Pubblichiamo la nota della diocesi dell'Aquila in merito agli sviluppi dell'inchiesta sulla ricostruzione dopo il terremoto.
Fiducia totale in chi vigila su quello che dovrebbe essere
il cantiere più grande d'Europa e che stenta a diventare tale. Chi vigila è la
magistratura che, con le forze dell'ordine, sta lavorando non poco, per far sì
che il grande cantiere aquilano rimanga il più possibile limpido nonostante
innumerevoli, prevedibili, tentativi di inquinamento. Tentativi della malavita
italiana, tentativi di qualche imprenditore senza coscienza. Delinquenti di
tutta Italia, insomma, attratti dall'odore della ricostruzione aquilana. Odore
forte di soldi e di potere. Odore potenzialmente cattivo, dunque, soprattutto
quando arriva alle narici dei professionisti della truffa.
È doveroso ribadire, oggi che si ha avuto notizia delle perquisizioni e degli
arresti, tra gli altri, del vicesindaco e di un ex assessore del
Comune del capoluogo abruzzese, una cosa nota ma mai scontata: nessun è
colpevole finché non verrà condannato dal tribunale.
Il solo sospetto però che l'odore della ricostruzione possa aver fatto gola
anche a qualche aquilano, questo sì che potrebbe essere un altro terremoto!
Come è possibile, oggi che il dolore è ancora vivo in tutti, pensare anche
lontanamente di speculare sulla ricostruzione? Un errore nei tanti grovigli
della ricostruzione sarebbe pure comprensibile ma la corruzione proprio
no!
Eppure noi aquilani lo sappiamo bene, infatti, che qualsiasi cantiere non è un
semplice cantiere. Per noi ogni cantiere è un vero e proprio sacrario. E
non è affatto retorica paragonare L'Aquila ad un sacrario. Ogni pietra,
ogni metro cubo di cemento abbattuto o ricostruito, parla della vita di tanti
cittadini che, forse inconsapevolmente, hanno dato la vita per il nostro Paese.
Un Paese, l'Italia, che, anche grazie alle vittime aquilane, dovrebbe imparare
che costruire bene vuol dire difendere i propri cittadini; rispettare le leggi
significa essere più civili. Chi potrebbe mai rispettare la sacralità del
nostro 'grande cantiere' se non siamo noi i primi a farlo?
Dunque oggi, a poche ore dalla bufera giudiziaria che si è abbattuta su
alcuni aquilani, la città sembra rivivere il dolore causato dalle scosse di
quel 6 aprile di 5 anni fa.
Dolore da parte di quegli aquilani buoni, e sono tanti, ammirati da tutto il
mondo per la loro dignità all'indomani del sisma, che vedono
affievolire la speranza della rinascita della loro città.
E per tutto questo altri ancora, soprattutto giovani, potrebbero scegliere,
come tanti, un'altra città dove costruire un futuro, costretti da troppe
difficoltà ad abbandonare L'Aquila.
Sì, come ha detto il sindaco Cialente, il sentimento prevalente, se tutto
fosse confermato, è quello del tradimento. Gli aquilani, quelli dalla grande
dignità, si sentono davvero traditi.
Sembra quasi profetico allora l'invito forte, deciso che il neo vescovo
Petrocchi rivolse agli aquilani al momento della sua nomina a pastore della
Chiesa del capoluogo abruzzese: "... Sulle nostre comunità dovranno sempre
sventolare alte, e rispettate da tutti, le bandiere della giustizia e della
legalità".
È l'unica strada, quella tracciata dell'arcivescovo, per far tornare a credere
gli aquilani e tutti gli italiani che, con i soldi pubblici, stanno
investendo sull'Aquila, che vale la pena ancora sperare nella rinascita della
bella Aquila e impiegare futuro e risorse per questo.
E speriamo che i primi a far questo siano proprio gli stessi aquilani perchè,
come affermava sempre l'arcivescovo Petrocchi, "dopo Dio e i Santi
Patroni, gli alleati più stretti degli aquilani dovranno essere proprio gli
aquilani".