lunedì 5 agosto 2024
Ogni settimana uno spazio dedicato alla riflessione personale. Oggi su cosa faremmo se potessimo rivivere momenti già vissuti. Ci comporteremmo allo stesso modo?
Abbracciarsi testimonia affetto e condivisione

Abbracciarsi testimonia affetto e condivisione - ICP

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Ce lo siamo chiesto sicuramente tutti: se potessimo rivivere i giorni passati come ci comporteremmo? I più sicuri di sé, o forse i meno sinceri, rispondono che rifarebbero esattamente le stesse cose, nel medesimo modo. Tutti gli altri, invece, guardano ai pro e ai contro delle scelte fatte e provano a immaginare strade diverse da quelle percorse, a ipotizzare dove li avrebbero portati. Esiste il rischio, naturalmente, di cedere alla nostalgia o al rimpianto, però al tempo stesso guardare indietro con una maggiore maturità può essere utile per le scelte che faremo domani. Vista con l’occhio della fede, infatti, il futuro è una via per avvicinarci a Gesù, per provare a imitarlo, a cominciare dal rapporto con gli altri. In questa riflessione la scrittrice statunitense Erma Bombeck (1927-1996) nota per la sua vena umoristica, riflette sull’importanza di vivere in pienezza il momento presente. Di formazione protestante per poi passare al cattolicesimo, nelle sue parole la fede non viene citata esplicitamente ma traspare dall’attenzione che dedica al rapporto con chi ha condiviso un tratto della propria vita con lei.

«Qualcuno mi ha chiesto giorni fa se, potendo rinascere, avrei vissuto la vita in maniera diversa. Lì per lì ho risposto di no, poi ci ho pensato un po’ su e…Potendo rivivere la mia vita, avrei parlato meno ed ascoltato di più. Non avrei rinunciato ad invitare a cena gli amici soltanto perché il mio tappeto aveva qualche macchia e la fodera del divano era stinta. Avrei mangiato briciolosi panini nel salotto buono e mi sarei preoccupata molto meno dello sporco prodotto dal caminetto acceso. Avrei trovato il tempo di ascoltare il nonno quando rievocava gli anni della sua giovinezza. Non avrei mai preteso in un giorno di estate, che i finestrini della macchina fossero alzati perché avevo appena fatto la messa in piega. Non avrei lasciato che la candela a forma di rosa si sciogliesse, dimenticata, nello sgabuzzino. L’avrei consumata io a forza di accenderla.
Mi sarei stesa sul prato con i bambini senza badare alle macchie d’erba sui vestiti. Avrei pianto e riso di meno guardando la televisione e di più osservando la vita. Avrei condiviso maggiormente le responsabilità di mio marito. Mi sarei messa a letto quando stavo male, invece di andare febbricitante al lavoro, quasi che, mancando io dall’ufficio, il mondo si sarebbe fermato. Invece di non vedere l’ora che finissero i nove mesi della gravidanza, ne avrei amato ogni attimo, consapevole del fatto che la cosa stupenda che mi viveva dentro era la mia unica occasione di collaborare con Dio alla realizzazione di un miracolo. A mio figlio che mi baciava con trasporto non avrei detto: «Su, su, basta. Va a lavarti che la cena è pronta».
Avrei detto più spesso: “Ti voglio bene” …ma soprattutto, potendo ricominciare tutto daccapo, mi impadronirei di ogni minuto…lo guarderei fino a vederlo veramente…lo vivrei…e non lo restituirei mai più».

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