L'accoglienza a Malta dei migranti salvati nel Mediterraneo (foto Epa)
Il dramma dei profughi e dei migranti deve essere affrontato con apertura evangelica unita a «realismo» ed «equilibrio» politico che implica anche il sostegno dell’Europa. Parola di monsignor Charles J. Scicluna, arcivescovo di Malta e presidente della piccola Conferenza episcopale locale, che ricorda come in questo senso si sia espresso anche papa Francesco. Scicluna è più famoso per essere stato per dieci anni – a partire dal 2002 – il “pubblico ministero” della Congregazione per la dottrina della fede che con inflessibilità ha applicato le norme introdotte nel 2001 per reprimere il triste fenomeno degli abusi perpetrati dal clero nei confronti dei minori.
Avvenire lo ha interpellato in vista dell’Incontro di riflessione e spiritualità “Mediterraneo, frontiera di pace”, il grande appuntamento voluto dalla Conferenza episcopale italiana che si terrà a Bari dal 19 al 23 febbraio 2020 e che sarà concluso da papa Bergoglio.
L’Incontro “Mediterraneo, frontiera di pace” promosso dalla Cei è una sorta di Sinodo del Mediterraneo che porterà a Bari dal 19 al 23 febbraio oltre cinquanta vescovi delle Chiese affacciate sul grande mare in rappresentanza di tre continenti (Europa, Asia e Africa). Sarà concluso da papa Francesco. Sui passi del "profeta di pace" Giorgio La Pira, i vescovi si confronteranno per indicare percorsi concreti di riconciliazione e fraternità fra i popoli in un'area segnata da guerre, persecuzioni, emigrazioni, sperequazioni
Nel 2012 infatti Benedetto XVI lo ha nominato ausiliare di Malta e nel 2015 Francesco lo ha promosso arcivescovo della stessa sede metropolitana. Dal novembre 2018 è anche segretario aggiunto della Congregazione per la dottrina della fede.
Eccellenza, Malta si trova nel cuore del Mediterraneo. Che cosa vuol dire per l’isola, per il popolo e per la Chiesa che la abita essere al centro di un mare che storicamente è luogo di incontri e commerci ma anche di tensioni, e che adesso è segnato dal dramma dei migranti che cercano di percorrerlo per fuggire da guerre e miseria?
Malta porta nel cuore, nella storia e nella memoria i segni di un incontro di civiltà, ma anche le ferite degli scontri che hanno caratterizzato la storia del Mediterraneo. Trovandosi nel centro del Mare nostrum, un mare che racchiude civiltà che nascono nell’antichità, Malta diventa crocevia di commercio ma anche di scontro. Le porte naturali di cui è dotata sono state meta ambita di tante potenze in tutti i tempi. Il nome antico, che viene dalle lingue semitiche, significa “porto sicuro”. Il destino di Malta è di essere un porto sicuro per le genti. La sfida odierna è quella di non rifiutare questa vocazione geopolitica ma anche altamente morale e di continuare ad essere un porto sicuro per quanti si trovano persi nel Mediterraneo.
Malta ha una tradizione di fede che risale all’epoca apostolica. Quali sono le gioie e i dolori della comunità cristiana, quali le sfide che deve affrontare ad esempio nella trasmissione della fede e nell’affievolimento dei valori cristiani?
La fede cristiana a Malta risale all’epoca apostolica ed è anche custodita nella memoria del capitolo 28 degli Atti degli Apostoli, che parla della grande accoglienza degli abitanti dell’isola di Malta nei confronti di san Paolo, l’apostolo di Gesù, e degli altri 276 naufraghi sull’isola, e anche della grande bontà del Protos, Publio, capo dell’isola, che ha accolto questa folla di naufraghi nella sua villa. Con tutta la popolazione ha provveduto perché, dopo tre mesi, questi nostri ospiti potessero continuare il loro viaggio verso Roma. Tale accoglienza segna l’inizio dell’esperienza cristiana nella nostra isola. Continuare con questa tradizione è una responsabilità non solo morale ma anche di fede. Tuttavia la religione è stata anche un pretesto di battaglie. Dopo l’islamizzazione delle isole, Malta ha seguito lo stesso destino della Sicilia. È una comunità antica che aveva già vescovi propri nel quarto e nel sesto secolo, e che riprende ad essere una comunità cristiana nell’undicesimo secolo. Per 250 anni poi i sovrani dell’isola sono stati membri di un ordine religioso e militare, il Sovrano Militare Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, Rodi e Malta. Questo ha lasciato un’impronta indelebile nella cultura delle isole ma anche nel modo di approcciarsi alla vita sociale e di vivere la fede.
Malta è anche ponte tra l’Europa di tradizione cristiana e il Nord Africa islamizzato. Quali sono le iniziative di dialogo che portate avanti e quali i suggerimenti che pensate di dare su questo alle altre Chiese che si affacciano sul Mediterraneo?
I valori morali sono sempre di radice cristiana ma sono anche una grande scommessa di fronte a una mentalità che rischia di diventare chiusa in sé, preoccupata per la sicurezza e impaurita dalla necessità dell’incontro. L’esempio di papa Francesco, perciò, è un invito a tornare alle sorgenti della nostra esperienza di fede. Ma il discorso di una piccola isola che deve accogliere numerosi flussi e ondate di migranti non è un discorso facile. Bisogna ricordare anche che il Pontefice richiama sempre alla prudenza. Chi governa ha il dovere di cercare un giusto equilibrio tra l’obbligo morale dell’accoglienza e le questioni di ordine pubblico.
Sul fronte dei profughi che cosa fa la Chiesa, che cosa fa lo Stato maltese, che cosa chiedete al riguardo agli Stati vicini e all’Europa?
La Chiesa a Malta offre da diversi anni accoglienza e sostegno per quattrocento profughi tramite la Commissione per i migranti. A questi fratelli che si trovano in difficoltà e hanno bisogno di un punto di riferimento la Chiesa propone anche un accompagnamento spirituale, psicologico e persino legale. Lo Stato maltese sostiene queste iniziative umanitarie e cerca la solidarietà dei Paesi dell’Unione Europea perché il peso deve essere condiviso. Questa non è solamente una questione di opportunità politica ma un fattore urgente di giustizia sociale.
Infine che cosa ci può dire sulla crisi che sta attraversando il mondo politico maltese alla luce del caso Daphne Caruana Galizia, ossia della giornalista d’inchiesta uccisa in un attentato dinamitardo?
In questi giorni Malta sta vivendo un momento difficile che può diventare un’opportunità per una revisione radicale della Costituzione, seguendo un po’ i criteri della vera democrazia dove c’è una vera separazione tra i poteri dello Stato. Ma tutto ciò dipende dalla volontà politica di attuare la Costituzione e di rispettare i diritti fondamentali dell’uomo, le esigenze morali dell’integrità nel governo e dalla volontà di rendere Malta porto sicuro per un’economia sana ed etica.
Scicluna, il pastore canonista nato in Canada
È originario di Toronto, in Canada, Charles Jude Scicluna che dal 2015 è arcivescovo di Malta. Sessant’anni, canonista, è segretario aggiunto della Congregazione per la dottrina della fede e presidente del Collegio per l’esame dei ricorsi dello stesso dicastero di cui è stato anche promotore di giustizia. Benedetto XVI lo ha nominato nel 2012 ausiliare di Malta. Fra le missioni affidategli da papa Francesco quella di inviato in Cile per lo scandalo degli abusi sessuali.