È la povertà la cifra spirituale che caratterizza la figura di Giovanni Paolo II. A testimoniarlo è monsignor Slawomir Oder, postulatore della causa di beatificazione di papa Wojtyla. «Avvenire» lo ha intervistato in occasione dell’uscita del suo libro, scritto con la collaborazione del giornalista Saverio Gaeta
Perché è santo (ed. Rizzoli, pp. 195, euro 18,50) da oggi in libreria.
Giovanni Paolo II è stato un Papa accuratamente scrutato da giornali e tv. Nel suo lavoro da postulatore ha scoperto degli aspetti che erano in qualche modo sfuggiti dall’occhio mediatico?Giovanni Paolo II era un uomo trasparente. Un uomo della verità. Non esisteva un Karol Wojtyla mediatico e un Karol Wojtyla privato. Quello che ha vissuto in pubblico lo ha vissuto anche in privato. Quello che colpisce è la profondità, soprattutto a livello spirituale, di tutto quello che lui ha vissuto. Era un vero mistico.
In che senso?Non tanto nel senso della percezione di sensazioni straordinarie, quanto nella consapevolezza della presenza di Dio nel mondo.
Ma qual è l’aspetto che comunque l’ha più sorpresa nel valutare le testimonianze raccolte?Oltre che la profondità spirituale con cui ha vissuto la sua vita, ciò che mi ha colpito è la povertà che ha testimoniato. Le suore che hanno accudito all’appartamento pontificio mi hanno regalato due sue camice che ora custodisco come reliquie. Ebbene, sono camice consumate, rammendate. E questo non è che un piccolo esempio. Tutta la sua vita è segnata da una povertà cercata e vissuta. Celebre l’episodio di quando, sacerdote, non poteva uscire dalla chiesa di San Floriano a Cracovia dopo aver celebrato Messa perché non aveva più le scarpe che aveva donato ad uno studente che era andato a trovarlo...
Un fenomeno singolare è quello dei molteplici messaggi che vi sono giunti dai semplici fedeli...Fin da quando si è iniziata la causa di beatificazione e abbiamo aperto i canali di comunicazione, tra cui quello via internet, siamo stati sommersi da decina di migliaia di lettere e messaggi da fedeli di tutto il mondo. Per posta, per e-mail, o attraverso dei foglietti lasciati davanti alla sua tomba. Ricordo che tra i primi ad arrivare ce ne fu uno da Vladivostok e un altro dalla Nuova Zelanda. All’inizio testimoniavano la gioia e il sostegno per la causa e per la decisione di Benedetto XVI di dispensare dai cinque anni di attesa. Poi ci sono arrivate tantissime segnalazioni di piccoli o grandi grazie ricevute. Che pur non essendo, per così dire, utilizzabili per il processo canonico, hanno testimoniato la fama di santità. Interessante il fatto che sono arrivate lettere anche da non cattolici – ortodossi soprattutto, ma anche protestanti – e da non cristiani: ebrei, musulmani e indù.Invece per quanto riguarda i testi ascoltati per la positio, ce ne sono anche di non cattolici?Ce ne sono. Come ho scritto nell’epilogo del libro sono state ascoltate complessivamente 114 persone: 35 cardinali, venti arcivescovi e vescovi, undici sacerdoti, cinque religiosi, tre suore, 36 laici cattolici, tre non cattolici e un ebreo.
Come valuta il fatto che, da parte anche di eminenti personalità, si sia manifestata una certa perplessità sul fatto che la causa di beatificazione sia potuta cominciare così in fretta?Di fronte ad una personalità così ricca, come quella di Giovanni Paolo II, non è possibile forse avere una unanimità di giudizi positivi. Un plebiscito sì, ma l’unanimità no. Comunque la gran parte delle obiezioni che ho sentito non riguardano la questione della santità in sé ma quella dei tempi.
A questo proposito. È possibile pensare che Giovanni Paolo II possa essere proclamato beato quest’anno, magari in prossimità dell’anniversario della sua elezione a Pontefice che cade il 16 ottobre?Manca ancora l’esame del presunto miracolo attribuito alla sua intercessione da parte della Congregazione delle cause dei santi, che ha i suoi tempi tecnici. Il prefetto del dicastero, l’arcivescovo Angelo Amato, ha detto proprio ad Avvenire che allo stato dei fatti è «tecnicamente non utopistico» prevedere la beatificazione in quest’anno. Speriamo che, con l’aiuto di Dio, questa possibilità tecnica diventi realtà.