giovedì 28 gennaio 2016
​Nell'Udienza con il Comitato di Bioetica, il Papa ha esortato a contrastare «la cultura dello scarto». «Voce ai deboli e a più vulnerabili».
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Un paese civile non può trascurare «il tema della disabilità e della emarginazione dei soggetti vulnerabili, in una società protesa alla competizione, alla accelerazione del progresso». Lo ha sottolineato Papa Francesco nel corso dell'udienza al Comitato Nazionale di Bioetica, ribadendo «la sfida di contrastare la cultura dello scarto, che ha tante espressioni oggi, tra cui vi è il trattare gli embrioni umani come materiale scartabile, e così anche le persone malate e anziane che si avvicinano alla morte». Il Papa ha sollecitato dunque a questo organismo governativo uno «sforzo sempre maggiore verso un confronto internazionale in vista di una possibile ed auspicabile, anche se complessa, armonizzazione degli standard e delle regole delle attività biologiche e mediche, regole che sappiano riconoscere i valori e i diritti fondamentali». Prima ancora, Papa Francesco aveva sottolineato che «non a tutti è altrettanto chiaro che la Chiesa non rivendica alcuno spazio privilegiato in questo campo, anzi, è soddisfatta quando la coscienza civile, ai vari livelli, è in grado di riflettere, di discernere e di operare sulla base della libera e aperta razionalità e dei valori costitutivi della persona e della società. Infatti, proprio questa responsabile maturità civile è il segno che la semina del Vangelo – questa sì, rivelata e affidata alla Chiesa – ha portato frutto, riuscendo a promuovere la ricerca del vero e del bene e del bello nelle complesse questioni umane ed etiche». Il Pontefice è tornato anche a parlare di attenzione ai deboli e della necessità di dar loro voce: «Si tratta - ha affermato -, in sostanza, di servire l’uomo, tutto l’uomo, tutti gli uomini e le donne, con particolare attenzione e cura – come è stato ricordato – per i soggetti più deboli e svantaggiati, che stentano a far sentire la loro voce, oppure non possono ancora, o non possono più, farla sentire. Su questo terreno la comunità ecclesiale e quella civile si incontrano e sono chiamate a collaborare, secondo le rispettive, distinte competenze».
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