“Il Sinodo dei giovani voluto dal Papa per il 2018 su “I giovani, la fede e il discernimento vocazionale” è una grande opportunità che ci dobbiamo giocare bene, non solo per aprire un confronto franco tra chi con loro lavora tutti i giorni, e penso alle pastorali giovanili diocesane, ma anche perché porterà noi adulti a interrogarci sulla nostra fede”. Per don Michele Falabretti, responsabile del Servizio nazionale di pastorale giovanile della Cei, la “sorpresa” annunciata oggi da papa Francesco si potrebbe tramutare dunque in concreta e preziosa occasione per “aprire gli occhi” su un mondo, quello dei nostri figli, che non può essere solo osservato dall’alto. “Mi auguro che la Chiesa e gli adulti non li guardino in questi due anni che ci separano dall’evento da lontano, come se registrassero i loro movimenti attraverso una telecamera montata su un drone, ma che li accompagnino nel cammino. Oggi i nostri ragazzi hanno bisogno di testimoni e di padri, di qualcuno che gli faccia vedere il lato promettente della vita”.
“Se penso ai miei nonni o ai miei genitori – riprende il direttore Cei - posso dire che hanno vissuto tanti periodi critici che corrispondevano a quelli che stava attraversando il Paese, ma si sentivano anche “costruttori” del loro futuro. Oggi invece in un momento di diffusa crisi e fragilità del mondo adulto, bisogna dare atto ai giovani che nonostante la precarietà negli affetti, sul lavoro e riguardo al futuro, non si sono persi d’animo e hanno cercato di inventarsi nuove strade. A Cracovia, durante la Gmg, la Polizia faceva entrare nelle stazioni solo dagli ingressi principali, ma i ragazzi pur di non perdere i treni riuscivano a sgattaiolare e a passare da varchi secondari. Presidiarli dunque non serve perchè trovano sempre la loro strada. E l’indizione di un Sinodo è il segno della cura che il Papa ci chiede di riservare loro nel lavoro quotidiano di accompagnamento”.