mercoledì 11 marzo 2015
Lectio magistralis del Segretario di Stato sulla pace. «Maggiore democratizzazione». E lancia la proposta di un Ufficio per la mediazione pontificia. IL TESTO
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C'è "una certa indifferenza" della comunità internazionale rispetto ai conflitti in corso. Ad esempio "il conflitto in Siria che continua ad essere devastante non attira più l'attenzione che attirava in un primo momento". E il rischio è che queste situazioni "incancreniscano". Così il segretario di Stato vaticano, Pietro Parolin, è intervenuto con una Lectio Magistralis (IL TESTO) alla giornata di studio "La pace: dono di Dio, responsabilità umana, impegno cristiano" alla Pontificia Università Gregoriana. A proposito della riforma delle Nazioni Unite, ha osservato Parolin, "finora piuttosto ci si è limitati a prendere atto che lo scenario mondiale è cambiato, che non ci sono più, diciamo, gli attori di un tempo, che ne sono apparsi altri. Le soluzioni ancora non si sono trovate, o per lo meno non sono state decise e accettate". "Noi continuiamo a insistere su questo - ha proseguito -, ogni volta che ci è data la possibilità ma sinora nulla è cambiato. Speriamo che davvero si vada avanti, perché ci sembra che l'Onu possa essere uno strumento valido per gestire le questioni, questo lo abbiamo sempre detto, lo crediamo, però un'Onu rinnovata rispetto alla nuova realtà alla quale ci troviamo di fronte", che è quella post-guerra fredda. Quindi la riforma, secondo il card. Parolin, va riformata nel senso di riconoscere il "ruolo di altri paesi, dell'allargamento delle responsabilità": "lì ci sono tutti dei meccanismi che sono stati previsti - ha spiegato -, ma in questo senso, nel senso di una maggiore democratizzazione dell'Onu".Per quanto riguarda il ruolo della Santa sede, il Segretario di Stato ha detto che essa non deve essere un attore che promuova concretamente la “fraternità” e la “convivenza” tra i popoli attraverso le regole del diritto internazionale.  L'azione diplomatica della Sante Sede, ha aggiunto, si muove su due binari: anima e ragione. Il Diritto canonico, che regola tra l’altro la funzione degli “ambasciatori del Papa” nel mondo, ha sempre voluto conciliare le “ragioni ecclesiali” della diplomazia vaticana con il “pieno inserimento” di quest’ultima “nelle regole che governano i rapporti internazionali”.
La Santa Sede, ha ricordato il segretario di Stato, “opera sullo scenario internazionale non per garantire una generica sicurezza ma per sostenere un’idea di pace frutto di giusti rapporti, di rispetto delle norme internazionali, di tutela dei diritti umani fondamentali ad iniziare da quelli degli ultimi, i più vulnerabili”.
Diversa, ha rilevato il cardinale Parolin, è invece l’idea di pace sostenuta dal diritto internazionale contemporaneo, dove sia pure tacitamente si mantengono riferimenti alla guerra. “I fatti e le atrocità di questi giorni”, ha osservato, domandano a Stati e istituzioni intergovernative “di operare per prevenire la guerra in ogni sua forma”, dando consistenza “a norme in grado di sviluppare, attualizzare e soprattutto imporre quegli strumenti già previsti dall’ordinamento internazionale per risolvere pacificamente le controversie e scongiurare il ricorso alle armi. Mi riferisco – ha detto il porporato – al dialogo, al negoziato, alla trattativa, alla mediazione, alla conciliazione”.
Parlando poi dei temi “caldi” del disarmo, della protezione delle minoranze religiose, tra cui quelle cristiane tra le più perseguitate – e ripetendo che il ricorso alla forza “nel disarmare l’aggressore” deve essere considerato l’“estrema ratio della legittima difesa” – il cardinale Parolin ha lanciato una proposta affinché, così come in passato con Giovanni Paolo II, “nell’opera di riforma avviata dal Santo Padre ritrovi spazio nella Segreteria di Stato un Ufficio per la mediazione pontificia che possa fare da raccordo – ha spiegato – tra quanto sul terreno già svolge la diplomazia della Santa Sede nei diversi Paesi e parimenti collegarsi alle attività che in tale ambito portano avanti le Istituzioni internazionali”.
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