Un evento straordinario, calato nell’ordinarietà della vita di fede. Proiettato nel futuro, che significa anche memoria del cammino fatto. Senza confini, perché lega insieme storie e speranze delle più diverse comunità ecclesiali, ciascuna a suo modo originale. Il Sinodo sulla nuova evangelizzazione, al via domani, è un apparente insieme di contrasti, che trovano unità nell’essere Chiesa, nel suo universale messaggio di salvezza. «Credo che mai come per questo Sinodo ci sia stata una richiesta costante di partecipazione – spiega monsignor Rino Fisichella presidente del Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione –. Un dato che fa ben sperare perché oltre al confronto serrato sulle tematiche della trasmissione della fede, la condivisione delle esperienze possa diventare ricchezza per comprendere al meglio la strada che la Chiesa dovrà percorrere nei prossimi anni».Il Sinodo, in programma fino al 28 ottobre, è unito a filo doppio all’Anno della fede che sarà inaugurato da Benedetto XVI giovedì prossimo. Un legame riassunto nel tema stesso dell’Assemblea dei vescovi:
La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana. L’Anno è stato indetto dal Papa «innanzitutto per ravvivare la fede dei credenti – aggiunge l’arcivescovo Fisichella – e questo è uno strumento di nuova evangelizzazione. Quanto più andiamo all’essenza del nostro credere, calandolo nel tempo che viviamo, tanto più la nuova evangelizzazione diventa la strada per portare a tutti il messaggio cristiano. Nella
Deus caritas est il Papa ci ricorda che all’origine della fede non c’è una teoria né tantomeno un’etica ma l’incontro con Cristo. Un anno dedicato a ravvivare il rapporto con Gesù diventa allo stesso tempo un’occasione di grande evangelizzazione, ben sapendo che si vivrà in maniera straordinaria la via ordinaria che la Chiesa segue da duemila anni».
Detto in altro modo la comunità ecclesiale esiste per evangelizzare...La Chiesa porta in sé la missione di Cristo che è annunciare la bella notizia del Vangelo. Gesù l’ha voluta per continuare la sua opera. Tutto quello che ha ricevuto dal Padre, Cristo l’ha trasmesso a noi.
Il concetto di nuova evangelizzazione richiama la dimensione dello slancio, dell’ardore. Ma qual è la sua vera definizione? Io credo che anche questo Sinodo, come emerge dall’Esortazione apostolica <+corsivo>Evangelii nuntiandi<+tondo> di Paolo VI non potrà arrivare a definirla in modo rigido, stretto. Perché la nuova evangelizzazione è un’opera semplice e al tempo stesso complessa, che richiede un impegno particolare, una presenza capace di confrontarsi con le diverse situazioni della vita. Certamente si apre alla dimensione interpersonale che porta all’annuncio dell’incontro con Cristo. Da qui poi derivano lo spazio della celebrazione, della testimonianza di vita, ciò che costituisce la nostra fede.
Nell’Instrumentum laboris del Sinodo si parla delle nuove sfide poste all’evangelizzazione dal mondo contemporaneo. Scenari che chiamano in causa la secolarizzazione, il fenomeno migratorio, la situazione economica e politica, la ricerca scientifica e tecnologica, i mezzi di comunicazione, a cominciare dalla rivoluzione informatica. Qual è la principale insidia da superare?Il primo ostacolo lo troviamo all’interno di noi stessi, è quella forma di pigrizia che accompagna il nostro vivere il cristianesimo soprattutto nelle Chiese di antica tradizione. È la resistenza alla sfida di cambiare vita, di trovare autenticamente qualcosa di nuovo che meriti di essere vissuto. E poi, spesso, c’è l’ostacolo dell’autosufficienza per cui non sentiamo più l’esigenza dell’evangelizzazione. Condizioni che chiedono un serio esame di coscienza su come abbiamo vissuto la fede fino ad oggi. Poi, certo, dall’altra parte ci sono anche situazioni che ci portano a confrontarci in maniera molto seria con una nuova condizione culturale e sociale, con i volti dell’ateismo contemporaneo. Un ateismo diverso dal passato, molto più materiale e subdolo, intessuto di indifferenza, derisione, emarginazione, che cioè tocca ambiti della vita personale tra i più sensibili. Ma l’ostacolo più grande è la resistenza alla conversione, resistenza che il Vangelo incontra da sempre. E che obbliga i credenti a una testimonianza più veritiera e più coerente.
Oggi il cristiano è più che mai chiamato ad andare controcorrente, consapevole di essere minoranza..Io non amo il complesso della minoranza. A mio avviso, più che le condizioni sociologiche legate all’essere pochi o maggioranza, oggi il tema centrale è quello della consapevolezza di vivere un momento peculiare della storia della salvezza. Un tempo da affrontare senza cedere alla nostalgia del passato per cui sembra che prima andasse tutto bene o all’utopia di sognare un futuro che non potrà mai venire. Dobbiamo vivere con realismo evangelico, che ci obbliga a vedere quanto il Signore ci chiede in questo momento e a individuare la presenza della sua grazia che trasforma i cuori e chiama la Chiesa a perseguire il suo cammino in obbedienza allo Spirito.
Nel Sinodo confluiranno esperienze anche molto diverse tra loro. Quale potrà essere il filo rosso capace di coniugarle, di farne sintesi?Spero che emerga in modo molto chiaro la grande ricchezza, il grande entusiasmo presente nella Chiesa di questi ultimi decenni. Nel popolo di Dio c’è una crescita costante, indescrivibile di iniziative. Io credo che la Chiesa oggi, oltre a fare i conti con le difficoltà, debba riscoprire la grande ed entusiasmante presenza di esperienze che hanno bisogno di essere conosciute e ricondotte al grande fiume dell’evangelizzazione.
Quindi oggi chi sono i nuovi evangelizzatori?Sono i cristiani che partecipano assiduamente alla vita della comunità parrocchiale, sono innanzitutto loro a dover riscoprire il desiderio di essere autenticamente credenti. E poi sacerdoti, religiosi, laici che partecipano della grande ricchezza di associazioni e movimenti, alcuni nati proprio con l’obiettivo della nuova evangelizzazione, capaci di offrire una testimonianza anche di grande entusiasmo.
In altre parole quello dell’evangelizzazione è un compito cui tutti sono chiamati.Ogni credente è un nuovo evangelizzatore perché si viene a trovare in una condizione di vita che richiede il suo impegno come cristiano.