Moshe Lion, primo cittadino di Gerusalemme - Ufficio stampa
Nel cortile interno di Palazzo Vecchio, durante una pausa dei lavori, il sindaco di Gerusalemme, Moshe Lion, passeggia accompagnato dall’ambasciatore israeliano Dror Eydar. Il diplomatico si lascia stimolare dall’analogia tra Gerusalemme e Firenze, tanto cara a Giorgio La Pira: «Firenze è la città perfetta per questo scopo». Avviare la cooperazione fra le città del Mediterraneo, si intende.
«Ed è fondamentale che ci sia anche la presenza della Chiesa: la cooperazione fra le città non può essere solo su base materiale», prosegue l’ambasciatore Eydar che cita il profeta Malachia: «Non abbiamo forse tutti noi un solo padre? Forse non ci ha creati un unico Dio? Perché dunque agire con perfidia?»
Si capisce che l’atmosfera, sotto le antiche volte di piazza della Signoria, sia di sincero entusiasmo per l’avvio di un dialogo fra le città del Mediterraneo. Gerusalemme compresa, di cui Moshe Lion – economista e manager della pubblica amministrazione, per alcuni anni direttore generale dello staff dell’allora premier Benjamin Netanyahu – è primo cittadino dal 2018.
Sindaco Moshe Lion, assieme ai suoi colleghi di Atene, Istanbul e Firenze questa mattina darà il suo saluto davanti al cardinale Gualtiero Bassetti che presiederà la cerimonia conclusiva a Palazzo Vecchio in qualità di incaricato del Papa. Cosa rappresenta questo saluto conclusivo del Forum per lei che è il sindaco della Città Santa per le tre religioni abramitiche?
È molto emozionane per me poter prendere la parola nella città di Firenze davanti al cardinale Bassetti. Ed ero molto emozionato all’idea di poter incontrare di persona papa Francesco durante il mio mandato di sindaco di Gerusalemme. Avevo già incontrato un Papa quando ero direttore generale del primo ministro israeliano, ma sarebbe stata la prima volta con papa Bergoglio. Comunque, aver partecipato a questo Forum dei sindaci del Mediterraneo è stata una grande opportunità. Gerusalemme, come è noto, è la Città Santa per tutte le religioni e come sindaco ho questa ben preciso obiettivo: essere essere attento a tutte le religioni, inclusi i cristiani.
Il sindaco di Firenze Nardella, in apertura del convegno, ha affermato: «I sindaci non hanno eserciti, non costruiscono muri, ma muovono persone e costruiscono ponti». Come possono le città, dopo questo meeting dei sindaci a Firenze, essere in concreto un motore di pace e di riconciliazione?
È molto interessante questo perché un sindaco non è come un primo ministro. Il sindaco è come il padre di tutti gli abitanti della sua città e per questo abbiamo molte questioni, molte materie comuni di cui possiamo discutere insieme: le infrastrutture, le questioni ambientali, la sanità. Ci dobbiamo confrontare su tutti questi argomenti e magari modificare le nostre opinioni.
Dopo questa iniziativa – che riprende e aggiorna quella che fu l’intuizione del sindaco Giorgio La Pira negli anni Sessanta – come potrebbe svilupparsi in futuro questo dialogo fra le città del Mediterraneo?
Abbiamo molte problematiche comuni da risolvere e per questo dobbiamo continuare questo confronto, e farlo con attenzione e prudenza. Noi continueremo questo lavoro politico, tutti noi sindaci vogliamo confrontarci ancora su questi temi.
Si può dire che siamo all’inizio di un nuovo processo politico dei sindaci del Mediterraneo, al «calcio d’inizio» di una nuova partita?
Penso di sì, avverto un sentimento comune fra di noi sindaci. Questo anche perché, si spera, siamo alla fine di questa pandemia da Covid-19. E a Gerusalemme, in particolare, non vediamo l’ora di ricominciare ad accogliere i turisti con le regole, lo stile che avevamo prima del coronavirus. E anche di questa riapertura dei viaggi e degli scambi culturali abbiamo parlato.