto da 25 anni di battaglie giudiziarie».
(N.P.) © RIPRODUZIONE RISERVATA