Foto di gruppo al Sinodo dei vescovi in Aula Paolo VI - Reuters
La XVI Assemblea generale del Sinodo dei vescovi si è conclusa con l’approvazione del Documento finale e, oggi, con la Messa presieduta da papa Francesco nella Basilica di San Pietro.
Nel 2021 il Papa chiese a tutte le Chiese di preparare il Sinodo avviando una consultazione sul tema: Per una Chiesa sinodale: comunione, partecipazione e missione. La fase di ascolto e il suo discernimento portarono, dopo due anni, allo strumento di lavoro che animò la Prima Sessione del Sinodo (ottobre 2023), e che si concluse con una Relazione di Sintesi. La stessa Relazione ritornò poi alle Chiese locali, permettendo di arrivare al nuovo Instrumentum laboris che abbiamo esaminato e discusso in questo ultimo mese, votando infine un Documento finale. Esso verrà ora consegnato al Papa quale frutto del cammino di questi anni, per le opportune decisioni che vorrà offrire a tutte le Chiese del mondo.
Come siamo arrivati all’approvazione del Documento? In questi giorni la stesura della prima bozza è stata rivista grazie agli emendamenti che abbiamo presentato. Sono state 951 le richieste di revisione giunte dai Circoli minori (sostituzioni, cancellazioni e riscritture), e 184 quelle individuali. Nel mio gruppo abbiamo preparato 23 emendamenti, numero che rientra nella media, tenendo conto che i Circoli minori sono complessivamente 36.
Il Documento, anche se chiamato finale, non può essere considerato definitivo, rimarrà insufficiente rispetto a quanto condiviso e, soprattutto, essendo il Sinodo un camminare insieme, in futuro avrà bisogno di passi, percorsi e tappe che lo Spirito Santo continuerà a chiedere, anche “incalzando” la Chiesa.
Proprio per questo, nel Documento, una parola chiave è conversione: quella del cuore, della pastorale, delle strutture. Tutto, in realtà, all’interno di una conversione nello Spirito, espressione richiamata continuamente per costruire uno stile sinodale nella preghiera e nella condivisione della missione.
Noi, pur essendo molti e diversi, anche solo per lingua, cultura e tradizioni, è stato stupendo constatare che tutto questo non ci divide, ma ci unisce in una «armonia delle differenze», sempre da ricreare. Per alcuni la Chiesa cambia in maniera drammatica, per altri cambia troppo poco. Altri non hanno smesso di desiderare risposte immediate. Sicuramente qualcuno rimarrà deluso.
Abbiamo parlato molto di noi stessi, è vero; di quella Chiesa ad intra che sembra dimenticarsi del mondo che la circonda. Questo però non solo non ha impedito che molte sofferenze «siano risuonate in mezzo a noi non solo attraverso i mezzi di comunicazione, ma anche nella voce di molti, personalmente coinvolti con le loro famiglie e i loro popoli in questi tragici eventi», ma ha preparato altri passi.
Abbiamo parlato di noi per guardarci dentro, per capire che cosa ci manca come Chiesa per andare davvero in missione – tutti siamo in terra di missione! – sempre gioiosi e coraggiosi nell’annunciare il Vangelo. Il cambiamento d’epoca al quale assistiamo non può essere solo una minaccia e un pericolo, ma diventi un’opportunità. Facendo esperienza concreta di sinodalità abbiamo riscoperto come cercare di essere discepoli missionari. Quindi non chiusi in noi stessi.
Tre le espressioni chiave, che chiudono in questa settimana l’esperienza del diario.
Pasqua. Il Documento sceglie di rileggere il Sinodo partendo dall’esperienza del mattino di Pasqua di Maria Maddalena, Pietro e Giovanni e di altri discepoli. Anch’essi sono diversi, e i loro passi non sono eguali nello scoprire il Risorto. Hanno fatiche e ferite da portare. Rileggo in loro il cammino sinodale che abbiamo compiuto e che rimarrà sempre un compito. Ritrovo, in loro e in noi, atteggiamenti che sono riassunti bene da alcuni termini: paura, interrogativi, ricerca, dialogo, comunità e, finalmente, stupore. Ogni parola apre un cammino da fare o da riprendere. Scoprendo, alla fine, che il Risorto c’era, anzi ci ha preceduto, come sempre.
Sinodalità. Avremo finalmente capito cosa si intende? Parola spesso incompresa e, per molti, allarmante. Ma non è così. Se non abbiamo capito che dobbiamo aiutare la Chiesa ad essere più partecipativa e missionaria, sarà sempre più difficile parlare all’umanità. Il Documento parla di stile, ma anche di processi da avviare, e non dimentica di dire che il Popolo di Dio – il Corpo di Cristo! – merita di essere convocato e ascoltato dai pastori della Chiesa, perché solo così, come battezzati, in una «corresponsabilità differenziata», contribuiremo ad evangelizzare il mondo. «Nulla più dell’Eucaristia mostra che l’armonia creata dallo Spirito non è uniformità e che ogni dono ecclesiale è destinato all’edificazione comune».
Partecipazione e ruolo delle donne. «Favorire la più ampia partecipazione possibile di tutto il Popolo di Dio ai processi decisionali è la via più efficace per promuovere una Chiesa sinodale». «Uomini e donne – scrive il Documento – godono di pari dignità nel Popolo di Dio (…) questa Assemblea invita a dare piena attuazione a tutte le opportunità già previste dal diritto».
Le parole del cardinale Víctor Manuel Fernández, prefetto del Dicastero per la Dottrina della fede, hanno chiarito «che il Santo Padre ha espresso che, in questo momento, la questione del diaconato femminile non è matura e ha chiesto che non ci intratteniamo adesso su questa possibilità». Vera preoccupazione del Papa, ha aggiunto, è che il ruolo delle donne sia riconosciuto e valorizzato, perché il loro ruolo nella Chiesa non si risolve col diaconato.
Confermo che per la grandissima maggioranza la partecipazione delle donne alla vita della Chiesa non passa dalla loro ammissione al diaconato. Tantomeno dal ministero sacerdotale. Pochissime le voci favorevoli. Convinzione comune è che la partecipazione delle donne alla vita ecclesiale, anche nei posti guida, può essere molto più importante – e più ampia – dell’attribuzione, a poche, del sacramento dell’ordine. Un Sinodo quindi ricco di passi che ne prepara tanti altri. Perché lo Spirito non si ferma, né si può fermare.
La frase. «La speranza non è l’ottimismo, ma che tutto abbia un senso» (padre Timothy Radcliffe).