sabato 21 gennaio 2017
Il presidente della Cei con Sorrentino Napolioni e Giulietti al convegno Agesci nel centesimo dello scautismo cattolico: Dio ci recupera nelle cadute
Bagnasco agli scout: La fede non è un'idea o una scuola di fraternità
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«Dobbiamo essere attenti nel nostro servizio a non naturalizzare il Vangelo. Il rischio di togliere la dimensione soprannaturale. La verità è Cristo che dà volto ai nostri volti, a quello dei nostri ragazzi , è il nostro compagno di viaggio, è il nostro destino». L’appello del cardinale Angelo Bagnasco si alza nella Cattedrale di San Rufino ad Assisi. Parla da presidente della Cei, ma parla anche da scout («Lo può scrivere sicuramente», ci dice).

Con lui i vescovi di Assisi-Nocera Umbra-Gualdo Tadino, l’arcivescovo Domenico Sorrentino e di Cremona, Antonio Napolioni, e l’ausiliare di Perugia- Città della Pieve, Paolo Giulietti, questi ultimi due anche loro scout. Ad ascoltare Bagnasco oltre trecento capi dell’Agesci, i 'vertici' della maggiore associazione scautistica italiana, più di 180mila iscritti, riuniti ad Assisi per tre giorni per il il convegno nazionale in occasione del centenario dello scautismo cattolico italiano. «Con l’aiuto di Dio prometto sul mio onore» è il tema dell’incontro, prima frase della 'Promessa scout'.

Ed è ai suoi 'fratelli scout' che il cardinale Bagnasco si rivolge, con molti riferimenti al mondo col fazzolettone. «È una strada in montagna, è un’arrampicata difficile, ma Dio ci ha detto che è la vita, la luce. E allora nulla è impossibile anche perché Dio ci recupera nelle nostre cadute. Senza questo è impossibile essere cristiani». Ma il cardinale parla anche da presidente dei vescovi italiani. E parla soprattutto all’associazione. «Fondamentale è la vita del Vangelo, della preghiera, della Chiesa.

In Chiesa mi sento a casa mia. Non si può avere Dio come padre se non si ha la Chiesa come madre. La fede è la fede della Chiesa e non può prescindere dalla Chiesa, che discende da quella dei 'dodici'. O è quella dei 'dodici' o è altra cosa». Parole molto apprezzate dai responsabili dell’Agesci. «A lei va il nostro grazie, come ai tanti vescovi e sacerdoti che ci hanno seguito in questi cento anni, nei giorni di sereno e in quelli di pioggia» dice l’assistente nazionale padre Davide Brasca. «Il messaggio che riceviamo dal cardinale Bagnasco -–commenta il presidente nazionale dell’Agesci, Matteo Spanò – è di tornare sulle strade con attenzione, senza farsi distrarre dal momento ma andando a trovare momenti di silenzio, di approfondimento, di riscoperta del senso. È bello e molto positivo il messaggio che ci viene offerto, è un dono, una grazia perché ci permette di ribadire che l’educazione ha i tempi lunghi e noi dobbiamo metterci insieme ai nostri ragazzi in cammino». «È molto importante l’invito a non naturalizzare il Vangelo – aggiunge la presidente nazionale, Marilina Laforgia – perché il rischio è reale, indotto dal contesto culturale.

Ci ha fatto davvero sentire la necessità di insistere su questa strada». L’invito di Bagnasco giunge dopo un’analisi che tocca tre punti. Il primo è la «cultura della distrazione», quella del «si dice, si pensa, si fa. Il pensiero unico che stabilisce ciò che si deve fare e ciò che non si deve fare». Poi c’è la domanda: «Ci siamo dimenticati qualcosa? ». «Sono le domande radicali che non riguardano il come ma il perché. Stiamo perdendo il gusto di interrogarci sul perché della vita. Domande che sono dentro di noi, niente e nessuno le potrà cancellare». La risposte, insiste il cardinale, «è accogliere la luce, è accogliere il Verbo di Dio, il pensiero di Dio. Perché la fede non può essere ridotta a un’idea o a una scuola di fraternità. È molto di più. È la luce vera che cambia la vita, che indica la strada della verità contro la menzogna».

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