Riprendendo così le parole del fondatore missionario beato
Paolo Manna, il quale «comprese molto bene che formare ed educare al mistero
della Chiesa e alla sua intrinseca vocazione missionaria è una finalità che
riguarda tutto il santo Popolo di Dio, nella varietà degli stati di vita e dei
ministeri», Francesco ha detto che «formare alla missione vescovi e sacerdoti
non significa ridurre la Pontificia Unione Missionaria ad una realtà clericale,
ma sostenere la gerarchia nel suo servizio alla missionarietà della Chiesa,
propria di tutti: fedeli e pastori, sposati e vergini consacrati, Chiesa universale
e Chiese particolari».
«Oggi quindi – ha aggiunto il Papa – la vostra
Unione missionaria ha bisogno di questo: mistica dei santi e dei martiri. E
questo è il generoso lavoro di formazione permanente alla missione che dovete
fare; che non è soltanto un corso intellettuale, ma inserito in questa ondata
di passione missionaria, di testimonianza martiriale». E ha perciò concluso
auspicando che la passione per Dio e per la missione della Chiesa porti
quest’opera «anche a ripensarsi nella docilità allo Spirito Santo, in vista di
una adeguata riforma delle sue modalità -–adeguata riforma, cioè conversione e
riforma – attuative e di un autentico rinnovamento per il bene della formazione
permanente alla missione di tutte le Chiese». Non è la prima volta che il Papa
si rivolge a questo organismo con energica chiarezza. Già lo scorso anno con
parole dure aveva messo in guardia dal rischio di trasformarsi in una Ong: «I
soldi aiutano ma possono diventare la rovina della missione! Una Chiesa che si
riduca all’efficientismo degli apparati di partito è già morta – aveva detto –
anche se le strutture e i programmi a favore dei chierici e degli auto-occupati
dovessero durare per secoli». È trascorso un altro anno e l’insistenza del Papa
a ribattere loro di nuovo su questo punto è la stessa.