sabato 17 agosto 2024
Don Stanislao Bartkus e il seminarista Mario Bellino assassinati 80 anni fa dai nazifascisti a Montalto Carpasio. Il loro sacrificio evitò la strage dei ragazzi loro affidati. Oggi l'anniversario
«I bimbi no». Il prete e il seminarista uccisi per salvare i piccoli

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Sono sempre più numerose le occasioni di ricordare episodi risalenti alla Seconda guerra mondiale, in cui sacerdoti - religiosi o diocesani - hanno pagato con la vita il tentativo di salvare quanti erano stati loro affidati. A volte sono raccontati in modo parziale o inesatto, a meno che la tenacia di qualche appassionato non contribuisca a evidenziare la verità in tutto il suo tragico splendore.

È accaduto così anche per l’eccidio del 17 agosto 1944 a Montalto Ligure (oggi Montalto Carpasio), paese della Valle Argentina e in diocesi di Ventimiglia-Sanremo, dove viveva un gruppo di circa venti bambini, custodito da tre suore, da un sacerdote e da un giovane seminarista. Facevano tutti parte dell’Istituto Charitas di Imperia, fondato dal canonico Santino Glorio per gli orfani della Grande Guerra, minacciati anche dal secondo conflitto in corso. Don Glorio aveva inoltre fondato la Congregazione di Cristo Re, composta da sacerdoti e suore, per l’educazione di quei bambini.

Il sacerdote che seguiva il gruppo era don Stanislao Bartkus (o Barthus), nato a Upyna in Lituania, accolto da don Glorio appena giunto in Italia. Al suo fianco c’era Mario Bellino, piemontese di Cerisola, che nella Congregazione di Cristo Re sembrava aver visto realizzata la propria vocazione: né tra i Missionari della Consolata, né tra i Benedettini a Finalpia aveva potuto diventare sacerdote, a causa di una grave forma di artrite.

Diventato seminarista diocesano ad Alba, aveva accettato di partire per il servizio militare, in modo da sostituire suo fratello Armando, che si sarebbe occupato della loro casa. Era stato don Glorio (morto il 23 luglio 1944, durante il bombardamento di Imperia) a contattarlo: è plausibile che lo conoscesse, dato che Mario, ogni anno, passava le vacanze in Liguria per ragioni di salute.

Già dal 21 giugno 1944, primo giorno d’estate, dal presidio tedesco erano stati sparati dei colpi di mortaio, andati però a vuoto. Don Stanislao, che conosceva il tedesco, era andato a protestare, ma invano: i tedeschi erano convinti che ci fossero dei partigiani, o dei “ribelli” secondo il loro punto di vista.

Il paesino, infatti, era al limite del territorio sotto il controllo tedesco, ma non era considerato d’importanza strategica. Gli orfanelli si trovavano lì perché alla Congregazione di Cristo Re era stato affidato l’antico ricovero situato accanto al santuario della Madonna dell’Acquasanta, diventato una delle tante sedi che l’Istituto Charitas aveva al tempo.

Il 17 agosto 1944, dunque, Montalto fu sottoposta a un rastrellamento. I bambini dell’orfanotrofio erano impossibilitati a scappare, circondati da ogni parte. Don Stanislao e Mario decisero quindi di chiudersi nella chiesa dell’Acquasanta assieme a loro, mentre all’esterno i soldati colpivano la porta col calcio dei fucili. Il sacerdote e il seminarista aprirono, non prima di aver messo al sicuro i bambini: li spinsero tutti nell’abside, vicino alla sacrestia. Nella cripta, invece, avevano trovato rifugio molti abitanti del paese.

Quanto è accaduto dopo è stato ricostruito dal professor Giovanni Perotto, nel libro «I bambini no! – L’eccidio del 17 agosto a Montalto Ligure» (De Ferrari 2023), mediante le testimonianze dei pochi bambini, ora anziani, sopravvissuti. Don Stanislao e Mario, trascinati fuori dalla chiesa, vennero picchiati e torturati, nel tentativo di trovare informazioni sui partigiani. Qualcuno dei soldati voleva fucilare anche i ragazzi, così da non avere un giorno altri “banditi” da combattere, ma i due educatori imploravano di lasciarli stare.

Dalla finestra della sacrestia, i bambini li videro morire, fucilati contro una grande pianta di acacia. Don Stanislao aveva il breviario stretto in mano: la sua carta d’identità, intrisa di sangue, è conservata all’Istituto Storico della Resistenza di Imperia. Il suo corpo e quello del seminarista vennero gettati a valle, incrociandosi l’uno sull’altro.

Il 12 agosto, cinque giorni prima, Mario aveva scritto l’ultima lettera alla madre, invitandola a confidare nell’aiuto di Dio: «Vedi dunque mamma che per chi muore nelle braccia del Signore c’è tutto da guadagnare; questa grazia io lo spero e son sicuro di ottenerla dalla bontà di quel Gesù che per me e per noi tutti ha voluto morire e che ci ha amati e ci ama ancora di un amore più intenso di quello con cui una mamma può amare i suoi figli».

Gli incontri, le commemorazioni, i monumenti e le pubblicazioni che hanno tenuto viva la memoria di quegli eventi hanno contribuito a ricostruire anche gli effettivi esecutori del duplice omicidio: soldati tedeschi, ma anche italiani del Battaglione San Marco. Erroneamente, invece, ha circolato per anni la versione secondo cui Mario sarebbe stato fucilato dai tedeschi assieme ad altri ventidue rastrellati (ed era considerato non un chierico della Congregazione di Cristo Re, bensì un barnabita), mentre don Stanislao sarebbe caduto vittima di partigiani per ragioni politiche.

A ottant’anni dall’accaduto, il Comune di Montalto Carpasio ricorderà oggi l’eccidio con la Messa alle 10 nel Santuario dell’Acquasanta, presenti il parroco don Nuccio Garibaldi e il parroco di Cristo Re a Imperia don Gianpiero Serrato.

Alla Messa seguirà la benedizione del monumento ai caduti, quindi il saluto delle autorità e la commemorazione da parte del professor Giovanni Nanni Perotto. Alla cerimonia parteciperanno anche i parenti di don Stanislao, rintracciati dopo lunghe ricerche, e del chierico Mario.

L’eccidio sarà ricordato anche con manifestazioni culturali: lo spettacolo teatrale «Ritratti resistenti», la proiezione del cortometraggio «I bimbi no!» e l’esposizione di alcune tavole del fumetto «Giovani matite per la Resistenza».

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