sabato 22 gennaio 2022
L'esegeta e prorettore della Lateranense: l'intuizione del Papa ci porta a riconoscere l'importanza dell'incontro e dell'ascolto, andando alla radice della fede cristiana, specie in tempo di pandemia
La Domenica della Parola di Dio, per riconoscere l’essenziale
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Alcune coincidenze sembrano tali ma impongono comunque riflessioni per ciascuno. La prima Domenica della Parola di Dio è stata celebrata tre anni fa, alle porte della pandemia che continua a imperversare nel mondo, come se ai credenti in Cristo fosse stato consegnato l'antidoto per affrontare una guerra planetaria, oggi in pieno svolgimento. Contro superficiali letture apocalittiche, la Parola di Dio non ha però nulla a che vedere con il Covid, ma permette ai credenti di lasciarsi guidare dallo stesso Spirito che la anima.

Alla pandemia, che ha offuscato la Domenica della Parola, si è aggiunto un diffuso scetticismo pastorale e comunitario: se ogni domenica è incontro con la Parola, quale sarebbe la necessità di celebrare una Domenica a tema? Questo atteggiamento nasconde alcuni fraintendimenti deleteri. La Domenica della Parola di Dio (non della Sacra Scrittura, né semplicemente della Bibbia) non è come la domenica della mamma, del papà o dei nonni, per citare alcune tra le feste più note. Piuttosto, si dedica una Domenica alla Parola di Dio affinché questa occupi lo spazio e il ruolo che le spettano nella vita dei credenti e di ogni comunità ecclesiale. Come si legge in "Aperuit illis" (al n.8), la lettera di papa Francesco che nel settembre 2019 annunciava l'istituzione di questa Domenica, essa «non vuole essere non "una volta all'anno" ma una volta per tutto l'anno, perché abbiamo urgente necessità di diventare familiari e intimi della Sacra Scrittura e del Risorto, che non cessa di spezzare la Parola e il Pane nella comunità dei credenti».

Tra l'incontro, l'essenza e il mistero si declina questa terza Domenica da dedicare alla Parola. Nell'incontro il primato è conferito all'ascolto di fronte a fenomeni diffusi di scontri sociali, etnici e generazionali. La pandemia sta consegnando alle cronache le notevoli difficoltà che giovani e adulti manifestano nel sapersi incontrare, cedendo spesso a impressionanti scoppi di violenza. Si avverte un'immane difficoltà nel dialogare in famiglia e nelle comunità cristiane. L'effetto di tale situazione – aggravata e non semplicemente causata dalla pandemia – è che sorgono nuove forme di scontro che impediscono interazioni costruttive fra persone. Per questo la Domenica della Parola di Dio punta l'attenzione sull'incontro, al centro del quale c'è il Risorto che si fa compagno di viaggio di fronte a qualsiasi genere di frustrazione ecclesiale e sociale.

È anche una Domenica dell'essenza, imponendo la disponibilità di ciascuno – presbìteri e laici – a cercare quel che più conta e a sceglierlo come navigatore indispensabile per non cadere in forme di smarrimento e di alienazione. Qual è oggi l'essenza del cristianesimo? È la questione che riemerge a ondate nella storia, e oggi più che mai. La Domenica che ci accingiamo a vivere punta su un cristianesimo che ruota intorno all'asse della Parola di Dio, rispetto al quale il resto non è inutile ma neppure essenziale: perché l'essenziale è la sequela di Cristo, la persona umana, la diversità, la fragilità e l'unità. Non a caso questa Domenica accompagna la Settimana per l'unità dei cristiani. Se tutte le confessioni cristiane non trovano il coraggio di riformarsi intorno alla Parola di Dio rischiano l'estinzione.

Tra incontro ed essenza emerge la sacramentalità della Parola. La pandemia ha tranciato l'accesso ai sacramenti, dal Battesimo all'Eucaristia, per non parlare della Riconciliazione. La crisi pandemica però ha aggravato ma non causato la desertificazione. L'emergenza non si affronta inventando nuove forme di pastorale soggette alla creatività e all'arbitrio dei pastori (più o meno riuscita), né insistendo su imposizioni inascoltate, ma con il recupero urgente della Parola come sacramento primordiale e imprescindibile. Per la crisi che attraversano i sacramenti oggi non serve più neanche una Parola di Dio che li preceda: piuttosto a presbìteri e laici è chiesto di riscoprire una sacramentalità della Parola capace di alimentare la fame e la sete delle donne e degli uomini del nostro tempo.

Sin dalle narrazioni più toccanti dedicate alle pandemie - da Tucidide a Boccaccio, da Manzoni a Camus - c'è un'alternativa, che coinvolge l'uomo e il suo destino, tra ricerca dell'essenziale ed edonismo: perché buoni e cattivi, giovani e anziani, si è colpiti tutti. Ai credenti è consegnata la responsabilità di cercare l'essenza dell'incontro che il Risorto realizza con il suo Spirito, nella Domenica della Parola e in ogni domenica: "Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui, ed egli con me" (Ap 3,20).
Ordinario di Nuovo Testamento e prorettore della Pontificia Università Lateranense

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