La mensa diocesana di Oppido Mamertina-Palmi - .
"Camminavo nella tendopoli del paese, dove abitano centinaia di migranti in attesa del permesso di soggiorno. A un certo punto, in un angolo, ho visto un ragazzo: stava cucinando pasta e fagioli in una pentola lurida, completamente annerita. Sono rimasto impressionato e ho detto: dobbiamo fare qualcosa". Il diacono Michele Vomera, direttore della Caritas calabrese di Oppido Mamertina-Palmi, racconta così la scintilla che ha acceso l’idea di creare una mensa diocesana a San Ferdinando, paesino della città metropolitana di Reggio Calabria, a due passi da Rosarno e dal porto di Gioia Tauro.
Era il 2019. L’intuizione di Vomera si concretizzerà un anno dopo, grazie ai fondi dell’8xmille alla Chiesa cattolica: circa 115mila euro, ricevuti tra il 2020 e il 2022, che hanno finanziato l’acquisto di tutte le attrezzature per una cucina solidale allestita nei locali messi a disposizione dalle Suore della Carità di Santa Giovanna Antida. Oggi la mensa funziona a pieno regime: conta 100 posti a sedere e, grazie a 40 volontari, distribuisce 400 pasti alla settimana a persone fragili e in difficoltà economica. Fin dalla sua inaugurazione, in piena pandemia, ha attivato un servizio da asporto che ancora oggi vede giovani volontari fare la spola tra la cucina e i bisognosi, compresi quelli della tendopoli di San Ferdinando da cui è partito il progetto.
"La nostra diocesi - spiega Vomera - è piccola: ha circa 175mila abitanti e 66 parrocchie. Sul territorio i migranti costituiscono il 6% della popolazione ma vivono separati dal resto della società, in punti ben precisi e riconoscibili della città, per esempio nella tendopoli di San Ferdinando, a contrada Russo a Taurianova o nel villaggio della solidarietà di Rosarno. Qui le persone arrivate in Italia non riescono a integrarsi e sono letteralmente messe da parte. Forse anche per questo all’inizio molti non si aspettavano che i migranti avrebbero accettato da noi un piatto di pasta; c’era l’idea che preferissero cucinare le ricette tipiche della loro cultura. Invece non c’è mai stato nessun problema, abbiamo sempre ricevuto complimenti e ringraziamenti. E oggi nel menù, oltre alle preparazioni della cucina italiana, abbiamo aggiunto anche qualche piatto tipico africano".
Ma in diocesi non ci sono solo stranieri e tra gli italiani la Caritas si interessa soprattutto ai numerosi anziani dei paesini dell’entroterra che vivono il fenomeno dello spopolamento. "A molte persone che frequentano la mensa - dice Vomera - non manca il pasto ma affetto, dialogo e supporto. Ricordo il caso di Enrico: mi raccontò di un problema di salute che non riusciva a superare per un intoppo burocratico; ne abbiamo parlato a tavola e lo abbiamo aiutato a risolvere attivando una rete proprio come si farebbe per un amico".
Da qualche anno a Gioia Tauro la diocesi, su impulso delle quattro parrocchie locali che hanno anche offerto gli spazi di un ex asilo, ha voluto anche un emporio della solidarietà, un piccolo supermercato dove le famiglie possono fare la spesa in materia autonoma. L’emporio, reso possibile anche dai fondi dell’8xmille alla Chiesa cattolica e aperto tre giorni alla settimana, sostituisce la distribuzione dei pacchi alimentari ai bisognosi e, più che un servizio assistenzialista, assomiglia a un piccolo negozio di vicinato dove le persone prese in carico dai Centri di ascolto Caritas possono acquistare prodotti alimentari, di pulizia e igiene usando un’apposita carta a punti. "L’approccio è molto diverso - ci spiega il direttore Caritas - perché le persone possono scegliere quello di cui hanno realmente bisogno, evitano sprechi e si vedono restituita la loro autonomia". L’esperimento funziona e la Caritas sta attualmente pensando di aprire succursali in altre località.
All’emporio la Caritas aggiungerà presto anche un negozio di vestiti (nuovi o in ottimo stato) dove gli utenti potranno comprare pantaloni e magliette al prezzo simbolico di 1 euro al pezzo. L’ennesimo anello di una catena di solidarietà che la mensa e l’emporio hanno innescato sul territorio. Attualmente, per esempio, la Caritas sta studiando come recuperare le eccedenze alimentari collaborando con alcune catene di grande distribuzione e ha attivato una cooperazione con aziende locali che da un lato donano materie prime importanti per le attività di ristorazione e dall’altro si prestano a ospitare giovani per un percorso lavorativo.
"Sul territorio della nostra diocesi il lavoro nero è dappertutto", spiega il direttore della Caritas che non a caso ha dedicato gli ultimi progetti 8xmille al contrasto di impieghi precari e irregolari. "Abbiamo permesso ad alcuni ragazzi di inserirsi in aziende in regola e di avviare stage di minimo sei mesi per approcciarsi al mondo del lavoro. Ha funzionato: la metà dei 21 tirocini attivati finora si è trasformata in un contratto a tempo indeterminato".