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Se l’essenziale è ricerca e se questa ricerca è possibile solo a un cuore puro che imiti lo sguardo di Dio, il Giubileo 2025 è il “luogo” di questa ricerca. Ieri il Meeting di Rimini ha esplorato l’evento che si aprirà a fine dicembre per comprendere se possa realmente rimettere al centro la dimensione della speranza, in un mondo dilaniato dalle guerre e in una società divisa tra tanti (troppi) essenziali. All’incontro hanno preso parte l’arcivescovo Rino Fisichella, pro-prefetto del Dicastero per l’evangelizzazione e responsabile dell’organizzazione per il Giubileo indetto da papa Francesco, il sindaco di Roma Roberto Gualtieri (in collegamento), commissario straordinario dell’evento, il presidente del Consiglio regionale del Lazio Antonello Aurigemma, il dirigente della stessa Regione Paolo Giuntarelli, il direttore di Avvenire Marco Girardo e lo storico della Università Cattolica Danilo Zardin. A moderare l’incontro Vincenzo Morgante, direttore di Tv2000.
Una tavola rotonda che dimostra l’attesa per il Giubileo 2025 e per le sue potenzialità spirituali. Ve ne è un gran bisogno, perché, come ha sottolineato Fisichella, «la speranza è la grande sconosciuta anche per i cattolici. Il nostro discorso è sempre rivolto alla fede ma non ci rendiamo conto di ciò che Peguy aveva intuito, e cioè che la speranza trascina fede e carità, e non il contrario. Senza speranza non riusciamo a cogliere l’essenziale della vita e, anzi, se vogliamo esser capaci di dare un annuncio dobbiamo rivestirlo di un linguaggio che parli di speranza e porre in essere segni concreti di speranza, come chiede il Papa».
Riflessione condivisa dal direttore di Avvenire, Marco Girardo. «Nonostante si sia tanto scritto sulla speranza, è una virtù difficile da cogliere sul momento. Sperimentiamo lo scorrere del tempo ma non sappiamo definirlo e per la speranza è lo stesso. Ma il compito di un giornale è darne una narrazione quotidiana e lo faremo raccontando i segni indicati dal Papa nella Bolla di indizione: la ricerca della pace, la trasmissione della vita, i detenuti, la remissione del debito dei Paesi poveri». Su quest’ultimo punto ha insistito anche il sottosegretario agli Esteri, Maria Tripodi, nel messaggio inviato al convegno.
Sotto questa luce si capisce perché il popolo del Meeting legga l’appuntamento giubilare come la naturale proiezione della ricerca dell’essenziale di questa 45ª edizione della kermesse riminese e come la saldatura tra due concetti “forti” del magistero di Francesco, la speranza e la misericordia. Come ci spiega il direttore del Centro internazionale di Comunione e Liberazione, don Andrea D’Auria, che insegna diritto canonico all’Università Urbaniana, il tema del perdono che ridona la vita – illustrato per l’appunto dalla mostra curata da Zardin – è tutt’uno con il Giubileo e ha radici ancor più antiche di questo evento. Anche nel mondo veterotestamentario, infatti, si celebravano momenti straordinari di riconciliazione, a riprova del bisogno profondo, in ogni epoca e cultura, di rinnovare la speranza attraverso la pace delle armi, degli interessi e dei cuori. Più tardi, arrivò il primo Giubileo cattolico, nel 1300, per iniziativa di Bonifacio VIII. Succedeva sei anni dopo che Celestino V “inventasse” la Perdonanza.
In questi settecento anni il Giubileo è sempre stato una sfida spirituale ma anche organizzativa, come ha ammesso ieri Gualtieri. «Tra i concreti segni di speranza dell’appuntamento religioso dovrà esserci anche – ha detto il sindaco di Roma – la capacità di accogliere più di centomila persone al giorno (33 milioni di pellegrini previsti, ndr). Il Giubileo è stato sempre una grande occasione di interventi importanti e duraturi per la nostra città: in sintonia con i valori indicati da papa Francesco, come cura del creato e inclusione, cercheremo allora di trasformare Roma, mettendo mano in profondità a molti problemi, come quelli della viabilità. La nuova Piazza Pia rappresenterà il nuovo abbraccio tra Roma e la Santa Sede. Sarà una capitale più solidale, inclusiva e sostenibile, temi cui il magistero ecclesiale è giustamente sensibile».
Per il presidente del Consiglio regionale del Lazio, Antonello Aurigemma, questo momento aiuterà ad «aprire non solo le porte fisiche, ma anche quelle dei cuori, il confronto tra culture e identità diverse, che oggi manca, a partire dalle aule delle istituzioni». Sul piano amministrativo, la Regione sta lavorando «a testa bassa» – parole del dirigente Paolo Giuntarelli – per l’accoglienza dei pellegrini, che «sono cittadini temporanei e devono godere come i cittadini del diritto di una città e una regione efficiente. Perché c’è tutto un Lazio intorno al Giubileo». Insomma, grandi speranze concrete che guardano a una speranza più alta, quella descritta da papa Francesco nella Bolla di indizione, che «non illude e non delude, perché è fondata sulla certezza che niente e nessuno potrà mai separarci dall’amore divino».
Una certezza su cui si fonda anche il tema l’edizione 2024 del Meeting. Lo ha spiegato il domenicano Adrien Candiard qualche giorno fa a Rimini: la ricerca dell’essenziale per un cristiano avviene all’interno della sequela di Cristo e mima lo sguardo di Dio. Questo sgurdo è sempre di misericordia e perdono. «Il Giubileo – sottolinea D’Auria – è il momento di imparare ad assumere questo sguardo: il Signore guarda il reale offrendo ripetutamente l’occasione di riavvicinarsi a chi non crede o a chi ha fatto del male». Il sacerdote mette in parallelo il Giubileo straordinario della misericordia. Anno 2016, anno 2025: misericordia e speranza. «Dinanzi alla gravità del peccato, Dio risponde con la pienezza del perdono. La misericordia sarà sempre più grande di ogni peccato, e nessuno può porre un limite all’amore di Dio che perdona». Ieri l’arcivescovo Fisichella ha ricordato che anticamente l’indulgenza era sinonimo di misericordia e «fu Bonifacio VIII a cedere alla richiesta del popolo romano di dare un grande perdono, che ancora oggi non cambia il passato ma ci aiuta a vivere meglio il futuro» ha spiegato.
«Quello sguardo di misericordia che ci conduce all’essenziale è ancora vivo e possiamo imitarlo: seguendo Gesù avremo lo stesso sguardo misericordioso, impareremo a guardare le persone con lo stesso sguardo e in questo modo ci apriremo al mistero dell’Essenziale», aggiunge don Andrea. Che sottolinea come l’esperienza di Comunione e Liberazione debba molto a questo atteggiamento spirituale e allo stesso magistero di Francesco. D’Auria: «Il Giubileo rinnova la figliolanza con il romano Pontefice, che è il segno del primo apostolo, e venire a Roma sarà anche riaffermare la nostra fede in comunione con Pietro. Non è semplicemente un fare memoria, dal momento che il nostro cammino ecclesiale può avere fecondità soltanto nella sequela al magistero petrino. Del resto, il Papa sta accompagnando molto da vicino il movimento, come dimostra l’incontro del 15 ottobre 2022». Sul piano teologico, il Giubileo non fa discendere la sua importanza per il popolo del Meeting solo dal momento della ricerca, ma da una precisa concezione dell’essenziale. «Lo specifico del nostro carisma – racconta il sacerdote della fraternità di San Carlo – sottolinea la dinamica dell’Incarnazione: Cristo presente qui e ora, come insegnavano Giovanni Paolo II e don Luigi Giussani. Questo per noi significa che la potenza salvifica di Cristo si riattualizza e opera vivacemente ancora oggi come duemila anni fa e ciò rende più forte il richiamo della sua misericordia, l’istinto di questa ricerca, che possiamo e vogliamo trasmettere ai nostri fratelli e alle nostre sorelle attraverso quello sguardo di cui parlava appunto, qualche giorno fa, Adrien Candiard». Non che sia facile, in un mondo dai troppi “essenziali” ma, avverte D’Auria, «tutti abbiamo qualcuno cui perdonare qualcosa, nel mondo reale, e se l’annuncio dell’amore di Cristo non si riesce a spiegare con il linguaggio di oggi ma quando ci viene proposto con l’esempio dell’amicizia affascina tutti». Con i “segni”, appunto, cui papa Francesco lega il prossimo Giubileo.