Una lettera a tutti i partecipanti al quinto Convegno ecclesiale nazionale. Ad inviarla, a sorpresa, sono stati i delegati più giovani. “Vogliamo essere i primi a uscire sulle strade del mondo – si legge nella lettera, che è stato pubblicata integralmente sull’App del quinto convegno ecclesiale nazionale – per scoprire e vedere in ogni volto e in ogni storia una nuova possibilità. Vogliamo abitare la precarietà dell’esistenza di tanti uomini e donne del nostro tempo, farci educatori dei più piccoli e trasfigurare il tempo dell’inquietudine e dello smarrimento grazie alla profondità che sgorga dalla Parola”.Ecco il testo della lettera.
I giovani al V Convegno ecclesiale nazionale
12 novembre 2015
Carissimi delegati, buongiorno, siamo contenti di essere qui.
Grazie per averci accolti, ascoltati e incoraggiati in questi giorni.
Desideriamo rinnovare la nostra disponibilità a immergerci in un cammino ecclesiale che ci precede e ci supera e che accoglie con materna sollecitudine le nostre inquietudini e fragilità.
Siamo la generazione che sta beneficiando del lavoro e del sacrificio dei nostri padri, circondati di opportunità che loro non hanno avuto, ma anche affacciati ad un tempo di nuove complessità e incertezze che talvolta ci paralizzano nell’apatia o ci sollecitano alla fuga.
Siamo quelli che troppo spesso si sentono dire: “di voi non c’è bisogno”, da un mondo – e a volte anche da una Chiesa – che preferisce costruire il futuro nelle alchimie strategiche, anziché nella carne che ha generato.
Non intendiamo cedere alle litanie del lamento, né rifugiarci nell’alibi della precarietà. Siamo invece qui, oggi, per rinnovare con umiltà e fierezza la nostra disponibilità a scendere dalle gradinate dello stadio e giocare la partita in attacco.
Vi chiediamo di metterci alla prova, anche se potremmo sbagliare e incassare qualche sconfitta.
Sentiamo di dover essere i primi a uscire sulle strade del mondo, nella curiosa esplorazione di chi sa di aver tutto da scoprire e vede in ogni volto e in ogni storia una nuova possibilità. Anche perché tanti nostri coetanei sono già usciti fuori, delusi da una società che non li valorizza e talvolta da una comunità cristiana che non è riuscita a coinvolgerli.
Essi attendono che noi li raggiungiamo dove sono, non per accodarci al loro vagabondaggio, ma per portare l’annuncio che il futuro dell’umanità è l’incontro con Gesù che ci ascolta e cammina con noi.
Vogliamo abitare la precarietà dell’esistenza di tanti uomini e donne del nostro tempo, accostandoci alle loro ferite, nella coscienza che la medesima fragilità ci abita, convinti che potremo rendere le nostre vite un capolavoro solo accettandone la provvisorietà e il limite.
Continuamente educati dal Maestro, vogliamo farci educatori dei piccoli, nell’ascolto profondo dei loro cuori e nello stupore dell’incontro con i loro volti.
Vogliamo trasfigurare questo tempo di inquietudine e smarrimento, con la profezia che sgorga dalla Parola, docili alla creatività dello Spirito che parla ai nostri cuori.
Tornati nelle nostre case e nelle nostre comunità, vorremmo sentire la stessa fiducia e quel supplemento di simpatia che ci ha riscaldato in questi giorni e che ci sospinge all’umile, disinteressata e gioiosa, audacia del Vangelo.
Grazie".