È stata la parabola dell’amministratore disonesto, ieri mattina, a offrire a papa Francesco lo spunto per tornare, di nuovo e con inequivocabile forza, a mettere in guardia dallo «spirito del mondo, della mondanità», e a ricordare «come agisce questa mondanità e quanto pericolosa sia», sottolineando come Gesù pregasse «perché i suoi discepoli non cadessero nella mondanità», che «è il nemico». E da questo spunto, nell’omelia della consueta Messa mattutina a Santa Marta, papa Bergoglio ha ribadito la condanna di tangenti e corruzione, come già aveva fatto lo scorso 16 maggio, scagliandosi contro la «corruzione tentacolare e un’evasione fiscale egoista, che hanno assunto dimensioni mondiali» (discorso agli ambasciatori di Il Kirghizistan, Antigua e Barbuda, Lussemburgo, Botswana).
Un tema, questo, che del resto il Pontefice ha sempre molto sentito, come dimostrano, per esempio, il libro Guarire dalla corruzione, che raccoglie le sue riflessioni, da vescovo e cardinale, sul tema, e il fatto che nelle nuove leggi penali e amministrative, introdotte per sua volontà nella Città del Vaticano lo scorso 11 luglio, anche per il reato di corruzione sono state previste sanzioni molto più severe di prima. «Quando noi pensiamo ai nostri nemici – ha detto nell’omelia di ieri – davvero pensiamo prima al demonio, perché è proprio quello che ci fa male. L’atmosfera, lo stile di vita piace tanto al demonio, è questa la mondanità: vivere secondo i valori - fra virgolette - del mondo. E questo amministratore è un esempio di mondanità. Qualcuno di voi potrà dire: 'Ma, questo uomo ha fatto quello che fanno tutti!'. Ma tutti, no! Alcuni amministratori, amministratori di aziende, amministratori pubblici; alcuni amministratori del governo... Forse non sono tanti. Ma è un po’ quell’atteggiamento della strada più breve, più comoda per guadagnarsi la vita».
Nella parabola, il padrone loda l’ammini- stratore disonesto per la sua furbizia, e «sì – ha osservato Francesco – questa è una lode alla tangente! E l’abitudine della tangente è un’abitudine mondana e fortemente peccatrice. È un’abitudine che non viene da Dio: Dio ci ha comandato di portare il pane a casa col nostro lavoro onesto! E quest’uomo, amministratore, lo portava, ma come? Dava da mangiare ai suoi figli pane sporco! E i suoi figli, forse educati in collegi costosi, forse cresciuti in ambienti colti, avevano ricevuto dal loro papà, come pasto, sporcizia, perché il loro papà, portando pane sporco a casa, aveva perso la dignità! E questo è un peccato grave! Perché si incomincia forse con una piccola bustarella, ma è come la droga, eh! ».
Per questo, nel pensiero del Papa, l’abitudine alle tangenti diventa una dipendenza. Ma se c’è una « furbizia mondana » , ha aggiunto, c’è anche una « furbizia cristiana, di fare le cose un po’ svelte … non con lo spirito del mondo » , ma onestamente. È ciò che dice Gesù quando invita ad essere astuti come i serpenti e semplici come colombe: «Mettere insieme queste due dimensioni è una grazia dello Spirito Santo, un dono che dobbiamo chiedere».