La “colpa più grave” di Giuda “fu la falsità, che è il marchio del diavolo”. Così Benedetto XVI si è rivolto ieri ai fedeli, dal palazzo apostolico di Castel Gandolfo, prima della recita dell’Angelus, invitando, per intercessione di Maria, “a credere in Gesù, come san Pietro, e a essere sempre sinceri con Lui e con tutti”. Facendo riferimento al brano evangelico del giorno, il Pontefice ha ripreso “la reazione dei discepoli” al discorso - meditato nelle scorse domeniche - sul “pane della vita”, “che Gesù pronunciò nella sinagoga di Cafarnao dopo aver sfamato migliaia di persone con cinque pani e due pesci”. “L’evangelista Giovanni - che era presente insieme agli altri Apostoli - riferisce che ‘da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui’”, ricorda il Papa, “perché non credettero alle parole di Gesù che diceva: Io sono il pane vivo disceso dal cielo, chi mangia la mia carne e beve il mio sangue vivrà in eterno”. Parole, ha aggiunto a braccio, “difficilmente accettabili e comprensibili”: infatti “questa rivelazione rimaneva per loro incomprensibile, perché la intendevano in senso solo materiale, mentre in quelle parole era preannunciato il mistero pasquale di Gesù, in cui Egli avrebbe donato se stesso per la salvezza del mondo”.
“Vedendo che molti dei suoi discepoli se ne andavano, Gesù - riporta papa Benedetto - si rivolse agli Apostoli dicendo: ‘Volete andarvene anche voi?”. Da qui la risposta di Pietro - “Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio” - ma anche la reazione di Giuda, che “avrebbe potuto andarsene, come fecero molti discepoli; anzi, avrebbe dovuto andarsene, se fosse stato onesto”. Invece Giuda “rimase con Gesù” perché “si sentiva tradito, e decise che a sua volta lo avrebbe tradito”: egli “era uno zelota, e voleva un Messia vincente, che guidasse una rivolta contro i romani. Ma Gesù aveva deluso queste attese”.