«Sono soddisfatto. Innanzitutto per il clima di mutua fiducia e di grande libertà nell'esprimere i propri punti di vista che si respirava. Ma anche per i contenuti su cui alla fine si è raggiunto un consenso». Il cardinale Jean-Louis Tauran, dal 2007 presidente del pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso dopo essere stato a lungo «ministro degli esteri» della Santa Sede, è visibilmente contento di come è andato il primo forum cattolico-musulmano che si è celebrato a Roma il 4 e 5 novembre scorso. Avvenire lo incontra negli uffici del dicastero alla vigilia della sua partenza per New York dove si reca per partecipare ad un summit sul dialogo interreligioso promosso oggi e domani alle Nazioni Unite dall'Arabia Saudita, per informare l'Assemblea dell'incontro organizzato dal sovrano wahabita lo scorso luglio a Madrid. Il Forum appena celebrato è stato spesso associato nei mass media al celebre discorso pronunciato da Benedetto XVI a Ratsibona nel settembre 2006. «L'andare sempre a evocare quel discorso a volte risulta stucchevole - confessa il porporato francese - anche perché in un anno e mezzo di lavoro in questo ufficio quasi nessuno nei numerosi incontri ufficiali avuti con esponenti musulmani mi ha parlato del discorso di Ratisbona. E chi lo ha fatto mi ha detto che la questione era felicemente risolta perché il Papa si era spiegato benissimo».
Eminenza, nel comunicato finale c'è qualcosa che avrebbe preferito che non ci fosse o manca qualcosa che invece desiderava che fosse presente? Direi che si tratta di un testo soddisfacente. Soprattutto alla luce del fatto che si tratta di un primo incontro di questo genere. Direi che si può essere particolarmente contenti del fatto che nel testo si affermi chiaramente il «diritto di individui e comunità a praticare la propria religione in privato e in pubblico». Ed è importante la sottolineatura della dimensione pubblica di questo diritto! Altrettanto importante è poi il punto in cui si afferma il diritto delle minoranze religiose di avere «propri luoghi di culto».
Sbaglio, o manca il riferimento al diritto alla libertà di cambiare religione? Questo diritto è implicitamente compreso in quello di praticare liberamente la religione. O almeno dovrebbe esserlo. Ovviamente sarebbe stato meglio esplicitarlo. Ma non si poteva ottenere tutto e subito. Per il momento direi che ci possa accontentare di quanto ottenuto.
Quali sono le novità rispetto al passato? Rispetto, ad esempio, al comunicato finale dell'incontro di Madrid di luglio? Quello di Madrid è stato un incontro aperto anche ad altre confessioni cristiane e ad altri gruppi religiosi. Il nostro forum invece era solo tra musulmani e cattolici e quindi c'è stato modo di svolgere una riflessione più approfondita. Nel comunicato finale dell'incontro di luglio poi non si faceva cenno al diritto di praticare la propria religione in pubblico. Quindi ora è stato fatto un passo in avanti. Almeno da un punto di vista teorico.
Ritiene che il comunicato finale potrà avere delle conseguenze pratiche per la situazione dei cristiani in terre a maggioranza musulmana o per i musulmani qui in Occidente?Lo speriamo vivamente. Alla fine del Forum infatti ci siamo chiesti come fare in modo che questa bella atmosfera si possa trasferire in tutti i luoghi in cui convivono fedeli cattolici e musulmani.
E la risposta quale è stata? Due punti nevralgici per raggiungere questo scopo sono la scuola, l'istruzione, e il mondo dei mass media. Se questo clima non si trasferisce in queste realtà decisive, allora i nostri sforzi, seppur nobili, rischiano di rimanere sterili.
Quale potrà essere il ruolo del Comitato cattolico-musulmano permanente, di cui si parla nel comunicato finale?L'idea è nata soprattutto tra i musulmani e da parte nostra si è accettato di prendere in considerazione questa possibilità. Per ora comunque, prima di mettere in piedi una ulteriore struttura burocratica forse è meglio aspettare la celebrazione del secondo Forum che è previsto tra due anni in un Paese a maggioranza musulmana.
Quale può essere considerata l'autorevolezza e l'autorità degli islamici che hanno partecipato a questo primo seminario? Non possiamo essere noi a dare questo tipo di valutazione. Visto che i partecipanti sono stati scelti dal mondo musulmano. Posso dire di essere rimasto favorevolmente impressionato dall'alto livello culturale degli intervenuti.
Qual era il livello dell'esponente proveniente dall'Arabia Saudita?Non c'è stato nessun rappresentante saudita. Era previsto ma poi, per motivi di salute, non è potuto intervenire. D'altra parte anche il principe di Giordania non ha potuto partecipare. Ma queste assenze non intaccano certamente il valore dell'incontro.
Uno dei membri più conosciuti della delegazione musulmana era Tariq Ramadan, il cui ruolo suscita interpretazioni contrastanti. Che impressione le ha fatto? Debbo dire che nei colloqui avuti con lui sono rimasto favorevolmente impressionato dalla sua cultura, dalla sua notevole intelligenza, e dalla sua grande apertura mentale. Debbo aggiungere che anche altri membri della delegazione cattolica hanno avuto la stessa mia impressione.
C'è chi dice che sarebbe più importante colloquiare con l'islam di popolo piuttosto che con i cosiddetti moderati che sarebbero in realtà scarsamente rappresentativi. Cosa pensa di questa considerazione? Bisogna parlare con tutti. Con tutti quelli con cui è possibile. Ed è quello che stiamo cercando di fare. Certamente non è facile, anzi direi che è impossibile, parlare con i terroristi. Ma spesso capita che non siamo noi a scegliere, ma che gli interlocutori siano quelli che si presentano come tali.
Nello stesso giorno in cui il Papa ha parlato ai partecipanti al seminario ha anche ricevuto il nuovo ambasciatore d'Egitto, al quale ha chiesto, in pratica, la possibilità di avere luoghi di culto cristiani nei nuovi siti turistici del Paese. Il vostro dicastero è impegnato anche su questo fronte? Non specificamente. Ma ovviamente speriamo che una delle conseguenze pratiche del nostro lavoro e del nostro comunicato finale sia proprio questo: che laddove ci sono cristiani, ci siano luoghi di culto, chiese, in cui possono liberamente e pubblicamente professare la propria fede. Questo vale nei nuovi siti turistici dell'Egitto, ma anche in Paesi dove questa libertà è ora tassativamente esclusa come, ad esempio, l'Arabia Saudita o le Maldive.
Quali sono i prossimi appuntamenti del dicastero da lei presieduto riguardo ai rapporti con l'islam? A metà dicembre nei nostri uffici ci sarà una riunione con una delegazione della World Islamic Call Society proveniente dalla Libia, un partner importante per il dialogo col mondo musulmano..
Lei è in partenza per New York. Cosa dirà alla Sessione promossa dal re saudita per informare l'Assemblea Onu del processo iniziato alla World Conference on dialogue tenuta a Madrid il 16-18 luglio scorso? Mi soffermerò sul contributo specifico che i cristiani possono dare alla costruzione della pace nel mondo. Insisterò sul fatto che i credenti devono essere coerenti e credibili e che devono essere promotori di valori come la sacralità della vita e della famiglia, la dignità della persona umana e il rispetto della libertà di coscienza e religione. Anche nella stessa Arabia Saudita? Intelligenti pauca.