Eminenza, come considera l’elezione di Bergoglio come nuovo Papa? È una grazia di Dio per la Chiesa e per il mondo in quanto il Papa per i credenti è il successore di Pietro, il Vicario di Cristo, e per il mondo intero è sentito come un grande punto di riferimento spirituale e morale. C’era una grandissima attesa ovunque, a cominciare ovviamente dalla Chiesa. E a questa attesa il Signore ha risposto tramite i cardinali elettori, in tempi rapidissimi. Il che indica ancora una volta che quando i nostri cuori sono docili all’azione dello Spirito si arriva presto a cogliere la volontà di Dio. Cos’ha pensato davanti alle prime parole e ai primi gesti di Papa Francesco? Alla grande forza della semplicità, che nasce non da un calcolo umano ma dalla fede in Cristo e dall’esempio cui si riferisce il Santo Padre assumendo il nome di Francesco. Che uomo è il nuovo Papa, visto da vicino? Non avevo una sua conoscenza personale diretta prima delle Congregazioni generali. In questi incontri pre-Conclave, che sono stati numerosi e intensi nell’arco di otto giorni, abbiamo avuto l’occasione per scambiarci le idee, le prospettive, le suggestioni, gli stati d’animo e per conoscerci in pubblico come anche nei rapporti più informali. Sono stati giorni molto preziosi per creare contatti nuovi rafforzando quelli di più lunga data. Ed è in quelle circostanze che ho potuto incontrare e conoscere anche il nuovo Pontefice. L’impressione è stata di un uomo e un pastore essenziale, che va al cuore della Chiesa, per la quale nutre un grandissimo amore, con una fortissima fede nel Signore Gesù e una particolare attenzione verso quelle che si possono definire le periferie esistenziali, i poveri. Cosa colpisce della sua personalità? Non solo la sobrietà evidente ma anche la grande affabilità: è molto affettivo, al termine dell’udienza al Collegio cardinalizio venerdì ci ha abbracciati uno per uno. Tutti sono rimasti molto positivamente impressionati, sperimentando un vivo senso di gratitudine. Attraverso gesti di attenzione, affetto e vicinanza espressi in molti modi ci ha fatto comprendere quanto egli tenga alla nostra vicinanza, e ne abbia bisogno, come noi prima ancora abbiamo bisogno della sua.
Tutti stanno notando dettagli rivelatori della personalità di Papa Bergoglio. C’è un particolare che le è parso sinora più significativo?Nella prima omelia in Cappella Sistina giovedì mattina, partendo dalle letture, ha messo in evidenza tre verbi che sono altrettanti pilastri: camminare, edificare e confessare. Il camminare, anzitutto: fermarsi nella vita spirituale ed ecclesiale significa ripiegarsi su se stessi, mentre il Signore ci invita a camminare con fiducia, ad affrontare situazioni e ambienti nuovi perché la storia incalza. E Lui è con noi. L’edificare, poi, ha a che fare con il progetto di Dio nella storia: si edifica la Chiesa, «corpo mistico del Signore» – come ha detto in modo specifico – , e non dei propri progetti. Ci dobbiamo mettere sempre più a disposizione del progetto divino, con libertà interiore, disinteresse e generosità. Infine, dobbiamo confessare Gesù Cristo e non noi stessi, le nostre opinioni o dottrine, le idee del mondo. Al mondo va piuttosto confessato con coraggio Gesù Cristo crocifisso, cuore del cristianesimo.La croce non può essere tolta dal discepolato, come anche dalla vita: non possiamo tacerla. Come riecheggia nel nostro mondo questa sottolineatura teologica ed esistenziale della croce rilanciata dal Papa? Una cultura che vive la paura del dolore comunque esso si presenti cerca di ostracizzarlo in tutti i modi, anche i peggiori, come l’eutanasia. La dimensione della croce è però costitutiva della vita umana, ineliminabile. In questo mondo annunciare Gesù Cristo crocifisso vuol dire far scoprire che il limite, la sofferenza e la morte sono parte integrante della vita, e devono essere colmate di senso. Se ne ha paura perché riteniamo che la vita sia soltanto successo, apparenza, salute: ma è una visione falsa. Confessare Cristo crocifisso vuol dire riportare l’uomo che ha fede al cuore del cristianesimo, e il non credente al cuore della vita. Molti 'lontani' dalla fede si dicono toccati nel profondo dal Papa sin dal suo primo apparire. Come si spiega? La domanda va spostata un passo prima: nel mondo c’era una straordinaria aspettativa per l’elezione del nuovo Papa, che si è riversata nell’eccezionale curiosità di questi giorni. C’è grande interesse per la scelta della persona, ma prima ancora verso il suo ruolo. Il mondo intero aveva tanta aspettativa verso il Papa, chiunque fosse apparso, perché nella cultura secolarista che vorrebbe costruire un mondo senza Dio ci si accorge che, privati di grandi riferimenti cui guardare, l’esistenza diventa invivibile. La libertà individuale, grande valore che il cristianesimo ben conosce, quando si fa assoluta sganciandosi da ogni riferimento oggettivo e vincolante condanna alla solitudine l’uomo persuaso di poter fare ciò che vuole e di essere del tutto autonomo. Lo rende prigioniero di se stesso. Un riferimento alto, universalmente riconosciuto come il Papa, in mezzo a sabbie mobili che si vogliono presentare come il frutto desiderabile delle libertà individuali, si mostra come un ancoraggio condiviso, anche per i non credenti. Gioca un ruolo importante anche la ricca simbologia dell’elezione, dal comignolo alle fumate, che svela un grande fascino per l’uomo abituato a tecnologie cui tende a sottomettersi. Se poi veniamo alla persona di Papa Francesco, la sua presenza è già un messaggio, perché il modo di porsi lascia già trasparire il suo carisma. La gente ha percepito il valore della persona prima ancora che parlasse. È il testimone che comunica... L’uomo che accetta una responsabilità così grande diventa automaticamente testimone credibile. Il suo esempio precede le parole. La scelta del nome cosa le suggerisce? La riforma, il rinnovamento. Sappiamo in che epoca sia vissuto san Francesco, e che missione abbia ricevuto dal Signore. Per assecondare questa chiamata ha rinnovato se stesso, configurandosi a Gesù Cristo in modo radicale. Benedetto XVI sin dall’inizio del suo pontificato ci ha detto che dobbiamo riscoprire il primato e la centralità di Dio nella nostra vita. Il suo magistero ha riproposto la questione di Dio come la più urgente del nostro tempo. E Papa Francesco si pone su questa stessa linea della necessità di una riforma interiore di noi cristiani, per una fede più solida e purificata, più testimoniata e consapevole, condizione per qualunque altra riforma. La Chiesa ha sempre bisogno di rinnovarsi – Ecclesia semper reformanda, dicevano i Padri – nel cuore e nella vita dei credenti, a cominciare da chi ha maggiori responsabilità, per poter riflettere sempre meglio la luce di Cristo, come dice il Concilio. Il Santo Padre è anche primate d’Italia, ed è figlio d’italiani. Intravede nella sua personalità qualcosa che parla delle sue radici?
Non so quanto conosca il nostro Paese, ma sicuramente si troverà a casa. La cultura e il temperamento latini ci accomunano, avrà la chiave di lettura migliore per interpretare questa terra che ora diventa sua in modo tutto particolare in quanto vescovo di Roma.
Un altro Papa non italiano nel mondo globalizzato non costituisce di certo una stranezza, e tanto meno lo è per i cattolici. Eppure qualcuno parla di 'sconfitta degli italiani'. Come rispondere a questo argomento?
Sono letture di tipo politico, prive di fondamento, che nascono dal non comprendere cos’è la Chiesa, ma purtroppo si fanno quando la si interpreta con schemi ideologici e sociologici. La Chiesa non è questo: è un sacramento, una realtà umana e divina dove l’invisibile si fa visibile. I discorsi sulle fazioni non hanno alcun riscontro nella realtà. Nelle riunioni l’attenzione dei cardinali è andata allo stato della Chiesa nel mondo, dunque in tutt’altra direzione rispetto all’individuare 'a chi tocca'. Dal ragionare insieme è andato emergendo il profilo che poi avrebbe preso un nome davanti al Giudizio Universale della Cappella Sistina. La Chiesa italiana come accoglie il nuovo Papa? Con grandissima gioia, entusiasmo, desiderio di seguirlo. Ho sperimentato tra la gente che Roma senza il Papa si sente una città deserta. L’amore dell’Italia per il Papa è noto. Sì, l’amore a Papa Francesco è già grande. Quali elementi di continuità vede tra Benedetto e Francesco? Il desiderio e l’impegno per la conversione e il rinnovamento della vita cristiana, e di riflesso del corpo vivo che è la Chiesa. Papa Benedetto l’ha predicato costantemente fino a indire l’Anno della fede per ritrovare la centralità di Dio e la conversione della vita. Chiamandosi Francesco, offrendo i gesti che ha già proposto, il nuovo Papa ci dà una spinta decisa e decisiva su questa strada di rinnovamento e purificazione della vita cristiana e della Chiesa. Eminenza, cosa ci sta dicendo lo Spirito Santo? Che dobbiamo seguire Dio e non calcoli umani destinati a essere scombinati dai Suoi pensieri, che non sono i nostri. Occorre essere sempre più docili, disponibili, più liberi da noi stessi per seguire le vie dello Spirito che a volte si aprono all’improvviso: il Papa che rinuncia al mandato; il nuovo Pontefice che viene dall’Argentina. Sono le sorprese di Dio, che con gesti potenti ci chiede una scelta: volete seguire me, o le vostre pochezze? La libertà dello Spirito ci porterà lontano. Guardiamo avanti con fiducia, lasciamoci guidare. Quando il Papa ha parlato di 'camminare' forse intendeva esortarci a non restare ormeggiati al riparo nei nostri porticcioli ma a prendere il largo e lasciarci condurre dal vento dello Spirito, dove Lui vuole.