Le tre missionarie saveriane uccise in Burundi dieci anni fa: Lucia Pulici, Olga Raschietti e Bernardetta Boggian - Avvenire
Sono passati dieci anni da quel 7 e 8 settembre 2014 in cui tre missionarie di Maria-Saveriane - Lucia Pulici, Olga Raschietti e Bernardetta Boggian, ultrasettantenni - furono massacrate nella loro casa di Kamenge, quartiere povero di Bujumbura, in Burundi. Erano tornate in Africa nonostante l’età e la salute fragile per continuare il loro servizio amorevole alla gente nella parrocchia retta dai saveriani. A prima vista la devastante scena del triplice delitto faceva trapelare un’architettura complessa, ma in carcere finì subito un malato di mente che poco avrebbe potuto fare. «A Kamenge la reazione fu di compassione e di vergogna - ricorda la saveriana Teresina Caffi, autrice del volume Va’, dona la vita! -. Il popolo si sentiva responsabile, anche se non c’entrava. Ci ha accompagnato nel lutto e nel corteo funebre verso Bukavu, nella Repubblica Democratica del Congo, dove le nostre sorelle sono state sepolte».
Nei primi mesi del 2015, continua la missionaria, la radio burundese Rpa aveva trasmesso le testimonianze di due uomini che dichiaravano di aver partecipato all’assassinio e svelavano motivazioni e nomi di sicari e mandanti, scagionando il capro espiatorio. «Da allora sono emerse ragioni di varia natura che avrebbero portato a quello che, per la modalità di esecuzione e l’identità delle vittime, pare un atto satanico propiziatorio per guadagnare potere».
La casa delle missionarie in Africa diventata ora cappella della pace e della misericordia - Avvenire
Le indagini, sia in Burundi sia in Italia, si fermarono poco dopo la carcerazione del presunto assassino. Non si arrese a facili spiegazioni Giusy Baioni, specializzata in giornalismo d’inchiesta e affezionata all’Africa, che dopo le confessioni alla radio iniziò un lungo e rischioso lavoro di ricerca che ha portato nel 2022 alla pubblicazione del volume Nel cuore dei misteri. Inchiesta sull’uccisione di tre missionarie nel Burundi delle impunità, incentrato su questa macabra storia e su altre accadute nel Paese. «Il libro non arriva a conclusioni nette, ma è una fonte di documentazione - afferma Caffi -. Una delle ragioni che spinge noi saveriane a cercare ancora la verità è il fatto che un povero in prigione fa da tappo a un vaso di Pandora che non si vuole scoprire. Cerchiamo verità e giustizia per la gente dei Grandi Laghi. Siamo riconoscenti a chi ha fatto questa ricerca ed è venuta incontro al nostro desiderio. È un’occasione per una presa di coscienza per fare uscire dai meandri di morte i sistemi politici locali».
Le missionarie saranno ricordate a Parma venerdì alle 20.45 in una veglia di preghiera nella chiesa di San Lazzaro. «Fare memoria delle nostre sorelle significa per noi, al di là della loro morte, ricordare le loro vite ordinarie: Lucia, già ostetrica, lavorava in parrocchia; Bernardetta accompagnava le donne e i poveri; Olga, catechista, preparava ai sacramenti anziani e ammalati. Nei loro scritti emergono pensieri e percorsi interessanti. Svolgevano un apostolato di prossimità anche se parlavano solo la lingua dell’est del Congo, dove avevano vissuto molti anni, nota a pochi a Bujumbura. Desideravano esserci, fraternamente. Erano passate dall’essere persone di riferimento all’accettare una vita semplice di contatto. L’atto finale è stato come il coronamento della loro vita per la missione e per Gesù Cristo. Non hanno scelto questa morte. Ma erano esposte. La loro prossimità le ha rese facili prede». Il 27 settembre alle 17.30, sempre a Parma, presso il circolo culturale Il Borgo, è in programma la presentazione del volume di Giusy Baioni. E ora la casa delle missionarie in Burundi si è trasformata in “cappella della pace e della misericordia”.