Vocazione, formazione, evangelizzazione. Papa Francesco ha incentrato su questi tre punti il discorso ai partecipanti alla Plenaria della Congregazione per il Clero, guidati dal cardinale Beniamino Stella. Il Pontefice ha sottolineato che non bisogna limitarsi a “fare i preti” ma vivere con gioia la propria vocazione, ed ha invitato i pastori a vincere la tentazione di prendere giovani in seminario senza valutarne bene le qualità.“Abbiamo bisogno di sacerdoti, mancano le vocazioni. Il Signore chiama, ma non è sufficiente”. Papa Francesco ha guardato con franchezza alla crisi vocazionale per poi rivolgere, a braccio, un ammonimento ai vescovi affinché vincano “la tentazione di prendere senza discernimento i giovani che si presentano”: “Questo è un male per la Chiesa! Per favore, studiare bene il percorso di una vocazione! Esaminare bene se quello è dal Signore, se quell’uomo è sano, se quell’uomo è equilibrato, se quell’uomo è capace di dare vita, di evangelizzare, se quell’uomo è capace di formare una famiglia e rinunciare a questo per seguire Gesù"."Oggi - ha soggiunto – abbiamo tanti problemi, e in tante diocesi per questo errore di alcuni vescovi di prendere quelli che vengono a volte espulsi dai seminari o dalle case religiose perché hanno bisogno di preti. Per favore! Pensare al bene del popolo di Dio”. La vocazione è come “un tesoro nascosto in un campo”, ha detto ancora Papa Francesco che ha preso spunto dall’immagine del Vangelo di Matteo per sottolineare quanto la chiamata al ministero ordinato sia fondamentale. Ed ha avvertito che questo tesoro “non è fatto per arricchire solo qualcuno”: “Chi è chiamato al ministero non è 'padrone' della sua vocazione, ma amministratore di un dono che Dio gli ha affidato per il bene di tutto il popolo, anzi di tutti gli uomini, anche di coloro che si sono allontanati dalla pratica religiosa o non professano la fede in Cristo”.Al tempo stesso, ha soggiunto, “tutta la comunità cristiana è custode del tesoro di queste vocazioni, destinate al suo servizio, e deve avvertire sempre più il compito di promuoverle, accoglierle ed accompagnarle con affetto”. Ha quindi rivolto il pensiero alla formazione che, ha osservato, “è la risposta dell’uomo, della Chiesa al dono che Dio le fa tramite le vocazioni”. Si tratta, ha affermato, “di custodire e far crescere le vocazioni, perché portino frutti maturi”. Esse, infatti, “sono un diamante grezzo, da lavorare con cura, rispetto della coscienza delle persone e pazienza, perché brillino in mezzo al popolo di Dio”. La formazione perciò, ha voluto sottolineare, “non è un atto unilaterale, con il quale qualcuno trasmette nozioni, teologiche o spirituali”: “Gesù non ha detto a quanti chiamava: ‘vieni, ti spiego’ o ‘seguimi, ti istruisco’; la formazione offerta da Cristo ai suoi discepoli è invece avvenuta tramite un ‘vieni e seguimi’, ‘fai come faccio io’, e questo è il metodo che anche oggi la Chiesa vuole adottare per i suoi ministri. La formazione di cui parliamo è un’esperienza discepolare, che avvicina a Cristo e permette di conformarsi sempre più a Lui”. “Proprio per questo – ha aggiunto – essa non può essere un compito a termine, perché i sacerdoti non smettono mai di essere discepoli di Gesù, di seguirlo”. Ed ha evidenziato che “un simile percorso di scoperta e valorizzazione della vocazione ha uno scopo preciso: l’evangelizzazione”. Francesco ha messo in guardia i sacerdoti dall’essere “più preoccupati del consenso altrui e del proprio benessere che animati dalla carità pastorale, per l’annuncio del Vangelo, sino alle più remote periferie”. Infine, il Papa ha ribadito che i sacerdoti devono “accrescere la consapevolezza di essere pastori, inviati per stare in mezzo al loro gregge”: “Si tratta di ‘essere’ preti, non limitandosi a ‘fare’ i preti, liberi da ogni mondanità spirituale, consci che è la loro vita ad evangelizzare prima ancora delle loro opere. Quanto è bello vedere sacerdoti gioiosi nella loro vocazione, con una serenità di fondo, che li sostiene anche nei momenti di fatica e di dolore! E questo non accade mai senza la preghiera, quella del cuore, quel dialogo con il Signore…che è il cuore, per così dire, della vita sacerdotale”.