lunedì 11 gennaio 2010
Cresce il numero degli Stati che hanno rapporti ufficiali con Roma: segno del ruolo sempre più importante che la Chiesa cattolica svolge nello scenario internazionale.
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È il momento dell’anno in cui risalta più solennemente il ruolo della Chiesa cattolica nello scenario «geopolitico» mondiale. Ruolo che, in base al sempre crescente numero di Paesi che vogliono intrattenere rapporti diplomatici con la Santa Sede, sembra continuare a suscitare un notevole interesse nella comunità internazionale. Oggi Benedetto XVI ha ricevuto in udienza il corpo diplomatico accreditato in Vaticano.Nel 1978 il numero di Stati con cui la Santa Sede aveva pieni rapporti diplomatici ammontava a 84. Nel 2005 erano 174. Con Benedetto XVI sono diventati 178. Nel 2006 infatti sono stati allacciati i rapporti col neonato Montenegro, nel 2007 con gli Emirati arabi uniti, nel 2008 col Botswana, lo scorso 9 dicembre infine è stata la volta della Federazione russa con cui c’erano già relazioni di natura speciale, come quelle che continuano a sussistere con l’Olp. La Santa Sede ha poi legami diplomatici con l’Unione europea e il Sovrano militare ordine di Malta, e mantiene osservatori permanenti presso le principali organizzazioni internazionali governative, come, ad esempio, l’Onu (nelle sedi di New York e Ginevra), la Fao, l’Unesco, l’Osce, il Wto e, inoltre, presso la Lega degli Stati arabi e l’Organizzazione dell’unità africana. Tra i Paesi con cui la Santa Sede ha rapporti diplomatici c’è anche la Cina-Taiwan dove però dal 1979 non risiede più un nunzio, ma solo un semplice «incaricato d’affari ad interim». E questo in attesa di poter trasferire finalmente la nunziatura a Pechino. La Cina popolare infatti è il più grande tra i Paesi che non hanno rapporti diplomatici con la Santa Sede. Ma non è il solo. A parte il Kosovo – che comunque ha uno status internazionale ancora controverso –, la Santa Sede non intrattiene ancora relazioni con sedici Stati, perlopiù asiatici, in buona parte a maggioranza islamica. In nove di questi Paesi non è presente nessun inviato vaticano (Afghanistan, Arabia Saudita, Bhutan, Cina popolare, Corea del Nord, Maldive, Oman, Tuvalu e Vietnam). Mentre sono in carica dei delegati apostolici (rappresentanti pontifici presso le comunità cattoliche locali ma non presso i governi) in altri sette Paesi: tre africani (Comore, Mauritania e Somalia) e quattro asiatici (Brunei, Laos, Malaysia, Myanmar).Con alcuni di questi paesi comunque la Santa Sede ha già avuto dei contatti formali. Alla Messa di inizio pontificato di Benedetto XVI c’erano infatti i rappresentanti di Afghanistan, Arabia Saudita, Malaysia, Oman e Vietnam. Ai solenni funerali di Giovanni Paolo II hanno inoltre garantito la loro presenza i rappresentanti del Brunei e della Somalia. Con il Vietnam sono iniziate formalmente le trattative per arrivare a pieni rapporti diplomatici – ed incoraggiante in questo senso è stata la storica visita in Vaticano del presidente Minh Triet l’11 dicembre scorso, mentre con la Cina continuano a persistere contatti ufficiosi tra personalità di alto livello della Segreteria di Stato, l’ambasciatore di Pechino presso il Quirinale e i responsabili dell’Ufficio per gli affari religiosi del regime. Da parte della diplomazia pontificia è già cominciato il lavoro per arrivare ad allacciare rapporti con l’Oman. Impenetrabili a ogni discussione sembrano permanere Stati islamici come l’Arabia Saudita, dove è tuttora ufficialmente proibito il culto cattolico, anche se è stato un segnale positivo l’udienza dal Papa del re Abdallah il 6 novembre 2007. O come le Maldive, dove non è neanche permesso l’ingresso a sacerdoti che possano assistere i numerosi turisti cattolici pure presenti nell’arcipelago.Attualmente sono una ottantina i Paesi che hanno un ambasciatore residente a Roma. Gli altri sono rappresentati in genere da diplomatici residenti in altre capitali europee. È noto infatti che la Santa Sede non accetta ambasciatori accreditati anche presso il Quirinale. Un ulteriore segnale del crescente interesse diplomatico per la Santa Sede è testimoniato dal fatto che con papa Ratzinger sono diventati "residenti" gli ambasciatori di Australia e Camerun, delle Seychelles e di Timor Est.In questo momento poi, in giro per il mondo sono in attività 101 nunzi apostolici, alcuni dei quali "coprono" più Paesi. Quasi la metà (50) sono italiani, una percentuale inferiore rispetto al passato (nel 1961 provenivano dallo Stivale 48 nunzi su 58, l’83%; nel 1978 erano 55 su 75, il 73%). E questo trend è destinato a crescere visto che, ad esempio, con Benedetto XVI sono stati elevati all’episcopato 26 nunzi di prima nomina di cui "solo" dieci italiani (il 38%). Ancora dal Belpaese comunque vengono i rappresentanti pontifici in Paesi ecclesiasticamente e/o politicamente importanti come Francia, Spagna, Stati Uniti, Argentina, Brasile, Colombia, Israele-Gerusalemme e Palestina, Russia e la stessa Italia. Gli altri nunzi provengono perlopiù dal resto dell’Europa (27, di cui sette spagnoli, sei polacchi, cinque francesi, tre svizzeri), ma anche dall’Asia (14, di cui sei dall’India e quattro dalle Filippine), dal Nord America (sei, tutti statunitensi), dall’Africa (tre) e dall’America latina (uno). Con Benedetto XVI la rete delle nunziature è stata rafforzata in Africa, dove sono state aperte due nuove sedi: in Burkina Faso nel 2007 e in Liberia nel 2008. Mentre la Libia ha deciso di dare il via libera alla costruzione di una nunziatura a Tripoli. Segni ulteriori dell’interesse – ricambiato – che la Santa Sede nutre nei confronti di un continente a volte dimenticato dai grandi.
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