sabato 7 settembre 2024
Dal 6 settembre è in libreria un volume che raccoglie le omelie pronunciate dal cardinale durante i suoi vent'anni da arcivescovo (1984-2004) al clero di Bologna
Un immagine del cardinale Giacomo Biffi (1928-2004) a Bologna nel 1997

Un immagine del cardinale Giacomo Biffi (1928-2004) a Bologna nel 1997 - Ansa

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Da oggi è in libreria il volume di Giacomo Biffi (1928-2015), Il fascino del sacerdozio. Una gioia tribolata, (Edizioni Studio Domenicano, Bologna, pagine 352, euro 22).

Il volume raccoglie 75 omelie – per la prima volta raccolte in un libro – pronunciate dal cardinale, originario di Milano, nel corso dei suoi venti anni di episcopato (1984-2004) a Bologna. Sono le omelie per le ordinazioni presbiterali ed episcopali, per le giornate trascorse con il clero bolognese e anche di altre diocesi e le omelie tenute nella Messa crismale del Giovedì Santo. Di seguito alcuni stralci.

Giacomo Biffi

«L’evangelista Luca ci riferisce che: Gesù entrò nella sinagoga (Luca 4,16). Il Figlio di Dio è entrato là dove era atteso da secoli; è entrato nella sua casa, dove tutto da sempre parlava di lui; dove ogni salmo, ogni lettura profetica, ogni articolo della legge era un anticipato riverbero della sua arcana realtà.

Mi è stato raccontato di un professore di Sacra Scrittura – di una Facoltà lontanissima da Bologna – che dichiarava pubblicamente la sua determinazione di bocciare chi tra i suoi alunni sarebbe andato a dirgli che l’Antico Testamento da qualche parte parlava di Cristo. Bene; allora io dico che se l’Antico Testamento non parlasse di Cristo, non saprei proprio che farmene. Lo getterei tranquillamente dalla finestra (o forse sarebbe meglio, se l’altezza non è troppa, gettare dalla finestra il professore).

Entrò nella sinagoga (Luca 4,16; 6,6), tra i suoi fratelli secondo la carne, dove tutti lo stavano aspettando dal tempo della vocazione di Abramo; eppure fu una sorpresa: il suo fulgore era troppo abbagliante, la sua grandezza era incontenibile, la sua novità sconvolgeva troppo ogni abitudine acquisita e ogni plausibile previsione.

Gesù è sempre così: ci stupisce sempre, rompe ogni ragionevole progetto, ci eccede. Come Dio è più grande del nostro cuore (cf. 1 Giovanni 3,20), così il Figlio di Dio è sempre più grande della nostra storia; perciò dobbiamo stare pronti a lasciarci continuamente superare dalla sua ricchezza e dalla sua fantasia [...].

E Gesù si mise a insegnare (Luca 6,6): entra nella sinagoga come maestro. Dentro e fuori della sinagoga egli insegna. Insegna nella sinagoga, insegna sotto i portici del tempio, insegna sulle rive del lago, sulle cime dei colli, per le strade del mondo; insegna al sabato e insegna negli altri giorni; insegna agli umili e insegna ai dottori della legge; insegna alle folle e insegna ai dodici. Perché egli non è un maestro che abbia una cattedra, un orario di lezione, una materia, un ambito di competenze: egli è il Maestro, e tutto l’universo, tutti gli uomini, tutte le esistenze hanno bisogno della sua luce.

Uno solo è il vostro Maestro: il Cristo (cf. Matteo 23,10). Noi dobbiamo ascoltare con interesse e con rispetto tutti coloro che sono chiamati a insegnare (e, primi fra tutti, gli esegeti e i teologi), ma sempre relativizzandoli a lui; e tanto più relativizzandoli quanto più essi sentono come tutti la tentazione di assolutizzarsi. Noi vogliamo prestare attenzione sincera e cordiale a quanti si prodigano a comunicarci i risultati delle loro ricerche e dei loro studi; ma conservando un po’ di senso dell’umorismo, tanto più necessario quanto più i maestri umani hanno talvolta l’inclinazione (molto comprensibile e naturale, del resto) a prendersi molto sul serio. Noi, in tutti i maestri umani, sopra tutti i maestri umani, invece di tutti i maestri umani, vogliamo ascoltare lui, l’unico vero Maestro, che ci parla dal Libro sacro, e per mezzo di tutto il magistero ecclesiale che si è dispiegato in questi venti secoli, e nella feconda docilità di duemila anni di storia del popolo di Dio [...].

Questo episodio (Luca 6,6-11) ci rivela ancora una volta il cuore compassionevole del Signore. Di fronte alla sofferenza umana egli si lascia commuovere e opera il prodigio.

Noi sappiamo che l’animo di Cristo è sempre così: nessuna delle nostre pene, nessuna delle nostre difficoltà lo trova distratto o indifferente. Noi sappiamo che quando lo preghiamo: «Abbi pietà! Kyrie, eleison!» la nostra implorazione è già esaudita, anche se non sempre egli ci lascia vedere quali siano le strade che la sua misericordia ha deciso di percorrere per attuare il nostro vero bene.

E questa pagina ci dice che è prerogativa di un cuore compassionevole anche la capacità di indignarsi di fronte all’ottusità, all’aridità di spirito, soprattutto alla strumentalizzazione del dolore di un uomo, che viene piegato a servire alla polemica teologica e religiosa.

Proprio questa è la colpa degli scribi e dei farisei. Essi mettono in prima fila quell’infelice, e poi stanno all’erta per vedere se lo guariva di sabato (Luca 6,7). La voce di Gesù si fa vibrante anche nella controllata prosa di Luca: Domando a voi: è lecito in giorno di sabato… salvare una vita o perderla? (Luca 6,9); Marco, che non pettina la sua arruffata scrittura, dice che Gesù girò su di loro uno sguardo pieno di «rabbia». E così ci ricorda la santità dell’indignazione, quando c’è una ragione giusta di collera [...].

«Su Gesù Cristo è stato effuso con pienezza l’olio di letizia (cf. Isaia 61,3), cioè lo Spirito di consolazione; una pienezza che sovrabbonda e tracima su di noi, rendendoci la stirpe eletta e il popolo che Dio si è acquistato (cf. 1 Pietro 2,9). Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto (Giovanni 1,16).

Preti e non preti, noi che costituiamo la Chiesa di Dio, corpo vivo del Signore, siamo tutti dei consacrati. Ecco la verità semplice e grandiosa che oggi [nella Messa crismale] siamo invitati a riscoprire: non dobbiamo tollerare che questa certezza stia più a lungo nascosta ai nostri fedeli; non dobbiamo tollerare che, annebbiata e persa nelle opinioni desacralizzanti più diffuse, questa certezza resti magari nascosta anche a noi. Tu sei un popolo consacrato al Signore tuo Dio (Deuteronomio 7,6), come sta scritto.

Noi viviamo costituiti in una sacralità misericordiosa e gratuita, che è donata a tutti in virtù dell’immolazione del Crocifisso, in virtù dell’energia splendente del Risorto, in virtù della elargizione pentecostale dello Spirito. Noi viviamo costituiti in una sacralità oggettiva e permanente, che ci è stata comunicata nel battesimo; si è perfezionata nella cresima; è continuamente arricchita dal «Corpo dato» e dal «Sangue versato» del Redentore, che si è fatto per noi «pane di vita» e «bevanda di salvezza».

Crescere nella consapevolezza di tale ineffabile prerogativa; eliminare dal nostro essere e dal nostro agire ogni residuo di profanità; corrispondere con docilità sempre più grande alla nostra vocazione intrinseca ad entrare col Sacerdote eterno nel santuario celeste; in una parola, diventare ed essere quello che siamo: ecco per tutti noi – preti e non preti – il programma ascetico irrinunciabile e sostanziale, che ci è suggerito da questa nostra gioiosa liturgia».

La copertina del libro che raccoglie le omelie inedite del cardinale Biffi in uscita in questi giorni di settembre nelle librerie

La copertina del libro che raccoglie le omelie inedite del cardinale Biffi in uscita in questi giorni di settembre nelle librerie - Edizioni Studio Domenicano

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