Un migrante salvato nel Mare Mediterraneo
«Tutto va bene, verso il nostro obiettivo: consolidare fin dalle radici economiche le relazioni nuove stabilite fra i nostri due Paesi». Così Giorgio La Pira, il 24 luglio 1957, scriveva all’amico Moulay Ahmed Alaoui, membro di rilievo della corte di Rabat presso la quale era stato da poco ospitato. Le «relazioni nuove» avevano avuto a Firenze uno dei principali snodi grazie all’accoglienza, delicata e ufficiale insieme, che il sindaco La Pira aveva riservato, a gennaio, a Mohammed V, sovrano del Marocco da poco indipendente. Al rientro in Italia, La Pira (in stretto contatto con Amintore Fanfani) avviò la preparazione della visita ufficiale del ministro degli Esteri marocchino, incontrando il presidente della Repubblica e il ministro degli Esteri, coinvolse anche il presidente dell’Iri Aldo Fascetti e quello dell’Eni Enrico Mattei, fautore di un accordo con l’Iran, per lo sfruttamento delle risorse minerarie, sulla base di un modello di relazioni commerciali non gravato da sudditanze coloniali. Modello che troverà rapida applicazione nell’accordo petrolifero italo-marocchino che nell’agosto 1958 (a un mese dall’insediamento del secondo Governo Fanfani) sarà già cosa fatta.
Gli equi e paritari rapporti economici e politici fra i popoli del Mediterraneo erano il primo e necessario tassello di un più ambizioso progetto del sindaco “santo” di Firenze: creare uno spazio mediterraneo pacificato, fondato sulla sete di bello e di infinito veicolata dalle religioni abramitiche che implica la consapevolezza dell’universale fraternità umana. Il progetto richiedeva di «rovesciare le crociate»: rinnegarle come modello nei rapporti con l’islam per assumere quello di san Francesco a Damietta e rinunciare allo sfruttamento coloniale e post-coloniale nei rapporti commerciali. I convegni per la pace e la civiltà cristiana, che La Pira aveva organizzato a Firenze fra il 1951 e il 1956, avevano visto la partecipazione di numerosi rappresentanti del mondo arabo e messo in contatto La Pira con l’islam. La sua statura spirituale gli permise d’intuire la presenza dell’azione di Dio in quella esperienza religiosa e nelle sue tradizioni mistiche e teologiche.
Già l’amicizia ebraico-cristiana, iniziata negli anni del fascismo e delle leggi razziali e resa incrollabile dalla rischiosa azione in favore dei perseguitati durante l’occupazione nazi-fascista, aveva indotto La Pira a riflettere sul «mistero di Israele» e a scoprire la grande libertà di Dio che agisce anche al di fuori del cristianesimo. Con l’islam la riflessione si approfondiva e trovava una chiave di lettura nella «prospettiva di Abramo», padre comune delle tre famiglie religiose. Pionieristiche intuizioni che in La Pira divennero opzioni operative di politica mediterranea, nella cornice della guerra fredda e con due ostacoli da affrontare: l’ostinazione della Francia a mantenere il controllo sull’Algeria e lo scontro arabo-israeliano.
Firenze poteva candidarsi a essere fulcro delle “nuove” relazioni politiche, economiche e spirituali per il ruolo giocato da La Pira durante la crisi di Suez (1956) e perché la sua visione politica e amministrativa, espressamente orientata dai e ai valori teologali, aveva avuto modo di palesarsi non nei numerosi richiami formali alla devozione, ma nella coerenza evangelica. In quest’ottica aveva requisito le case sfitte da dare ai senzatetto, occupato le fabbriche per difendere il lavoro degli operai (e avviare così la riflessione per un profondo cambiamento di politica economica a livello nazionale), imbastito uno dei più ambiziosi piani urbanistici della città. Firenze “città sul monte” era, cioè, costruita sul solido fondamento della democrazia sostanziale del lavoro e dei diritti sociali sancito dalla Costituzione. Un laboratorio politico e sociale, punto di partenza dei quattro “Colloqui mediterranei” che si tennero a Firenze tra il 1958 e il 1964.
Queste intuizioni di fondo, circa la giustizia e il dialogo interreligioso come condizione per la pace e la costruzione di una civiltà libera, inclusiva, plurale e rispettosa della dignità e della vocazione dell’uomo, sono alla base della scelta dell’episcopato italiano, guidato dal cardinale presidente Gualtiero Bassetti (che nella Firenze lapiriana ha avuto la sua formazione), di ospitare a Bari dal 19 al 23 febbraio 2020 l’Incontro dei vescovi e patriarchi in rappresentanza di tutte Chiese cattoliche mediterranee dal titolo “Mediterraneo, frontiera di pace”. Nella cornice drammatica di città e villaggi teatro di guerra e di crimini contro l’umanità, di un mare “frontiera” di disequilibri economici e crocevia di migrazioni, ingiuste e malgestite, i vescovi del Mediterraneo sono chiamati a orientare l’azione profetica della Chiesa mediterranea. Papa Francesco, il primo dei cinque storici patriarchi del Mediterraneo, parteciperà all’incontro e ha già offerto ai cristiani rivieraschi (fra i tanti gesti e insegnamenti) le visite a Lampedusa e a Lesbo (con la testimonianza profetica di un ecumenismo della misericordia e della concretezza), il Documento sulla fratellanza umana per la pace mondiale firmato ad Abu Dhabi con il grande imam di al-Azhar Ahmad al-Tayyeb, il discorso sulla “teologia dopo Veritatis gaudium nel contesto mediterraneo”, tenuto a Napoli nel giugno scorso. Un piccolo seme, quello che i vescovi getteranno in Puglia, che nasce da un importante dato di fatto: nelle origini della Chiesa, nella comunione ecclesiale attorno al vescovo di Roma e nel cammino ecumenico, il Mediterraneo è già unito. Una prospettiva profetica non di poco conto.
Il programma delle cinque giornate di Bari: dai dialogo "sinodale" all'arrivo del Papa
Prende forma il programma delle cinque giornate dell’Incontro Cei “Mediterraneo, frontiera di pace” che porterà a Bari dal 19 al 23 febbraio circa cento vescovi dai 19 Paesi affacciati sul mare. Nel pomeriggio del 19 l’inizio dei lavori con l’introduzione del presidente della Cei, cardinale Gualtiero Bassetti. La seconda e la terza giornata saranno dedicate al confronto “sinodale” fra i vescovi su due grandi temi legati al Mediterraneo alternando momenti assembleari a scambi nei “circoli minori”. Nel tardo pomeriggio del 21 ciascun presule sarà ospite di una parrocchia dove celebrerà la Messa e incontrerà la comunità. Sabato 22 al mattino l’assemblea per le conclusioni; e al pomeriggio la tavola rotonda pubblica con i rappresentanti di istituzioni sovranazionali. Domenica 23 l’arrivo di papa Francesco che nella Basilica di San Nicola incontrerà i vescovi e poi presiederà la Messa nel cuore della città. Alle ultime due giornate sono invitati tutti i pastori italiani. I lavori saranno a porte chiuse ma ogni giorno si terrà una conferenza stampa.