"Bisogna andare oltre l'emergenza e guardare all'immigrazione come un fatto ordinario. In questa luce nuova la legge Bossi-Fini va rivista, perché è stato riconosciuto ormai da tanti che così com'è non può essere mantenuta, la prova sono i risultati che ha dato. Il problema dell'immigrazione non può essere affrontato più solo come una questione di muscoli e lavoro ma bisogna partire dall'integrazione. E la legge dovrebbe aiutare questa mentalità". Lo ha sottolineato monsignor
Francesco Montenegro, arcivescovo di Agrigento e presidente della Commissione Episcopale per le migrazioni (Cemi) e della fondazione Migrantes in occasione della presentazione, oggi a Roma, della 100esima Giornata mondiale del migrante e del rifugiato, che si svolgerà domenica prossima, 19 gennaio. Secondo Montenegro i risultati delle politiche migratorie in Italia "finora non sono stati idonei proprio perchè non si è voluto guardare lontano. Ma il vento non si può fermare e non si può pensare che da un giorno all'altro le persone smettano di arrivare". Bisogna invece costruire una nuova politica che non si basi "sulla paura che l'altro venga a togliermi ciò che è mio". Il presidente della Migrantes ha quindi fatto appello affinchè si cambino le leggi, sottolineando però che non è vero che in Italia non ci sia accoglienza. "Ce lo dimostra l'esperienza delle diocesi - spiega - la base ormai si sta muovendoe, come ci insegnano a scuola, se la base si muove anche altezza è obbligata a muoversi. Non possiamo più stare in un atteggiamento di attesa".Rispondendo ai giornalisti sulla possibilità di candidare Lampedusa al premio Nobel ha poi aggiunto: "Lampedusa, l'isola della diocesi di Agrigento, insieme a Linosa è il confine dell'Europa - continua - dove si vive la contraddizione di persone e famiglie aperte alla solidarietà e all'accoglienza e di uno Stato che chiude le porte". Ricordando le parole di papa Francesco ha poi aggiunto: "Bisogna passare dalla cultura dello scarto a una cultura dell'incontro e dell'accoglienza: un cambiamento culturale richiede la responsabilità di tutti". Secondo Montenegro è necessario quindi puntare sulla cooperazione internazionale, la collaborazione tra paesi e su nuove normative che possano tutelare i migranti. In questo senso anche l'idea di un canale umanitario che permetta ai profughi di arrivare in sicurezza sulle nostre coste è un' "ipotesi percorribile ma bisogna capirne le modalità". Il presidente del Cemi ha poi puntato il dito contro l'Italia e l'Europa che nel 2013 hanno ridotto gli aiuti allo sviluppo, "non si può predicare sviluppo e ridurre gli strumenti e i mezzi di cooperazione internazionale: Italia e Spagna li hanno ridotti del 20 per cento".
Non dimenticare le tragedie di Rosarno, Firenze, Lampedusa e Prato, ma lavorare "perchè la dignità dei migranti e delle loro famiglie sia messa al centro della politica migratoria". Lo ha sottolineato dal canto suo monsignor
Perego, direttore generale di Migrantes. "La qualità di una democrazia si vede dall'accoglienza che riserva alle persone - ha detto Perego -. In Italia bisognerebbe prima di tutto ripensare i luoghi dell'accoglienza, dai centri per migranti ai Cie, gestendoli non nell'ottica dell'emergenza ma attraverso una rete adeguata". In particolare, Perego si dice favorevole alla chiusure dei Cie, ma in un'ottica europea. "È necessario riaprire un dibattito con tutti i Paesi coinvolti - aggiunge - potenziare la rete Sprarr e gestire il fenomeno migratorio in modo adeguato. Pensare solo all'emergenza ha fatto finora perdere importanti risorse invece di aiutare nostri comuni".Monsignor Perego ha poi ricordato alcuni aspetti critici del fenomeno migratorio in Italia, a partire dallo sfruttamento e dalle discriminazioni che molti stranieri subiscono sui luoghi di lavoro. "L'occupazione non corrisponde agli stranieri una retribuzione adeguata, ma spesso la loro paga è inferiore a quella degli italiani - sottolinea - nelle pieghe dello sfruttamento lavorativo si nascondono questioni che riguardano il contratto, la retribuzione, il diritto al riposo settimanale, la sicurezza: in altre parole i diritti fondamentali dei lavoratori".Alla presentazione della Giornata era presente anche la ministra
Cècile Kyenge che ha sottolineato l'importante sensibilità della Chiesa nel coniugare i temi dell'immigrazione con la questione dei diritti umani e della fragilità delle persone. "Dobbiamo riuscire a togliere tutti gli ostacoli per rimettere al centro la persona - ha detto - e uscire dall'emergenza che non deve riguardare più un tema come l'immigrazione. Bisogna, invece, puntare sempre più a un approccio di accoglienza, un pilastro per le politica della legalità. E uscire fuori dall'assistenzialismo per realizzare pienamente un percorso di interazione e integrazione".La Giornata del migrante e del rifugiato, che quest'anno celebra il suo centenario, avrà il suo culmine nel Triveneto con una celebrazione a Mestre. L'attenzione a questa area geografica è dovuta, oltre alla sua particolare storia migratoria, anche al ricordo di Papa Pio X, nativo di Riese nel Trevigiano. La Messa, trasmessa dalla Rai, sarà presieduta dal patriarca di Venezia, monsignor
Francesco Moraglia. Per la giornata la Cei ha invitato tutte le parrocchie d'Italia a una preghiera comune insieme al Pontefice "perchè il mondo dei migranti e della mobilità umana, delle minoranze rom e sinte, della gente dello spettacolo viaggiante sia almeno per un giorno al centro della comunità, nello spirito della preferenza ai poveri e agli ulimi".