martedì 16 gennaio 2024
Ogni anno, il 17 gennaio colorata e vivace la celebrazione del santo eremita. In Vaticano la Messa presieduta da Gambetti. Perché sant'Antonio è raffigurato con accanto un maiale.
Un cavallo in piazza con l'immagine di sant'Antonio abate

Un cavallo in piazza con l'immagine di sant'Antonio abate - Vatican media

COMMENTA E CONDIVIDI

Di sicuro è uno dei santi festeggiati in modo più colorato, “bucolico” e allegro. Questo malgrado sia stato un eremita. Il 17 gennaio la Chiesa cattolica celebra Antonio abate e tradizionalmente si benedicono le stalle e gli animali. Liturgie sono previste ovunque. In particolare alle 11 nella Basilica di San Pietro, il cardinale arciprete Mauro Gambetti presiede la Messa promossa dall'Associazione italiana allevatori (Aia) e della Coldiretti. Per questo in piazza Pio XII vicino a San Pietro sono attese mucche, asini, pecore, capre, cavalli, galline e conigli delle razze più rare e curiose salvate dal rischio di estinzione. Il programma della mattinata è intenso con alle 9 la tradizionale benedizione di cani e gatti e, appunto gli animali della fattoria che popolano le campagne cioè, come informa una nota, dalla mucca Frisona Italiana alla Chianina fino alla Marchigiana, dalla Pecora Sarda alla Sopravvissana, dalla capra Girgentana alla Monticellana, dal Cavallo Agricolo Italiano al Tolfetano fino all'asino dell'Amiata. Nell’occasione viene divulgato lo studio "Sos Fattoria Italia" con gli ultimi dati sul patrimonio composto da imprese e animali che hanno fatto la storia del Paese dal punto di vista economico e sociale, caratterizzando i ricchi territori della pianura e le aree di montagna più marginali e svantaggiate.
Nato da una famiglia facoltosa a Coma, in Egitto intorno al 250, Antonio abate rimasto presto orfano dei genitori vendette i suoi beni, affidò la sorella a una comunità di vergini e si dedicò alla vita ascetica davanti alla sua casa e poi al di fuori del paese. Successivamente si spostò in un’area desertica e quindi sulle rive del Mar Rosso dove condusse vita da eremita per circa 80 anni. In breve divenne meta di pellegrini e bisognosi attratti dalla fama di santità e dalle sue capacità di guaritore. Considerato caposcuola del monachesimo, si deve a lui la costituzione in forma permanente di famiglie di monaci sotto la guida di un padre spirituale. Morì molto anziano il 17 gennaio 356, e fin dall’antichità la sua memoria è custodita in tutte le Chiese con grande venerazione, grazie anche alla biografia scritta dal vescovo sant’Atanasio che lo apprezzò moltissimo.
Nell’iconografia classica è raffigurato con accanto un maiale. Questo perché l’antico Ordine ospedaliero degli “Antoniani” allevava appunto maiali il cui grasso veniva usato per ungere gli ammalati colpiti dall’ergotismo, un morbo oggi conosciuto come herpes zoster e popolarmente “il fuoco di Sant’ Antonio.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI

ARGOMENTI: