Una santità per contaminazione familiare. Quanto già accaduto per Zelia e Louis Martin, si sta ripetendo ora per Maria e Luigi Beltrame Quattrocchi. Ma nel primo caso il contagio virtuoso è idealmente passato dalla figlia, Teresina di Lisieux, ai genitori, canonizzati il 18 ottobre 2015, durante il Sinodo sulla famiglia.
Per i Beltrame Quattrocchi, la prima coppia a essere beatificata nell’era moderna per le virtù manifestate nella vita coniugale e familiare, il percorso sembra andare dai genitori ai figli, visto che ieri si è aperto il processo diocesano per l’ultima dei loro quattro figli, Enrichetta. La coppia romana era stata beatificata nell’ottobre 2001, ventennale dell’esortazione apostolica Familiaris consortio. Luigi e Maria furono due figure esemplari di sposi e di genitori. Luigi, vice avvocato generale dello Stato, era conosciuto dai suoi colleghi per due virtù: estremo rigore e profonda umiltà.
Quando a metà degli anni Trenta si liberò il ruolo istituzionalmente più rilevante del suo ufficio – quello di avvocato generale – nessuno sembrò dubitare del fatto che toccasse a lui assumere quell’incarico. Ma, come si legge tra le testimonianze presentate al processo di beatificazione, «una velenosa campagna di elementi della stessa Avvocatura, di chiare tendenze laiciste e anticlericali, lo avversò in ogni modo». A completare l’opera arrivò anche l’ostruzionismo fascista, e Luigi, che aveva sempre rifiutato la tessera del partito, si vide superato da un collega decisamente meno preparato di lui ma politicamente più in linea. Un atteggiamento che si ritrova, accresciuto da affetto e tenerezza, anche nella vita familiare.
«Durante le brevissime, inevitabili discussioni – ha lasciato scritto la prima figlia della coppia, suor Maria Gabriella – se qualche rarissima volta vi fu da una parte o dall’altra un po’ di nervosismo, la richiesta di perdono era immediata, come immediato, con lo scambio affettuoso di un bacio, era il ritorno del sereno totale». Una reciprocità nell’offrire e nel concedere il perdono che faceva parte della quotidianità familiare dei due coniugi. Scrive Luigi in una delle migliaia di lettere indirizzate alla moglie: «Sapessi quante volte sono tornato a rammaricarmi di quella sfuriata, per cui me ne andai così in malo modo, ma tu mi avrai perdonato, non è vero? Sono certo che nella lettera di oggi troverò tante cose affettuose e buone che mi faranno tanto bene».
E i quattro figli furono i primi a trarne giovamento. Ha scritto padre Paolino Beltrame Quattrocchi, terzo figlio della coppia: «L’umiltà fu una componente fondamentale della spiritualità di nostro padre. Una conseguenza logica del suo stato di riconoscente adorazione davanti all’assoluto di Dio, coniugato con una serena, sincera convinzione della propria bassezza». Nel 2000 lo stesso padre Paolino curò per Città Nuova la pubblicazione in due volumi del poderoso carteggio familiare, dal 1924 al 1965.
«In un momento in cui tutti parlano di crisi della famiglia – ha scritto nella presentazione il cardinale Carlo Maria Martini – è confortante vedere testimoniata la bellezza di una vita familiare vissuta con coraggio e gioia evangelica ». Insomma, tutto lascia pensare che, dopo Enrichetta, la via degli altari potrebbe schiudersi anche per Maria Cecilia, don Tarcisio (tra i fondatori dello scautismo italiano) e per lo stesso padre Paolino (monaco benedettino, postulatore in decine di cause di santità, medaglia d’argento al valor militare).