Il vescovo Spreafico assieme ai giovani - .
Tre appuntamenti per due diocesi, unite in persona episcopi, non solo per fare il punto sul cammino intrapreso e programmare la prossima azione pastorale, ma anche per sentirsi protagonisti del cambiamento, con le “password” dell’ascolto e del dialogo, in un mondo e in un’epoca in cui invece «tutti chattano, senza neppure guardarsi in faccia», come ha ripetuto il vescovo Ambrogio Spreafico incontrando l’altro ieri sera centinaia di giovani delle diocesi di Frosinone-Veroli-Ferentino e Anagni-Alatri. Queste due Chiese locali che abbracciano gran parte del Lazio meridionale, e che da circa due anni viaggiano all’unisono, stanno per l’appunto celebrando l’assemblea interdiocesana che oggi pomeriggio, nello splendido scenario dell’abbazia cistercense di Casamari, conoscerà la sua ultima tappa, dopo quella di Fiuggi del 5 ottobre e quella riservata ai giovani dell’altro ieri sera, a Tecchiena Castello.
L’appuntamento odierno riserva una novità, fortemente caldeggiata dallo stesso Spreafico: saranno i gruppi di studio in cui verranno suddivisi i presenti (sacerdoti, religiosi e religiose, laici) prima della celebrazione eucaristica finale, a determinare le conclusioni. Si seguirà il canovaccio del titolo dell’assemblea, ovvero «Chiesa in cammino tra speranze e angosce del mondo», ma anche quanto scaturito per l’appunto dai due incontri precedenti, ad iniziare da quello tenutosi al palacongressi di Fiuggi, davanti a circa mille persone, con la relazione di don Pasquale Bua, docente alla Gregoriana. Un intervento a tutto tondo, dal titolo inequivocabile “La Chiesa in un mondo che brucia”, rispetto al quale monsignor Spreafico ha poi rimarcato come «il cambiamento d’epoca in cui siamo esige che anche noi cambiamo. Spesso viviamo come se fossimo in un antico palazzo che ha le sue crepe e rischia di crollare, senza che nessuno cerchi di metterci mano. Si continua facendo le stesse cose, come se niente fosse.
Così ripetiamo concetti, verità, schemi, devozioni, pratiche religiose, facendo fatica a capire che quello che abbiamo detto fino a ieri oggi forse solo pochi lo capiscono, e soprattutto pochi lo credono utile per la loro vita», suggerendo quindi «alcuni atteggiamenti che ci possono aiutare nel nostro essere discepoli di Gesù nella realtà in cui siamo, comunicando la gioia e la speranza della vita cristiana » basati su questi sei verbi: ascoltare, vedere, ripetere, imitare, servire, comunicare.
E proprio il primo verbo il vescovo Spreafico ha ripreso e sviluppato venerdì sera, in una chiesa risultata fin troppo piccola per accogliere l’invasione pacifica e gioiosa di tanti giovani accorsi da ogni dove, con l’organizzazione delle pastorali giovanili e vocazionali delle due diocesi, e subito ringraziati dal vescovo «perché avete saputo ascoltare l’invito e siete qui. E invece, nei nostri mondi, quante volte uno parla e l’altro non ascolta. Succede in famiglia, tra gli amici. Ma se non lo ascolto, come faccio a capire se dietro quella faccia scura c’è un problema? No, cari ragazzi, non basta una chat, tutti quei puntini, abbreviazioni ecc, che poi non si capisce niente. Se tu invece ascolti l’altro, allora lo capisci. Guardate che i social sono utili, io non li condanno mica e con moderazione li uso anche io, Ma non si può sempre star lì a chattare».
E allora, ecco l’invito ai giovani a “connettersi” davvero ma con gli altri, per «essere protagonisti del cambiamento e costruire la pace, a cominciare dalle nostre belle città».