Indossava la divisa come centinaia di altre volontarie,
la scorsa settimana a Lourdes durante il pellegrinaggio nazionale promosso
dall'Unitalsi. Eppure dietro il suo sorriso dolce
Elisa Aloi custodisce
un'esperienza straordinaria: quella della
guarigione per intercessione
della Vergine. Oggi ultraottantenne in perfetta salute, la signora messinese
aveva 14 anni quando cominciò il suo calvario personale per una tubercolosi
ossea multipla fistolosa. «Ma la più grande sofferenza per me era essere
sola, dopo aver perso entrambi i genitori tre anni prima», confida, aggiungendo:
«
In questa solitudine ho imparato ad amare. Mi sono aggrappata alla Madonna
e ho incontrato Cristo nella via della croce: è stato il mio cireneo. Prima
avevo una fede tradizionale, tramandata dai nonni». In questo percorso
spirituale, Elisa subisce 33 interventi chirurgici, passa da una febbre
all'altra e vive ingabbiata in un gesso che la immobilizza dal collo alla
coscia destra, costringendola alla posizione supina. «I volontari della
sofferenza di Roma decisero di regalarmi un viaggio a Lourdes. Dove sono
tornata con l'Unitalsi di Palermo. Non chiedevo la guarigione: ritenevo
un valore il dolore, ascoltavo in silenzio e pregavo».
Il 5 giugno 1958
avviene il miracolo, riconosciuto dalla Chiesa il 26 maggio 1965: «Era
la terza volta che venivo in pellegrinaggio. Avevo la febbre alta e chiesi
a padre Giovanni Puleo, che mi trasportava in barella, di portarmi alle
piscine. Le volontarie bagnavano un telo, lo strizzavano e lo mettevano
sopra il gesso: non potevo immergermi. Ho avvertito un senso di svuotamento,
poi la sensazione che le gambe si muovessero: ho pensato a una suggestione,
chiedendo al Signore di togliermi dalla mente questo pensiero». Successivamente,
nella spianata per la benedizione eucaristica, Elisa chiamò il dottor Zappia,
capo-medico, ripetendo: «Muovo le gambe dentro al gesso». La ragazza gridava
e il medico, avvicinandosi alla barella, sollevò la coperta: «Vide le quattro
fistole chiuse, le garze e i tubi di drenaggio puliti, accanto alle gambe.
Io, invece, non potevo vedere nulla, perché il gesso mi impediva di mettermi
seduta. Zappia, stupefatto, mi disse di non parlarne con nessuno».
Al Bureau
médical del santuario i medici constatarono la guarigione, ma consigliarono
di attendere il rientro a Messina per togliere l'ingessatura, mentre Elisa
chiedeva di poter camminare. Una volta a casa, in ospedale viene riscontrata
anche dalle radiografie l'eccezionalità dell'evento, con un dettaglio in
più: il femore destro, che aveva subito un'asportazione di dieci centimetri
nel tentativo di frenare l'infezione tubercolare, risultava perfettamente
sano e completo. Nello stupore e sconcerto del medico: «Io non metto in
dubbio i miracoli di Dio e della Madonna, né vorrei mettere in dubbio le
parole del nostro radiologo che dice che tu non hai assolutamente nulla,
neanche tracce di decalcificazione, ma l'osso che ho operato io, che con
le mie mani ho tolto dalla tua gamba, è ricresciuto!».
Nella vita di Elisa
i prodigi non sono finiti: «Quattro mesi dopo il riconoscimento ufficiale
del miracolo, mi sono sposata. I dottori mi dicevano che non avrei potuto
avere figli, invece dopo un mese di matrimonio aspettavo il primo; ne ho
avuti quattro, tre sono sposati e uno è fidanzato, e sono nonna di tre
nipoti».