venerdì 11 dicembre 2015
Il Papa ha abolito con un "motu proprio" le parcelle degli avvocati rotali e restituito ai vescovi diocesani il potere decisionale in determinati casi.
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Papa Francesco ha abolito con un "motu proprio" le parcelle degli avvocati rotali. Da oggi in poi, infatti, chi ricorre al supremo tibunale che giudica in terzo grado le cause delle nullità matrimoniali avrà un difensore "ex officio" e nel caso sia abbiente dovrà semplicemente versare un'offerta "a favore delle cause dei poveri". Il Pontefice inoltre ha abrogato il "motu proprio" di Pio XI "Qua cura" che offriva un appiglio per mantenere i tribunali interdiocesani in Italia e non restituire ai vescovi diocesani il potere di decidere essi stessi come giudici nelle cause nelle quali le ragioni di nullità siano più evidenti.​ Nel pomeriggio del 7 dicembre il Santo Padre ha firmato il seguente Rescritto ex audientia sul compimento e l’osservanza della nuova legge del processo matrimoniale: L’entrata in vigore – in  felice coincidenza con l’apertura del Giubileo della Misericordia – delle Lettere apostoliche in forma di Motu proprio «Mitis Iudex Dominus Iesus» e «Mitis et Misericors Iesus» del 15 agosto 2015, date per attuare la giustizia e la misericordia sulla verità del vincolo di quanti hanno sperimentato il fallimento matrimoniale, pone, fra l’altro, l’esigenza di armonizzare la rinnovata procedura nei processi matrimoniali con le Norme proprie della Rota Romana, in attesa della loro riforma. Il sinodo dei Vescovi recentemente concluso ha espresso una forte esortazione alla Chiesa affinché si chini verso «i suoi figli più fragili, segnati dall’amore ferito e smarrito» (Relatio finalis, n. 55), ai quali occorre ridonare fiducia e speranza.
Le leggi che ora entrano in vigore vogliono proprio manifestare la prossimità della Chiesa alle famiglie ferite, desiderando che la moltitudine di coloro che vivono il dramma del fallimento coniugale sia raggiunta dall’opera risanatrice di Cristo, attraverso le strutture ecclesiastiche, nell’auspicio che essi si scoprano nuovi missionari della misericordia di Dio verso altri fratelli, a beneficio dell’istituto familiare.
Riconoscendo alla Rota Romana, oltre al munus ad essa proprio di Appello ordinario della Sede Apostolica, anche quello di tutela dell’unità della giurisprudenza (art. 126 § 1 Pastor Bonus) e di sussidio alla formazione permanente degli operatori pastorali nei Tribunali delle Chiese locali, stabilisco quanto segue:
Le leggi di riforma del processo matrimoniale succitate abrogano o derogano ogni legge o norma contraria finora vigente, generale, particolare o speciale, eventualmente anche approvata in forma specifica (come ad es. il Motu Proprio Qua cura, dato dal mio Antecessore Pio XI in tempi ben diversi dai presenti).
II. 1) Nelle cause di nullità di matrimonio davanti alla Rota Romana il dubbio sia fissato secondo l’antica formula: An constet de matrimonii nullitate, in casu.
    2) Non si dà appello contro le decisioni rotali in materia di nullità di sentenze o di decreti.
    3)Dinanzi alla Rota Romana non è ammesso il ricorso per la N.C. P. (Nova Causae Propositio), dopo che una delle parti ha contratto un nuovo matrimonio canonico, a meno che consti manifestamente dell’ingiustizia della decisione.
    4) Il Decano della Rota Romana ha la potestà di dispensare per grave causa dalle Norme Rotali in materia processuale.
    5) Come sollecitato dei Patriarchi delle Chiese Orientali, è rimessa ai tribunali territoriali la competenza sulle cause iurium connesse con le cause matrimoniali sottoposte al giudizio della Rota Romana in grado d’appello.
    6) La Rota Romana giudichi le cause secondo la gratuità evangelica, cioè con patrocinio ex officio, salvo l’obbligo morale per i fedeli abbienti di versare un’oblazione di giustizia a favore delle cause dei poveri.
Possano i fedeli, soprattutto i feriti e infelici, guardare alla nuova Gerusalemme che è la Chiesa come «Pace della giustizia e gloria della pietà» (Baruc 5, 4) e sia loro concesso, ritrovando le braccia aperte del Corpo di Cristo, di intonare il Salmo degli esuli (126, 1-2): «Quando il Signore ricondusse i prigionieri di Sion, ci sembrava di sognare. Allora la nostra bocca si aprì al sorriso, la nostra lingua si sciolse in canti di gioia».
 
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