mercoledì 21 agosto 2024
Il segretario di Stato vaticano a Tortolì nell’ambito di una rassegna organizzata dalle diocesi di Lanusei e Nuoro. «Ogni sofferente si senta accolto. Portiamo il messaggio di Cristo a tutti»
Il cardinale Pietro Parolin

Il cardinale Pietro Parolin - A.Candido

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«Quel che ho sempre cercato di fare è evitare che il servizio in segreteria di Stato si risolva nell’esecuzione asettica di mansioni burocratiche, e resti invece quel che deve essere: un impegno pastorale, cioè attento alle persone e alle loro necessità. La nostra è una diplomazia di sacerdoti. Come diceva il mio predecessore cardinale Tardini, ricordiamo che dentro ogni pratica c’è un’anima». Le serate sotto le stelle nell’Anfiteatro Caritas di Tortolì (Nuoro), davanti a qualche centinaio di turisti e di gente del posto, tutti coinvolti dal clima di ascolto e di riflessione personale che si crea, ispirano sempre pensieri a cuore aperto. E il cardinale Pietro Parolin non si sottrae al consolidato stile della rassegna di Pastorale del turismo, di cui è appena stato ospite, organizzata dalle diocesi di Lanusei e Nuoro su impulso del vescovo di entrambe, Antonello Mura. Serate che nascono attorno a un tema generale – quest’anno “Avere cuore” – e che convocano intellettuali e artisti, teologi e attori, uomini di Chiesa e bibliste (poche sere fa un dialogo sulle donne con il cardinale Zuppi e Rosanna Virgili), ciascuno con la propria storia di fede o di ricerca, uno sguardo globale oppure centrato sulla Sardegna, periferia dalla quale si coglie meglio il centro della realtà.

Zaccuri, a sinistra, e il vescovo Mura

Zaccuri, a sinistra, e il vescovo Mura - A.Candido

«Vorrei che in questa proposta estiva si possa incontrare il cuore della Chiesa dentro il cuore del mondo – spiega Mura, che è anche presidente dei vescovi sardi e componente dell’assemblea sinodale – sentendoci cittadini e credenti con un respiro universale». Dieci anni di episcopato in Ogliastra (gli ultimi cinque anche in Barbagia), tanti quanti quelli dell’incarico vaticano di Parolin, ma anche pari al numero di edizioni di questa idea estiva dal sapore ecclesiale e culturale, che ha eco ormai ben oltre i confini delle due diocesi e richiama anche le istituzioni locali, come documenta l’intervento alla serata con Zuppi della neo-governatrice Alessandra Todde, presente anche alla serata col segretario di Stato.

La chiacchierata distesa ma impegnata del cardinale – con Alessandro Zaccuri, firma ben nota ai lettori di Avvenire e responsabile comunicazione dell’Università Cattolica, a intervistarlo sulla Chiesa e il mondo di oggi – ha permesso di conoscere l’uomo oltre il personaggio pubblico, il sacerdote dentro il suo ruolo di primo collaboratore del Papa, dopo la Messa celebrata in piazza a Santa Maria Navarrese per l’Assunta, tra sonorità e costumi tradizionali ogliastrini.

Un ambiente che di suo porta all’essenziale. «Il Papa ci spinge a vivere la prossimità prendendo a cuore ogni situazione – spiega Parolin, sotto il cielo di Tortolì –. E in segreteria di Stato cerchiamo nella misura del possibile di dare risposte a tutti quelli che si rivolgono a noi, perché ognuno si senta accolto nelle sue esigenze».

Anime, non carte. E così è per la pace. Meno di un mese fa il viaggio in Ucraina «per portare la vicinanza del Papa e della Chiesa». Ma il lavorìo diplomatico della Santa Sede sta producendo qualcosa? «A volte – confida il cardinale – ci si sente impotenti, un sentimento che personalmente provo spesso di fronte a tentativi che sembrano non dare frutto. Ma so che la pace è dono di Dio e impegno degli uomini, e il Papa continua a ripeterci che è una costruzione artigianale, giorno per giorno, a partire dalla base. La Santa Sede è impegnata soprattutto sul meccanismo al quale ha lavorato il cardinale Zuppi a Mosca e Kiev per la restituzione dei bambini, che funziona, lentamente ma funziona. Le due nunziature si scambiano liste di bambini, riscontrandole con le rispettive autorità locali. Siamo molto attivi anche nello scambio dei prigionieri di guerra e nell’insistenza con le parti perché siano trattati con umanità». Artigianato diplomatico poco appariscente ma di grande sostanza.

Così come un aspetto che Parolin inserisce a sorpresa tra gli ingredienti della pace, e che ci riguarda tutti da vicino. «Noi cristiani abbiamo una grande responsabilità: costruire comunità che vivono la comunione e la pace al loro interno, perché siano modelli davanti a una società divisa. Mostriamo che è possibile vivere in pace e fraternità». Determinante perché le comunità cristiane siano luoghi attraenti ispirati alla riconciliazione è che «ogni sofferente si senta accolto nella Chiesa», con una «grande attenzione verso tutte le piaghe del nostro tempo». A Zaccuri che lo porta a riflettere sui segni dell’ospedale da campo evocato da Francesco, Parolin risponde parlando della «vicinanza necessaria oggi alle vite, alle anime e ai corpi sofferenti. Dello stile del Samaritano, che si ferma sul ciglio delle strade del mondo, il Papa parla con un’insistenza di cui va fatto tesoro». E detto da chi il Pontefice lo incontra quasi ogni giorno è un’indicazione tutt’altro che rituale.

Ma attenzione. «Nel più grande rispetto verso tutti e verso ogni situazione – aggiunge il segretario di Stato vaticano – la Chiesa ha il dovere di proporre le esigenze evangeliche: la santità vale per tutti, e la Chiesa ha il compito di indicare la strada verso la pienezza di Cristo e del Vangelo. Accogliere e far crescere attraverso cammini di conversione: sono due aspetti che non vanno separati. E in fondo credo sia quello che la gente in cuor suo si attende dalla Chiesa».

Naturale a questo punto che, interpellato sul Sinodo e sulla vocazione dei laici oggi, emerga nel pensiero di Parolin «la responsabilità di tutti i credenti nell’annuncio del Vangelo. Il Sinodo non è un Parlamento ma una assunzione da parte di tutti dell’impegno di evangelizzare. Oggi l’annuncio del Vangelo è un tema fondamentale, dobbiamo sentire tutta l’urgenza di proporre al mondo il messaggio di Cristo, perché è la risposta all’uomo di oggi e di sempre. La sinodalità è un attrezzarci a essere annunciatori nel mondo di oggi». Questa è l’essenza, che fa pulizia di «ogni idea bislacca» in materia. Parolin confessa in proposito «una piccola preoccupazione: che oggi si dimentichi la vocazione fondamentale dei laici, il loro compito specifico. Cioè la trasformazione della realtà secondo il Vangelo, con tutte le difficoltà che questo comporta nella grande complessità del mondo attuale». Dentro questo orizzonte, è indispensabile per il segretario di Stato che cresca il ruolo delle donne e «si crei una mentalità nuova modificando un paradigma consolidato. Le cose nella Chiesa stanno cambiando: occorre tempo, senza inseguire risultati immediati, come sembra richiesto dal nostro che è il tempo della fretta».

L’orizzonte delle riflessioni di Parolin sta tutto dentro la prospettiva nella quale – e non a caso, si capisce meglio ora – il Papa ha posto la Chiesa nel suo avvicinamento al Giubileo dedicandolo a un tema chiave come la speranza, «quella che intende san Paolo – precisa Parolin –, lo “sperare contro ogni speranza”». In che cosa consiste oggi? «Nell’affidarsi al Signore, alle sue promesse, alla sua parola. C’è un grande vuoto di speranza di fronte alla situazione del mondo: uno dei grandi segni è l’incapacità di generare vita, con l’apertura sul futuro che viene meno, ed è una delle cause della denatalità di massicce dimensioni che vediamo». E allora «per noi cristiani si tratta di riproporre il cammino della speranza, secondo Charles Peguy la più piccola delle virtù ma tanto forte da tenere in piedi le altre. Confidiamo più che mai sulla volontà di Dio di salvare gli uomini e di renderli felici». Vale in particolare per i giovani, nei quali «occorre far emergere le domande fondamentali, quelle sul senso della vita, rimosse da una società che li spinge a focalizzarsi sul presente producendo mancanza di profondità e un diffuso accontentarsi di vivere senza saper il perché né chiedersi quale sia». Proprio ora servono «risposte di vita, non teoriche o intellettuali, certi che la speranza cristiana dà senso all’esistenza di tutti».

C’è dentro chi crede un tesoro nascosto (oggi forse troppo), ed è quello che Parolin ricorda rispondendo al vescovo Mura che gli chiede come organizza le sue giornate: «Tempo per me non ce n’è – sorride il cardinale –, quello che è essenziale è il tempo per la preghiera: è la nostra garanzia perché svolgiamo ogni servizio e ogni compito con quell’animo che nasce solo dal rapporto personale con il Signore».

Le serate della Pastorale del turismo nelle due diocesi della Sardegna orientale (per Nuoro a La Caletta) proseguono con il premio “Persona Fraterna” assegnato a don Luigi Ciotti, in una serata di cui è stato protagonista domenica 18 agosto, e ancora, sino a inizio settembre, con ospiti e testimoni come Beniamino Zuncheddu, i procuratori Roberto Sparagna e Rodolfo Maria Sabelli (intervistati da Toni Mira), Salvatore Attanasio, padre di Luca, Oscar Farinetti, e poi suor Alessandra Smerilli, Nando Pagnoncelli e Giorgio Zanchini in dialogo con Nello Scavo, ma anche con due serate di teatro e riflessione dedicate alle figure di don Lorenzo Milani e Gigi Riva.

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