Le Carmelitane scalze di Compiègne condotte al patibolo - web
È il martirio il filo conduttore dei decreti che il Papa ha autorizzato il Dicastero delle Cause dei Santi a promulgare, dopo l’udienza di ieri al cardinale prefetto Marcello Semeraro. Si tratta della canonizzazione equipollente (cioè senza miracolo), con cui Francesco ha deciso di estendere alla Chiesa universale il culto delle 16 carmelitane scalze di Compiègne ghigliottinate durante la Rivoluzione francese. Saranno inoltre beati due martiri: uno del comunismo, l’arcivescovo Eduardo Profittlich, e uno del nazifascismo, il prete Elia Comini. Diventano venerabili i servi di Dio Áron Márton, vescovo, Giuseppe Maria Leone, sacerdote, e Pietro Goursat, laico francese.
Toccante è sicuramente la storia delle 16 religiose francesi ghigliottinate dai rivoluzionari. Allo scoppio della Rivoluzione, i membri del Comitato di Salute pubblica locale si recarono nel loro convento per indurle ad abbandonare la vita religiosa. Esse rifiutarono e quando - tra il giugno e il settembre 1792 - gli episodi di violenza aumentarono, seguendo l’ispirazione della priora, suor Teresa di Sant’Agostino, tutte si offrirono al Signore in sacrificio affinché la Chiesa e lo Stato ritrovassero la pace.
Furono cacciate dal monastero, separate e vestite con abiti civili, ma continuarono la loro vita di preghiera e penitenza, pur divise in quattro gruppi in varie parti di Compiègne, fino a che il 24 giugno 1794 (proprio nel giorno di San Giovanni Battista, un segno forse premonitore) furono scoperte, denunciate e trasferite a Parigi, dove furono rinchiuse nel carcere della Conciergerie, insieme con altri ecclesiastici già condannati a morte. Le monache furono esemplari e mai persero la loro fede, anche dopo la condanna alla pena capitale per «fanatismo». Furono giustiziate il 17 luglio, il giorno dopo la Madonna del Carmine, alla quale si erano rivolte in preghiera cantando inni di gioia, che ripeterono durante il tragitto che dal carcere le portava fino al patibolo. Davanti alla ghigliottina, intonarono il Veni creator rinnovando una dopo l’altra i voti. I loro corpi vennero sepolti in una fossa comune, insieme a quelli di altri condannati nel luogo che è divenuto l’attuale cimitero di Picpus, dove una lapide ricorda il loro martirio. Furono beatificate nella basilica di San Pietro da san Pio X il 27 maggio 1906.
Il martirio toccò anche a Eduardo Profittlich, della Compagnia di Gesù, arcivescovo titolare di Adrianopoli e amministratore apostolico dell’Estonia. Nato l’11 settembre 1890 a Birresdorf, in Germania, morì il 22 febbraio 1942 ex aerumnis carceris (per le sofferenze patite in carcere) a Kirov in Russia.
La sua storia è un compendio delle sofferenze della popolazione europea tra le due guerre, che il religioso conobbe da vicino. Era un novizio quando, allo scoppio del Primo conflitto mondiale fu richiamato nell’esercito tedesco e assegnato al servizio sanitario. Finita la guerra riprese a studiare Filosofia e Teologia divenendo sacerdote il 27 agosto 1922. ’11 maggio 1931 Pio XI lo nominò amministratore apostolico dell’Estonia, dove Profittlich con il suo operato sostenne significativamente lo sviluppo della comunità cristiana locale. Nel novembre 1936 da Pio XI fu nominato arcivescovo titolare di Adrianopoli e nel dicembre successivo ricevette la consacrazione. A seguito dell’invasione sovietica dell’Estonia il 17 giugno 1940, quasi tutti i sacerdoti vennero arrestati: Profittlich avrebbe potuto rientrare in patria, ma scelse di restare in Estonia, con i suoi fedeli. Il 27 giugno 1941 fu arrestato e deportato a Kirov, in Russia, dove venne sottoposto a molteplici torture alle quali rispose dichiarando che l’unica sua missione era stata rivolta alla formazione religiosa dei fedeli affidatigli. Condannato a morte, morì prima dell’esecuzione della sentenza per le sofferenze del carcere.
Il beato Elia Comini, sacerdote italiano, fu invece un martire del nazifascismo, come raccontiamo più diffusamente a parte.
Si può considerare vicino al martirio anche Il vescovo di Alba Julia Áron Márton che negli anni della Seconda guerra mondiale si schierò apertamente contro le leggi razziali naziste e ed ebbe cura di profughi, esiliati ed ebrei. Nel periodo postbellico fu arrestato nel 1949, processato e condannato al carcere duro e ai lavori forzati. Soffrì molto anche fisicamente e, dopo aver lasciato la guida della sua diocesi il 2 aprile 1980 perché malato di cancro, morì qualche mese dopo.
Giuseppe Maria Leone Si distinse come confessore, direttore spirituale e predicatore di esercizi spirituali ai sacerdoti, ai seminaristi e alle religiose, contribuendo notevolmente al rinnovamento della vita religiosa e alla crescita spirituale anche dei fedeli laici. Di salute assai cagionevole, le sue condizioni peggiorarono all’inizio del 1902 e morì qualche mese dopo.
Infine Pietro Goursat, il fondatore della Comunità dell’Emmanuele,il quale visse una infanzia difficile a causa di un padre con turbe psichiche che abbandonò la famiglia. Laico consacrato, svolse una intensa attività nell’ambiente culturale francese e, riavvicinatosi al padre, sviluppò un crescente interesse per i poveri e le persone in difficoltà fisiche e mentali, dedicandosi soprattutto ai giovani minacciati dalla droga e dalla delinquenza. Morì nel 1991.