L’obiettivo della riforma dei processi per la nullità matrimoniale era già stata indicato con chiarezza dal Papa nel
Motu proprio pubblicato lo scorso settembre ed entrato in vigore il giorno dell’Immacolata: la salvezza delle anime e la vicinanza alle persone in difficoltà per il fallimento del proprio matrimonio. Ieri, con il “Rescritto” che definisce meglio la nuova norma e chiarisce alcuni passaggi, Francesco ribadisce che la Chiesa vuole manifestare «prossimità alle famiglie ferite, desiderando che la moltitudine di coloro che vivono il dramma del fallimento coniugale sia raggiunta dall’opera risanatrice di Cristo». Un impegno coerente con l’Anno giubilare della misericordia e con le indicazioni del Sinodo che aveva sollecitato la Chiesa a chinarsi «verso i suoi figli più fragili, segnati dall’amore ferito e smarrito». In questa prospettiva il Papa, con il “Rescritto” di ieri ha innanzi tutto abrogato le norme precedenti, compreso il
Motu proprio di Pio XI del 1938 che istituiva in Italia i tribunali regionali. Chiarita la questione – che aveva suscitato un ampio dibattito nei mesi scorsi, con richieste di chiarimenti piovute da più parti sul Pontificio Consiglio per i testi legislativi – la parola passa ora ai singoli vescovi che avranno ampia facoltà di istituire un proprio tribunale diocesano o di accordarsi per la creazione di strutture interdiocesane, come indicato dal
Motu proprio di papa Francesco. E gli attuali Tribunali regionali? Facile prevedere che in alcune regioni ecclesiastiche saranno trasformati in “interdiocesani”, in altre la decisione potrebbe essere diversa. I criteri da seguire saranno probabilmente di carattere pastorale, ma anche logistico ed economico. Obiettivo primario in ogni caso, come indica il
Motu proprio, quello di assicurare quella vicinanza umana e quella celerità di intervento nella logica dell’accoglienza e dell’ascolto delle fragilità. Ma certo sarà posta ogni attenzione per non disperdere il tesoro di competenze e di professionalità accumulato da tante realtà giuridiche della Chiesa italiana. Altro importante punto, nel secondo paragrafo del “Rescritto”, quello che prevede per la Rota Romana la “gratuità evangelica”. Unica eccezione «i fedeli abbienti» che avranno l’obbligo – ma solo morale – di versare una quota «a favore delle cause dei poveri». Si può dire che, in questo caso, la Santa Sede si adegua alle scelte della Chiesa italiana che, già dal 2001, aveva previsto il gratuito patrocinio per le persone con difficoltà economiche. E, per tutte le altre coppie, un tetto massimo di 500 euro. Ma anche per la definizione di questi aspetti economici occorrerà attendere le decisioni delle varie regioni ecclesiastiche. Oggi la Cei copre l’80 per cento delle spese relative ai Tribunali ecclesiastici. Gli altri punti del documento diffuso ieri sono molto più tecnici e riguardano esclusivamente la Rota. Il Papa stabilisce tra l’altro che nelle cause di nullità davanti al Tribunale di terzo grado «il dubbio sia fissato secondo l’antica formula
An constet de matrimonii nullitate, in casu ». Il riferimento è al cosiddetto dubbio generico, che esclude cioè la formulazione specifica dell’eventuale motivo di nullità da verificare. Inoltre viene stabilito che «non si dà appello contro le decisioni rotali in materia di nullità di sentenze o di decreti». Si tratta dei casi in cui la Rota interviene in merito all’ipotesi che una sentenza emessa da un tribunale diocesano sia nulla. In questa eventualità la sua decisione non sarà più appellabile presso la Segnatura Apostolica. Altre disposizioni del “Rescritto” riguardano il ricorso di una delle parti «ha contratto un nuovo matrimonio canonico » e i poteri del decano della Rota.