Fino agli ultimi mesi aveva conservato il carisma silenzioso della guida che accoglie con premura, allargando le lunghe braccia e curvandosi sul nuovo arrivato, avvolgendolo nell’effluvio di un sorriso saggio e buono. Nel suo apostolato laico durato ben oltre mezzo secolo, soprattutto al fianco dei suoi «amici» con disabilità mentali, Jean Vanier, il fondatore canadese dell’Arca, ha abbracciato un intero popolo di anime arse dalla sete d’amore e spesso riscattate dai margini della società.
Prima dell’alba, Vanier si è spento a 90 anni, in una struttura religiosa parigina vicino alla Senna, dove riceveva cure palliative, ancor più indebolito da un cancro. La notizia è stata diffusa in mattinata proprio dall’Arca, nata nel 1964 e divenuta ormai una costellazione di 154 comunità in una quarantina di Paesi, Italia compresa, con circa 10mila membri. «Il Santo Padre è stato informato della notizia del decesso di Jean Vanier. Prega per lui e per tutta la comunità dell’Arca», ha riferito poco dopo dalla Macedonia, via Twitter, Alessandro Gisotti, alla guida della Sala Stampa vaticana.
L'INTERVISTA PER I SUOI 90 ANNI «Con l'Arca accanto all'umanità ferita. Sempre» di Daniele Zappalà (20 ottobre 2018)
Sentirsi
piccoli per condividere con tutti la mirabile fragilità umana, al seguito di
Gesù. All’inizio degli anni Sessanta, questo filo conduttore divenne chiaro per
Vanier, a lungo vicino alla scelta del sacerdozio, dopo l’abbandono precoce
della carriera d’ufficiale nella Royal Navy e gli anni d’insegnamento nella
scia di studi teologici e filosofici, approfondendo in particolare, con un
dottorato, la questione della felicità.
Figlio di un diplomatico divenuto governatore generale del Canada, Vanier, nato a Ginevra nel 1928 e cresciuto in Europa, avvertì nel 1964 il bisogno di spogliarsi di ogni gloria e retaggio altisonante, stabilendosi in una casetta di campagna della Piccardia, la regione a nord di Parigi nota per le svettanti cattedrali gotiche. A Trosly-Breuil, non lontano dalla radura boschiva dove fu firmato l’armistizio franco-tedesco dopo i massacri della Grande Guerra, l’ex ufficiale decise di condividere tutto con Raphael e Philippe, due giovani con deficienze mentali. Per scavare in quella fragilità a cui non si era sottratta neppure la vita di Gesù.
Quell’umile seme, piantato in mezzo a lande fredde memori di tante tragedie, darà fin dall’anno seguente frutti insperati. Attratti dal carisma del roccioso Vanier, altri giovani giunti da Canada e Inghilterra, Francia e Germania, colsero tutta la forza, al contempo silenziosa e travolgente, di quella scelta di vita. Da allora, accogliendo persone mentalmente fragili senza badare a criteri d’origine o culto, l’Arca diverrà un modello ammirato di comunità, fra i fermenti della nuova evangelizzazione legata al Concilio Vaticano II.
Vanier, assieme alla francese Marie-Hélène Mathieu, fondò nel 1971 pure Fede e Luce, associazione che anima fra l’altro degli incontri mensili all’insegna dell’amicizia, della festa e della preghiera, attorno a persone con deficienza intellettuale. Una realtà divenuta anch’essa mondiale, con circa 1500 comunità in 82 Paesi, Italia compresa. Nel 2000, Vanier creò inoltre Intercordia, per proporre agli studenti universitari di vivere una «pratica di pace» durante un anno di formazione.
Dopo ogni viaggio ― compresi quelli in Vaticano, anche come membro del Pontificio Consiglio per i Laici ―, o ogni onorificenza, fra cui il premio Templeton ricevuto nel 2015, Vanier tornava sempre alla sua semplice dimora a Trosly, la «Casa Lazzaro», nella sua prima comunità, non lontano da una strada provinciale invasa dai tir. «Pranzi con noi?», chiedeva ai suoi ospiti del mattino, offrendo
un’occasione di condivisione con altri membri della comunità, accanto alla disabilità trasfigurata dalla rivoluzione della fratellanza.
Negli ultimi anni, Vanier aveva ammesso la propria fragilità di uomo anche a proposito della cieca fiducia nutrita nei confronti di colui che per decenni fu la sua guida spirituale, il padre domenicano Thomas Philippe, di cui è stato rivelato post mortem, nel 2014, il passato pesantemente macchiato da abusi sessuali, appurati in seguito da un’inchiesta canonica.
Ma molti di quelli che hanno incontrato Vanier, ricordano in queste ore soprattutto il fervore semplice e contagioso, testimoniato anche in tanti libri e conferenze, nato dal bisogno di «raggiungere Gesù laddove si trova, nascosto nel più debole e nel più povero». Anche Il Regno, opera molto commentata del romanziere Emmanuel Carrère, evoca in modo sentito l’esempio del fondatore dell’Arca.
Il suo testamento spirituale è forse contenuto nelle «10 regole di vita per divenire più umani», consegnate lo scorso settembre, sulla soglia dei 90 anni, in un video che da allora non smette più di circolare su Internet.
Papa Francesco il 21 marzo 2014 lo aveva definito uomo del sorriso e dell'incontro e nell'ambito dei “Venerdì della misericordia”, il 13 maggio 2016 aveva visitato la Comunità il “Chicco” di Ciampino, legata alla grande famiglia dell’Arche.
L'Arche è oggi una Federazione internazionale che conta 154 comunità residenziali in 38 Paesi, con circa 10mila membri con disabilità mentali o senza. In Italia sono due: oltre al Chicco di Ciampino (Roma), c'è la Comunità l'Arcobaleno, nata nel 2001 a Quarto Inferiore, vicino Bologna.
Sessanta invece sono le comunità di incontro di Fede e Luce, sparse in diverse regioni italiane - come si legge sul sito di Fede e Luce. Ciascuna raggruppa circa 30 persone – tra bambini, adolescenti o adulti con fragilità intellettive, le loro famiglie ed i loro amici – che si ritrovano per un po’ di tempo (qualche ora, una giornata, un fine settimana, un pellegrinaggio, una vacanza… ) e stringono così legami di amicizia fedele.
I funerali si svolgeranno giovedì 16 maggio alle 14 nella sua comunità di Trosly: la celebrazione sarà trasmessa in diretta sul canale francese KYO con traduzione in inglese