Il cardinale Béchara Boutros Raï, patriarca della Chiesa maronita
In Libano la dimensione confessionale è fondamentale anche in politica, cosicché le autorità religiose hanno da dire la loro anche in campo civile e politico. Intervistare il patriarca della principale Chiesa cristiana presente in Libano, quella maronita, è quindi interessante non solo per gli aspetti più religiosi ma anche per quelli politici. Béchara Boutros Raï, a capo dei maroniti dal marzo 2011, è noto per il suo franco parlare e la chiarezza delle sue vedute. Mi riceve nel suo palazzo patriarcale di Bkerke.
In novembre lei si è recato in Arabia Saudita. In aprile è stato il presidente del Pontificio Consiglio per dialogo interreligioso, il cardinale Jean-Louis Tauran, a rendere visita ai sauditi. Solo qualche mese fa pareva impossibile…
Sono stato invitato ufficialmente dal re saudita Salman, senza richiesta alcuna. Non è la prima volta: già il re Abdallah, mi aveva invitato, ma la data stabilita cadeva proprio all’inizio del Conclave. L’importanza particolare di questa visita è stata la coincidenza con le dimissioni del primo ministro libanese. I rapporti con la sua famiglia erano stati interrotti e il presidente Aoun stava preparando un ricorso al Consiglio di sicurezza Onu. In realtà abbiamo visto giusto, perché ho portato parlare chiaramente del rientro di Hariri in Libano. Le autorità saudite convenivano, doveva rientrare; ma ero io che dovevo cercare di convincerlo, perché aveva paura. Muhammad Bin Salman mi ha suggerito di incontrare il premier a casa sua, ma ho risposto che era lui a dover venire da me, perché volevo accertarmi che fosse libero nei suoi movimenti. È venuto e ci siamo messi d’accordo che sarebbe rientrato due giorni dopo. Due settimane fa Saad Hariri, qui a Bkerke, per la prima volta pubblicamente ha detto: «Il mio rientro è dovuto al patriarca». Credo che il cardinale Tauran abbia continuato i rapporti aperti con la mia visita. La strada è ormai aperta. Io ho trascorso solo 24 ore in Arabia Saudita, perché dovevo recarmi a Roma. Ho subito incontrato il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, perché in Vaticano erano preoccupati. Ma dovevo pur fare qualcosa quando il premier libanese era dimissionario a Riad!
L’Occidente sembra voler cambiare i regimi mediorientali a proprio piacimento. Ma con la scusa di cacciare dei dittatori cerca di trarre vantaggi…
Perché gli occidentali vogliono cambiare i regimi mediorientali? Ma chi gliel’ha chiesto? Qual è stata la ragione vera per distruggere l’Iraq e oggi per smembrare la Siria? Noi cristiani sappiamo come vivere sotto tutti i regimi, in Iraq, Siria, Arabia Saudita… Questi Paesi hanno un sistema religioso di gestione del potere. I cristiani sanno che questi sono i loro limiti. La religione di Stato è l’Islam? Accettiamolo. Il Corano detta la legge? Rispettiamolo. In contropartita godiamo della fiducia delle autorità civili, perché non ci intromettiamo nelle questioni politiche.
Oggi si rischia la scomparsa dei cristiani in Medio Oriente.
La guerra nell’Iraq ci ha fatto perdere un milione di cristiani. E ti dicono: veniamo ad abbattere il tiranno di turno! Sì, d’accordo, era un tiranno, perché quando il sistema è a base religiosa il governante ha sempre una certa dose di dittatura. Ma Saddam Hussein costruiva lui stesso le chiese dei cristiani, il vescovado caldeo qui in Libano è stato edificato proprio da lui. La Siria? Conosceva un grande successo economico, mentre ora è stata indebolita da al-Qaeda, al-Nusra, dal Daesh. I dittatori sanno chi hanno nel loro Paese, per questo usano il pugno di ferro. Che cosa abbiamo ottenuto combattendo il presidente Assad? Povertà e guerre e milioni di profughi.
Cosa pensare del conflitto che oppone gran parte del mondo sunnita e sciita?
Qui in Libano tra sciiti e sunniti c’è un certo conflitto politico, ma si convive abbastanza bene. La guerra siriana è scoppiata per il contrasto tra l’Arabia Saudita e l’Iran, cioè tra i capofila del mondo sunnita e di quello sciita. Stessa cosa per Iraq e Yemen. Qui risentiamo di queste influenze. In Siria prima della guerra tutti, sunniti e sciiti, erano per il regime. Ora invece l’Arabia Saudita sta attirando tutti i sunniti e l’Iran tutti gli sciiti nelle loro sfere di influenza.
Quali le responsabilità della comunità internazionale?
La comunità internazionale applaude al Libano (“che bravo, che bravo!”) perché accoglie i migranti, ma non muove un dito per aiutarlo. Chiudere le nostre frontiere ad altri esseri umani non lo possiamo fare. Ma non è ammissibile che la comunità internazionale continui a stare a guardare. Dicono gli europei: «Ma che possiamo fare, da voi c’è la guerra!». E io dico loro: «Ma perché continuate voi a soffiare sul fuoco?». E poi ci vengono a dire come dobbiamo fare per proteggere i cristiani perseguitati! «Ma voi siete la causa di tutto questo - rispondo loro - , noi non siamo perseguitati, vivevamo e viviamo bene assieme». Ci sono state delle aggressioni, questo sì, ma non si può parlare di persecuzioni.
Il Libano è un esempio di convivenza tra fedi diverse.
Noi sappiamo come vivere in Medio Oriente. Da 1.400 anni viviamo insieme, abbiamo attraversato momenti difficili, ma siamo ancora qui. Abbiamo favorito la nascita della moderazione musulmana. Adesso gli occidentali cercano di sradicare i cristiani dai loro Paesi lavorando per la guerra. Nessuno, tranne il Papa, parla di pace. Tuttavia, qui rimane sempre la volontà di vivere insieme. Ma se si vuole che vi sia riconciliazione in Medio Oriente, bisogna che la comunità internazionale favorisca la riconciliazione tra Arabia Saudita e Iran.